Émile Zola scrisse alcune delle sue pagine più suggestive raccontando la vita e le vite all’interno del mercato parigino di Les Halles, immaginandolo come il ventre o, meglio, le viscere del corpo sociale. Walter Benjamin – da intellettuale e lettore raffinatissimo – riprese più volte questo luogo letterario, conferendogli un respiro più ampio e, in parte, stravolgendolo: il Passage parigino, il microcosmo del mercato si sarebbe dovuto tramutare in un volume sull’intera città di Parigi e le singole parti che l’avrebbero costituito sarebbero state delle citazioni di altri libri. Era questo il progetto dell’opera benjaminiana incompiuta, i Passagenwerk, un libro composto da sole citazioni di volumi.
La sensazione che si prova quando si varcano i sorvegliatissimi cancelli della Fête de l’Humanité (14 – 16 settembre 2018) è quella di entrare in un micromondo capace di far convivere realtà estremamente differenti tra loro, non tanto per le organizzazioni politiche e sindacali che partecipano alla festa, dalla Cgt a Lutte ouvrière, né per la vocazione cosmopolita della festa, coi partiti comunisti di mezzo mondo ma, piuttosto, per il fatto che la politica viene interpretata dai suoi attori, in primis i militanti di tutta la Francia, come uno spazio sociale tout court, l’idea che si possa davvero riorganizzare l’intera società. L’immagine di una festa tanto composita riproduce, entro un ambito nazionale, il ricco e ambizioso progetto politico della sinistra europea che riuscì a prendere forma circa un decennio fa grazie all’impegno dei partiti comunisti di tutta Europa e che trovò tra i suoi ispiratori proprio i francesi del Pdf e gli italiani di Rifondazione comunista.
E proprio come la realizzazione di un progetto politico e non un momento di svago, va intesa la creazione di quegli ampi spazi della festa dedicati alla musica e allo svago, ma anche allo sport, con la partecipazione della Federation Sportive et Gymnique du travail (da sempre legata al Pcf) e un’area destinata a bambini e ragazzi di tutte le età, ben diversa dagli angusti spazi bambini destinati in Italia in locali e servizi pubblici. Non è un caso che in Francia si stia discutendo l’aumento di diritti per i genitori, a partire dai congedi parentali.
Pur considerando l’esterofilia un cliché nemico di qualsiasi discussione costruttiva, occorre prendere atto che la Francia conformista di Macron riesce a dare cittadinanza a delle nutrite minoranze capaci di superare la Sehnsucht, lo struggimento della piccola borghesia che vede la costante diminuzione del proprio potere d’acquisto e della propria influenza e vorrebbe difenderlo attraverso un percorso di selezione social/naturale che le consentirebbe di scindersi dai ceti popolari per tentare di agganciarsi alle classi più abbienti.
Questa contraddizione tra istanze antitetiche costituisce la ricchezza della scena politica e sociale francese ancor viva, sebbene da molte parti si stia tentando di depauperarla: da Macron, a Marine Le Pen per citare le proposte politiche più distanti da quella del Pcf, ma anche France insoumise che s’avvale di una personalità dirompente, come quella di Jean Luc Mélenchon, da un lato ma, dall’altro lato, che riduce sempre più lo spazio riservato all’analisi per avanzare poche e schematiche proposte politiche e conferendo la solita smodata importanza nel dibattito pubblico al tema dell’immigrazione.
L’immigrazione appare, comunque, in filigrana anche alla Fête de l’Humanité: la festa si svolge a La Corneuve, a pochi passi di distanza dai distretti reputati più pericolosi di Parigi, vale a dire Saint-Denis e Aubervilliers, le banlieue da evitare, quelle nelle quali si trovano i venditori di sigarette di contrabbando, i nordafricani che cucinano e vendono cibo di strada sui marciapiedi, impedendo ai passanti quasi di starci e dove occorre camminare venti minuti per raggiungere la Fête, perché non esistono mezzi di trasporto ed occorre trovare un parcheggio per le automobili di sessantamila persone. Insomma, quegli angoli in cui la ville lumière si trasforma in Tangeri o Hanoi.
L’immigrazione la s’incontra anche negli spazi dei partiti comunisti stranieri, dove convivono gli invitati degli altri partiti europei afferenti al gruppo europarlamentare del Gue, con rappresentanti di rilievo nei dibattiti (primi tra tutti quelli di Die Linke e Rifondazione comunista), nonché l’ampio novero di invitati e di stand dei partiti della sinistra mondiale, con rappresentanti che vivono già in Francia, molti i cittadini francesi (basti pensare all’esotica e francesissima Martinica che consente al Pcf di costituirsi in gruppo parlamentare nell’Assemblea nazionale), alcuni rifugiati, altri migranti economici.
I numerosi dibattiti della festa su immigrazione e xenofobia hanno avuto la forza di affermare con nettezza la distinzione tra la categoria di rifugiato e migrante economico, sconosciuta in Italia, prendendo atto del fatto che quest’ultima è quella preponderante e che per condizioni diverse occorrono risposte politiche corrispondenti.
Gaël De Santis, giornalista de L’Humanité, ha insistito molto su questa distinzione nel dibattito sulla xenofobia in Europa, cui ha preso parte, mettendo in luce la necessità di accantonare il concetto di accoglienza caritatevole, pur pensando ad una società diversa, in grado di rispondere a nuove questioni.
Questo profondo desiderio di non assumere dei ruoli predefiniti, a favore o contro, nel dibattito politico, al fine di non individuare un unico leitmotif, è apparso evidente nel comizio del segretario del Pcf Pierre Laurent. Parlando diffusamente del valore dell’immigrazione, di lavoro, di taglio dei servizi pubblici e di riforma del sistema previdenziale, non ha tralasciato aspetti importantissimi della vita di un Paese e di una persona, nello spirito della festa. Pierre Laurent, quasi da entomologo, ha tentato di affrontare i limiti dell’attuale governo francese e dei principali governi europei, alla ricerca di un percorso di alternativa sociale, tanto difficile e impopolare quanto imprescindibile per un’Europa soffocata da pregiudizi e dalla paura dell’impoverimento generale.

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