#MeToo, è l’ora di McDonald’s

La più grande catena della ristorazione investita dalla protesta dei dipendenti, che denunciano il ripetersi frequente e diffuso di molestie sessuali nel luogo di lavoro
MARTA SOLIGO
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[LAS VEGAS]

È il primo sciopero contro le molestie sessuali in più di cent’anni. Il 18 settembre scorso in dieci città degli Stati Uniti – Chicago, Kansas City, St. Louis, Los Angeles, Miami, Milwaukee, New Orleans, Orlando, San Francisco e Durham – i dipendenti di McDonald’s sono scesi in piazza, chiedendo alla principale catena statunitense e mondiale della ristorazione di fare di più per contrastare il problema delle molestie nel luogo di lavoro.

Come sottolinea il New York Times, il settore del fast food è attualmente tra quelli che crea più opportunità occupazionali, essendo però caratterizzato da bassi salari. Il profilo del dipendente medio è costituito per lo più da donne in giovane età, dunque particolarmente esposte e vulnerabili a molestie sessuali nel luogo di lavoro.

L’obiettivo della protesta era quello di fare pressione su McDonald’s per ottenere più stringenti misure a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici negli oltre 14.000 ristoranti della catena diffusi nel territorio statunitense. Tra le richieste, migliori corsi di formazione per tutti i lavoratori, un sistema più efficiente in materia di segnalazioni di comportamenti scorretti e la creazione di un consiglio interno che si occupi specificamente di contrasto a molestie sessuali. 

Abbiamo misure forti, regolamenti e formazione contro le molestie sessuali. Per essere certi che stiamo facendo il possibile, abbiamo aperto collaborazioni con figure professionali esperte.

fa sapere in un comunicato McDonald’s.

La protesta è stata organizzata dall’associazione Fight for $15, nata nel 2012, quando duecento dipendenti dell’industria della ristorazione fast food scesero in piazza chiedendo un salario minimo di quindici dollari all’ora più il riconoscimento dei diritti sindacali. Oggi, l’organizzazione è un movimento globale, presente in trecento città in tutto il mondo.

Martedì scorso il #MeToo movement è sceso in piazza, questa volta con il cartello #MeToo McDonald’s. C’è un problema più di fondo, però, in quest’ultima vicenda. L’hashtag #MeToo è stato reso famoso dalle dive di Hollywood, la cui voce è molto più potente rispetto a quella, per esempio, delle cameriere di McDonald’s. Esponenti di associazioni femministe si chiedono quando a tutte le vittime di molestie e violenza sarà dato di essere ascoltate in modo altrettanto serio e altrettanto efficace.

Dai dati di un sondaggio condotto nel 2016 tra i dipendenti dei fast food americani emerge che il quaranta per cento di essi è stato vittima di molestie. Il 42 per cento, inoltre, confessa di aver tollerato le molestie pur di mantenere il posto di lavoro. Uno su cinque ha confermato di avere ricevuto reazioni negative per avere segnalato il comportamento di colleghi o superiori.

A quanto descritto da alcune importanti testate statunitensi, la maggior parte dei ruoli manageriali nel settore della ristorazione è svolto da uomini. Le donne, invece, solitamente svolgono mansioni considerate di grado inferiore, e di conseguenza hanno anche salari minori. Questa situazione crea una differenza in termini di potere che crea un ambiente dove la molestia sessuale è tollerata, ignorata e perfino resa normale.

“Stiamo vivendo un momento interessante” spiega a ytali.com Shekinah Hoffman, dottoranda in sociologia presso la University of Nevada, Las Vegas, “durante il quale le donne si stanno facendo sentire, dicendo che le cose non vanno bene e che è ora fare qualcosa”.

Hoffman, che è impegnata in una ricerca sul #MeToo movement, dichiara:

Le esperienze personali e lo storytelling sono gli strumenti che hanno il potere di portare a un cambiamento. Non solo aumentano la solidarietà, ma ci fanno anche sentire più forti. Quello che però davvero deve accadere è un impegno da parte dei dirigenti delle grandi catene, come McDonald’s, ad andare oltre le parole e iniziare con i fatti. È cruciale creare un ambiente lavorativo basato su una cultura della sicurezza e dell’inclusione. Nel frattempo, bisogna migliorare la formazione in tema di molestie sessuali andando al di là del mero ambito legale, insegnando ai dipendenti come trattare ognuno con rispetto.

La protesta delle dipendenti di McDonald’s ha trovato eco nel mondo politico democratico. Tra i numerosi messaggi di solidarietà quello della senatrice Elizabeth Warren, che si è detta dalla loro parte spiegando che

i lavoratori a basso salario particolarmente esposti nel posto di lavoro alla discriminazione e alle molestie sessuali, è sbagliato e va fermato.

La presa di posizione della senatrice del Massachusetts segue quella di Bernie Sanders:

Ogni singolo lavoratore in questo paese ha il diritto a un posto di lavoro sicuro in cui non siano importunato, molestato, o punito se lo denuncia. Stiamo al fianco del lavoratore della lotta coraggiosa dei lavoratori della McDonald’s

 

#MeToo, è l’ora di McDonald’s ultima modifica: 2018-09-20T11:47:12+02:00 da MARTA SOLIGO
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