Dopo la legge di Moore, che ha guidato e spiegato la progressione del mondo digitale, intuendo che ogni 18 mesi, la potenza di calcolo raddoppia riducendo i costi, siamo alla vigilia di un paradigma Casaleggio, che indica come sviluppo e progresso il semplice e automatico adeguarsi all’espansione dei sistemi tecnologici delle grandi company della rete. Sintetizzando, si può dire che per il guru dei Cinque Stelle, bisogna fare come già fanno quelli che vincono in rete, né più né meno. Senza distrazioni o ostruzioni.
Il messaggio ronza da tempo nel variopinto e arzigogolato ecosistema pentastellato. Ma Davide Casaleggio ritiene che si debba dare un’ulteriore stretta ai bulloni di Rousseau, la piattaforma che organizza e guida il partito maggioritario del governo italiano.
In questo senso la sua intervista al Corriere della Sera di giovedì 27 settembre, segna una chiara escalation, dopo gli ieratici messaggi che sono usciti dai meeting di Ivrea dei due anni scorsi.
Anche in questo caso, seguendo la liturgia sciamanica, che ha segnato ogni mossa di quell’azienda teologica, che è la Casaleggio s.p.a, Davide, il figlio dello scomparso Gianroberto Casaleggio, fondatore con Grillo, dei Cinque Stelle, ha riunito prima il sinedrio della comunità, facendo sfoggio di consulenti e competenze del mondo digitale e dell’indotto manageriale della Silicon Valley, e poi ha annunciato la lieta novella.
Qualche giorno fa infatti, a Sant’Antioco, una località della Sardegna emblematica, come lo è Ivrea del resto, sede dei primi meeting della community pentastellata, per i suoi aloni esoterici che da migliaia di anni la riconoscono come punto di passaggio obbligato di grandi trasmigrazioni, dagli ispanici ai fenici, ai punici, romani, i normanni, gli aragonesi, i genovesi, e i germanici. Diciamo uno snodo di un lungo e ramificato network. Segretamente, anzi riservatamente come precisa l’erede della Casaleggio, lì si sono raccolti una cinquantina di capi azienda, consulenti strategici, manager di company, e teste d’uovo universitarie, per mettere a fuoco il nuovo piano di modernizzazione del sistema Italia.
Il futuro, ha spiegato proprio il giovane Casaleggio, è stato scansionato per meglio contestualizzare il processo di rinnovamento che il governo italiano dovrà avviare.
Abbiamo disegnato la mappa dei diritti digitali che si arricchirà nel tempo. Sono stati individuati strumenti (app, software o altro) che possono essere utilizzati per consentirne l’esercizio,
spiega placidamente Casaleggio, il tutto nell’ambito di una neonata Rousseau Open Academy, che dovrà diventare il cervello dell’intero universo pentastellato.
Un cervello che dovrà abituarsi a lavorare in sedi riservate, e con tavolate dove siedono direttamente i vertici dei grandi gruppi che monopolizzano il mercato digitale: Google, Facebook, Amazon, PayPal. Sembra che a Sant’Antioco abbiano fatto il loro debutto anche due cervelloni russi. Siamo, in miniatura, a una specie di Davos tecnologica, dove si selezionano strategie e se ne pianifica l’applicazione. Non solo in Italia. Nell’intervista al Corriere Davide Casaleggio annuncia infatti un’espansione internazionale di Rousseau, come piattaforma di raccolta e orientamento del movimento, e come academy di formazione. Qualcuno addirittura già parla di una lista Rousseau alle prossime elezioni europee. Forse proprio qui sta il bandolo della matassa della cosiddetta strategia estone, che è riproposta da Casaleggio.
Come si ricorderà, in occasione dello scorso incontro a Ivrea organizzato in memoria dello scomparso Gianroberto, fu lanciata la ricetta estone. Facciamo come nel paese baltico, dichiarò Casaleggio, accelerando il processo di digitalizzazione di tutti i servizi, serrando le fila delle community, a livello locale, regionale e nazionale per costruire un modello di consultazione permanente che sostituisca la democrazia rappresentativa.
Non venne data, allora, rilevanza al piccolo dettaglio che in Estonia quasi tutte le attività automatizzate sono date in appalto a Google o a Amazon. Ora si tratta non solo di ampliare la fetta di mercato dei servizi digitali italiani per questi grandi monopoli dell’algoritmo, ma si profila un qualcosa di complesso e radicale: usare l’Italia come cavallo di Troia per far entrare direttamente le lobby di questi monopoli nel cuore del sistema istituzionale europeo, mediante liste di matrice tecnologica, appunto la lista Rousseau. In questa prospettiva diventano più chiare le parole di Casaleggio, quando nell’intervista parla di trasferimento in digitale delle funzioni di cittadinanza e di investimenti che, sforando le barriere europee, spingano il paese verso lo sviluppo e la modernizzazione. Il reddito di cittadinanza a questo punto, lo dice chiaramente il guru pentastellato, non prelude o accompagna processi di riqualificazione produttiva, ma solo anestetizza le conseguenze di corposi tagli di personale e automatizzazione delle attività che sono alle viste grazie proprio alla miracolosa azione dei grandi centri tecnologici.
