PREMESSA
Da Tiziano a Van Dyck – Il volto del ’500 è il titolo della mostra aperta fino al 3 febbraio alla casa dei Carraresi di Treviso, che si presenta con varie sfaccettature. La fonte, anzitutto: tutte le cinquantaquattro opere esposte provengono da un’unica collezione, che nella sua totalità ne conta oltre trecento, formata da un innamorato dell’arte, l’architetto Giuseppe Alessandra, che l’ha avviata sessantadue anni fa. E a questo proposito entra in scena sua madre, la nobildonna Margherita Ventimiglia, che da Mogliano, dove la famiglia vive lo porta con sé ancora bambino a visitare musei e mostre storiche a Venezia, e quando ritiene di lasciarlo andare da solo lo gratifica con una mancia se stende una relazione scritta su quanto ha visto. Tale pratica fa fiorire in lui un interesse per l’arte che diventa col tempo una passione, alimentata anche dall’incontro a Venezia con lo storico dell’arte Pietro Zampetti, direttore alle Belle Arti. Incontro avvenuto nel 1956 – quando Alessandra, ventenne, partecipa ai lavori della commissione per l’elaborazione del piano regolatore del centro storico – seguito da una frequentazione protratta per cinquantacinque anni, fino al 2011 con la scomparsa di Zampetti, cui è dedicata la mostra. Nell’ambito del lavoro incontra, e quasi sempre stringe con loro relazioni amichevoli, altri storici dell’arte quali Bettagno, Carli, Fiocco, Longhi, Pallucchini, Pignatti e Valcanover, che per tanti anni formano la piramide di sapienza che dà lustro alla città. A essi si aggiungono altri di generazioni successive, compreso Ettore Merkel, già Sovraintendente ai Beni Culturali di Venezia e curatore dell’attuale mostra trevigiana, che da dicembre sarà anche il direttore del nuovo Museo del Brolo di Mogliano, dove per sette anni in comodato gratuito sarà esposta un’altra consistente porzione della raccolta Alessandra; come l’hanno avuta fino a poco tempo fa i Musei Mazzucchelli di Ciliverghe di Mazzano (Brescia), nel 2011 il regno del Bahrein per la mostra/evento dedicata alla Pittura veneta, e altri richiedenti, perché nella propria visione di amore per l’arte Alessandra considera imperativo il farla fruire a tutti.
LA MOSTRA
La raccolta inizia con l’acquisto per istinto di un San Giuseppe con Bambino che sottopone al giudizio di Giuseppe Fiocco, il quale lo attribuisce a Sante Peranda (1566-1638), manierista veneziano sulla scia tra Tintoretto e Palma il Giovane, accolto quale pittore ufficiale della famiglia Pico, che governava il minuscolo ducato della Mirandola, nel Modenese. Sembrerà strano che dopo avere centrato piuttosto bene questa sua prima scelta, nel successivo ventennio egli abbia acquistato di preferenza opere contemporanee: de Chirico, de Pisis, Fontana, Gino Rossi, Sironi, Tancredi. Solo nel 1976, con l’acquisizione di un Cristo flagellato in cui Zampetti riconosce la mano di Palma il Giovane, ritorna a prediligere opere tra il Rinascimento e il Barocco, un orientamento che perdura a tutt’oggi. Le sue ricerche sono mirate soprattutto al ritratto e ai temi sacri, ed è una recente acquisizione, una Madonnina con Bambino di struttura mantegnesca attribuita a Marco Ruggeri, detto Marco Zoppo, che ora accoglie il visitatore all’entrata della prima sezione: Dalla bottega di Giovanni Bellini a Giorgione.