Motore e obbiettivo di questa politica è la sostituzione delle principali fasi di espressione della democrazia delegata. In questo decisivo snodo del suo ragionamento, Casaleggio sa bene che coglie un aspetto incombente. E s’impossessa del tema quasi tenendolo in ostaggio, in mancanza d’ogni contraddittorio, spingendo l’ipotetico avversario sul versante della pura quanto insostenibile difesa del tradizionale sistema parlamentare. Non senza abilità retorica, fa affiorare nel suo ragionamento, in maniera assolutamente indolore, senza fastidiosi proclami, il tema di un affievolimento dei meccanismi rappresentativi, che dovrebbero essere sostituiti dalla sensibilità – questo è il concetto base dove s’annida la tentazione autoritaria – dei decisori nel percepire e ascoltare il brusio della rete.
Dice testualmente al Corriere della Sera:
Con il progressivo sviluppo degli strumenti di partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica, molte delle funzioni tradizionali del parlamento verranno meno e si trasformeranno in qualcosa d’altro che ancora non siamo in grado di immaginare.
Partecipazione o deliberazione? Questo è il dilemma che Casaleggio aggira parlando di un graduale fenomeno di click e di post che permetteranno a software intelligenti di leggere i dati e dedurre le volontà.
Il tema è pertinente e impellente. Chi può pensare che un’irrevocabile espansione degli strumenti di connessione dialettica, quale quella che oggi è in atto, non possa non mettere in discussione le procedure democratiche decisa al tempo dei telegrammi?
E non tanto, come sembra pensare Casaleggio, per la potenza tecnologica, che rende possibile la partecipazione in real time, quanto per la pretesa sociale di protagonismo e di condivisione delle decisioni, basata sull’accesso simultaneo alle fonti e ai documenti, che è la vera matrice dell’intera spirale digitale.
Ovviamente una riflessione di questa portata non può prescindere, come invece Casaleggio fa, dal nodo della proprietà e del controllo delle intelligenze, delle memorie e dei data base. Chi è il titolare dei linguaggio e degli algoritmi prescrittivi che orientano e determinano il pensiero dell’utente? Possiamo affidare la nostra democrazia deliberativi a black box dove sono rinchiusi sistemi tecnologici proprietari e riservasti che determinano e misurano le forme e i contenuti dell’opinione pubblica?
La questione della cittadinanza digitale è solo riducibile, come esplicitamente, e devo dire anche pacchianamente, ripete Casaleggio, al semplice accesso alla rete, che di per sé dischiude le magnifiche sorti e progressive, o piuttosto è l’approccio critico di ogni utente che deve essere volto alla socializzazione e condivisione non delle abilità ma del senso e dell’etica del sistema tecnologico?
Paul Virilio, il lucidissimo filosofo della dromologia, scomparso nei giorni scorsi, dal lontano 1995 ci ammoniva che
dietro la propaganda libertaria per una democrazia diretta, in grado di rinnovare la democrazia rappresentativa dei partiti politici, s’istalla quindi l’ideologia di una democrazia automatica in cui l’assenza di deliberazione sarebbe compensata da un automatismo sociale simile a querllo del sondaggio d’opinione o alla misurazione dell’audience televisivo (“La bomba informatica”, 1995).
Parole profetiche, lasciate nell’oblio e sprezzantemente ignorate da una sinistra che pensava al presidenzialismo o al decentramento amministrativo, mentre già s’innescavano processi di informatizzazione delle opinioni. Il buco nero che denunciava Virilio, e su cui s’è avventato oggi Casaleggio, è la mancanza di conflitto sociale. È evidente infatti che se gli interessi sociali si manifestano mediante molecolari esibizioni corporative, in cui ognuno cerca di rendere visibile il suo parere, allora raccogliere il brusio diventa interpretare il senso comune. Ma se, come in realtà fu nel secolo scorso, con il conflitto del lavoro, gli interessi si manifestano mediante contrapposizioni negoziali, allora i soggetti che contrattano acquistano forme e identità che difficilmente possono essere annullate in marmellate reticolari.
Dunque il punto, su cui riflettere per immaginare un’ opposizione a Casaleggio, che non sia solo conservazione e resistenza sui vecchi istituti costituzionali, riguarda come promuovere proprio sui gangli vitali del sistema computazionale protagonismi conflittuali. Con quali soggetti negoziali e con quali saperi riprogrammare e non rifiutare la sfida tecnologica? Una domanda a cui trovare una risposta per non abbandonarsi alla constatazione che riecheggia nel romanzo di David Egger, “Il Cerchio” ( Mondadori), dove il protagonista, capo dell’unico social network che domina il pianeta, conclude che
se possiamo conoscere la volontà del popolo, in ogni istante, senza filtro, senza travisamenti o interpretazioni illegittime, questo non finirebbe per eliminare la politica?

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!
1 commento
[…] Michele Mezza propone su Ytali le sue considerazioni sul pensiero e piani per il futuro di Davide Casaleggio. […]