Marco Ruggeri detto Marco Zoppo (attr.), Madonna con Bambino, 1470 c., tempera all’uovo su tela (applicata su tavola verso la fine del XIX secolo), cm 70 x 52. Provenienza: Mercato Antiquario Treviso
La severa impostazione delle figure, rafforzata dall’uniformità del fondale, la raffinatezza dei particolari (le mani della Vergine, la veste del Bambino benedicente) e l’intensità dell’espressione dei volti, sono i fattori da cu deriva l’armonia del loro insieme.
Un altro punto d richiamo in questa sezione è il Cristo portacroce di Giorgione, descritto da Pietro Zampetti con autorevolezza nel testo riportato come scheda nel catalogo, che conclude
proponendo la presenza di Giorgione in quest’opera, da assegnarsi a una fase tarda dell’artista.
Un argomento interessante sviluppato da Merkel concerne una pala di Girolamo da Santacroce e Francesco di Girolamo da Santacroce (1540 c.), rintracciato nel mercato antiquario trevigiano, raffigurante San Paolo che pronuncia il Discorso sul ‘Dio ignoto’ ad Atene, davanti all’Areopago. Gli stilemi figurativi tradizionali che la contraddistinguono, afferma, e il forte messaggio ascetico che essa esprime, non più apprezzati a Venezia, inducono a pensare che
l’opera fosse destinata in origine alla provincia e, in particolare, a una città dell’Istria o della Dalmazia.
Il che spiega da un lato la frequenza di scoperte notevoli in centri abitati minori in quelle terre, ma anche il perché in buona parte si differenzino dalle produzioni dei medesimi artisti viste nelle chiese e nei musei veneziani.
Sempre di Merkel è la scelta come logo della mostra del ritratto attribuito a Sebastiano del Piombo nel 2003 da Zampetti e posto in apertura di questo articolo, identificato qualche anno dopo nella figura romanzesca di Ippolito de’ Medici, governatore di Firenze e cardinale, figlio illegittimo di Giuliano de’ Medici, legittimato con l’altissimo patronato papale e avviato contro la sua volontà a una prestigiosa carriera ecclesiastica. Che però
ebbe la vita troncata per avvelenamento nel 1535, a venticinque anni.
In posa di tre quarti, con occhi di fuoco e sguardo di sbieco, l’altro ritratto di Sebastiano del Piombo qui esposto è un guerriero dal destino simile, Pier Luigi Farnese, duca di Castro e marchese di Novara.

Sebastiano del Piombo, Ippolito de’ Medici, governatore di Firenze e cardinale, 1530-’31, olio su tavola di pioppo 54,4 x 40,3. Provenienza collezione Vittorio Bellini, Bergamo, già collezione Stefanoni, Bergamo, e Cugini, Bergamo, Pier Luigi Farnese, duca di Castro marchese di Novara, 1540 c, olio su tela, 62 x 53 cm. Provenienza collezione Bocciarelli Taverne D’Arbia (SI), già collezione Giovannelli e collezione Frascione
Le grandi botteghe – titolo della seconda sezione – riguardano principalmente i ritratti dei maestri dominanti a Venezia, da Tiziano a Lorenzo Lotto, il Tintoretto e il Veronese. In quest’ambito può sorprendere trovare il San Girolamo penitente di Tiziano, che però si giustifica perché ritenuto uno degli svariati autoritratti, in questo caso senile, cioè nel periodo in cui il maestro applicava il colore non solo con i pennelli ma anche con le dita. Ottenendo tuttavia dei risultati che ai nostri occhi – assuefatti al dissolversi della materia pittorica, come in Turner – appaiono quali raggiungimenti portentosi.
Accanto a questo l’altro lavoro di Tiziano, attribuito da Carlo Volpe e confermato da Giuseppe Maria Pilo, Pietro Zampetti, Ettore Merkel, Massimiliano Capella e Giovanna Niero, restauratrice, è il Ritratto di Ottavio Farnese. Secondo Merkel, il periodo trascorso dal maestro a Roma, nella dimora dei Farnese, ha contribuito notevolmente agli accenti non soltanto della maniera tosco-romana nel suo stile, ma pure degli esiti nella cultura artistica romana di metà Cinquecento.

Tiziano, San Girolamo penitente, 1570-75, olio su tela 72 x 64 cm Provenienza Milano, Finarte, 1987 e collezione Giovanni Testori, Milano, Vittore Bellini, Bergamo. Tiziano, Ritratto di Ottavio Farnese 1546, olio su tela 101 x 92 cm. Provenienza Mercato Antiquario Treviso
Assieme a Tiziano è Jacopo Tintoretto a dominare la sala, con due ritratti pressappoco coevi ma di diversa natura. Celebrativo quello di Sebastiano Venier, Capitano Generale da Mar della flotta veneziana alla battaglia di Lepanto (1571) e poi dal 1577 al 1578 ottantasettesimo doge. Privato l’altro, con attribuzione di Zampetti e raffigurante – si ritiene – Girolamo Rota, Guardian Grando della Scola Granda de San Rocco, che l’ha probabilmente ricevuto in dono dal pittore stesso.

Tintoretto, Sebastiano Venier Capitano Generale da Mar, 1576-77, olio su tela 117 x 95 cm, iscrizione in basso: “Sebastian Veniero”. Provenienza collezione Italico Brass Venezia, Mercato Antiquario Treviso
Ci sono inoltre un terzo Tiziano (Ritratto di gentiluomo), un Domenico Tintoretto (primogenito di Jacopo: Maddalena in preghiera), un Lorenzo Lotto (un ritratto di ignoto con sfondo monocromo) e “immigrati” come Cesare Vecellio (cugino di Tiziano: un duplice ritratto di padre-figlio), il fiammingo Lodewijk Toeput (italianizzato nel territorio veneziano in Ludovico Pozzoserrato e attivo in particolare a Treviso: una Vanitas), il toscano Salviati (Deposizione di Cristo nel sepolcro e svenimento della Vergine Maria), i veronesi Francesco Montemezzano (uno spiritoso Ritratto di cortigiana) e Luigi Benfatto (detto Alvise dal Friso: una Disputa di Gesù nel Tempio con i Dottori della Legge d’impostazione veronesiana, che secondo Merkel è in origine un pannello decorativo eseguito per la basilica di Santa Maria Assunta a Gandino, sulla fronte di uno dei due poggioli delle cinquecentesche cantorie).
Di Area lombarda tratta la terza sezione, cioè parte dello “Stato da tera” veneziano, a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento. Quattro gli artisti: Girolamo Romanino, Giulio Campi, Giovan Battista Moroni e Carlo Ceresa.
Del primo, un Concertino di gentiluomini, che rivela la familiarità del pittore con il Giorgione veneziano e un gusto raffinato della messa in scena, dell’eleganza dei costumi, dell’esattezza prospettica. Attribuito a Campi da Mauro Lucco è un Uomo con berretta dall’aspetto militaresco, e di Moroni, un Ritratto di gentiluomo, di probabile destinazione familiare, con attribuzione ancora di Zampetti, verosimilmente ridotto nelle dimensioni nella parte alta, forse per adattarlo alla cornice. Di Ceresa vi sono due ritratti di prelati.

Girolamo Romanino, Concertino di gentiluomini, 1540-’50, olio su tela 84,3 x 65,1 cm Provenienza Galleria Michelangelo, Bergamo, già collezione Lorenzelli, Bergamo. Giovan Battista Moroni, Ritratto di Gentiluomo in nero, 1575 c., olio su tela 44 x 48,8 cm Provenienza Mercato Antiquario Treviso
La quarta sezione esplora alcune vicende legate al Rinascimento centro-italiano e si concentra in particolare su Raffaello e i toscani Giuliano Giamberti (detto da Sangallo), Andrea del Sarto, Domenico di Pace (detto il Beccafumi) e Santi di Tito. Di rilievo la terracotta dipinta del Sangallo con il Cristo deposto, i piedi incrociati come nei crocifissi, che potrebbe essere la parte superstite di una deposizione sparita; di Raffaello il Suicidio di Lucrezia, su tavoletta fatta probabilmente per la copertina di libro miniato o il coperchio di uno scrigno; e di Andrea del Sarto la Madonna con Bambino, realizzata a olio su una tavola di noce massiccio, tanto simile a un suo affresco del Chiostro detto “dei morti” (chiesa della Santissima Annunziata, Firenze) da dare per certo l’uso del relativo cartone.

Giuliano da Sangallo, Cristo deposto, 1485 c., terracotta dipinta h 60 cm. Provenienza Antichità La Conchiglia, Sanremo Raffaello Sanzio, Suicidio di Lucrezia, primi anni ’500, olio su tavoletta di noce 25,7 x 18,2 Provenienza collezione Bosch, già collezione Luchsinger e collezione Vittorio Bellini, Bergamo. Andrea del Sarto, Madonna con Bambino, 1525-’30, olio su tavola di noce 174 x 153 cm Provenienza Antichità Luciano Franchi, Treviso
Nella quinta sezione protagonisti sono i Pittori d’oltralpe: il vallone Nicolas Neufchâtel, i fiamminghi Antoon Van Dyck e Jacob Jordaens, il tedesco Hans von Aachen e lo spagnolo Francisco de Zurbarán. Tra i ritratti emerge con assoluto distacco lo Studio di testa di Antoon Van Dyck, forse motivato da una ricerca di stati d’animo, o quale prova per una composizione complessa; comunque un assoluto capolavoro, sia per la raffinatezza delle stesure, gli effetti di luce e le relative variazioni del colore, sia per la potenza espressiva di quel volto.

Antoon Van Dyck, Studio di testa, prob. 1613-’20, olio su tavola di noce, 64,7 x 50,5 cm. Provenienza Mercato Antiquario Treviso
Nell’ultima sezione si va Oltre il ’500. Nove autori: i veneziani Giulio Carpioni, Marco Liberi, Nicolò Cassana, il genovese Bernardo Strozzi, il napoletano Luca Giordano, l’udinese Sebastiano Bombelli, il bergamasco fra’ Galgario (Vittore Ghislandi), il capodistriano Francesco Trevisani e la cerchia di Carlo Maratta, attiva a Roma. Si distinguono la Vergine Maria che allatta il Bambino di Luca Giordano (soprannominato Luca Fapresto quando, nella chiesa di Santa Maria del Pianto a Napoli, dipinse le tele della crociera in soli due giorni) e due studi di questi ultimi per un’Annunciazione della cerchia suddetta. La protegge, con severo cipiglio, il Comandante generale dell’Esercito pontificio.

Bernardo Strozzi, Ritratto del conte David Widmann, comandante generale dell’Esercito pontificio (bozzetto), 1638-40, olio su tela, cm 24,5 x 17.5. Provenienza Antichità Viezzi, Udine
La mostra, promossa da Cassamarca, è stata organizzata e coordinata, per Artika, da Daniel Buso ed Elena Zannoni. Catalogo a cura di Ettore Merkel edito da Biblos (Cittadella, PD), 240 pagine, con traduzione dei testi in inglese.
Main sponsor Ascostrade, con il contributo di Confcommercio Treviso e Camera di Commercio di Treviso e Belluno, sponsor Val d’Oca.
Una sorpresa – soprattutto per Giuseppe Alessandra – che alla passione per il collezionismo d’arte associa quella di giudice, stimato a livello internazionale, nei concorsi di bellezza canina – è stata la contemporanea inaugurazione, sempre alla Casa dei Carraresi, di una mostra di fotografie del novantenne francese Elliott Erwitt, di cani, soli o accompagnati, realizzate unicamente “dal punto di vista dei cani”. Organizzata da Suazes, in collaborazione con Fondazione Cassamarca e Magnum Photos e curata da Marco Minuz, dura anch’essa fino al 3 febbraio.
Immagine in apertura d’articolo:
Sebastiano del Piombo, Ippolito de’ Medici, Governatore di Firenze e cardinale, particolare

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