Giulio Zanni. Smontare l’allucinazione

"Quando ho fotografato Venezia, l’ho immaginata vuota, al tempo della peste del 1400, dove la gente o era fuggita o si era rifugiata nelle chiese. Silenzio sì, ma silenzio premonitore."
JOANN LOCKTOV
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Ti è capitato di dire che fotografi sin da quando eri bambino, e che quindi è da tempo che sperimenti come fotografo. Puoi dirci come si è evoluto il tuo stile attuale nel tuo percorso fotografico? C’è stato un momento, a un certo punto, o è stato un processo più graduale, organico?
Mi eccito ancora all’odore della pellicola e degli acidi. È stato un processo assolutamente graduale. La fotografia m’affascina sin da bambino. Ricordo il tempo che passavo a sfogliare e risfogliare libri fotografici, che ora colleziono, specie dei giganti della Magnum. Ho iniziato a sperimentare ma non sapevo chi ero e come scoprirlo. Credo nelle cause e negli effetti e nel seguire un percorso. Non potrei essere quello che sono oggi se non fossi passato attraverso varie fasi artistiche, con l’idea che altro ancora può succedere. Tutto cambia, nulla rimane lo stesso, che ci piaccia o no.

Sei nato e cresciuto in Italia ma hai vissuto nei Balcani negli ultimi vent’anni. In che modo queste due culture contribuiscono alla tua visione fotografica?
Penso che la visione artistica sia una conseguenza di tutte le nostre esperienze umane. Come dice Ansel Adams, le mie fotografie sono il prodotto di tutta la gente che ho incontrato, dei libri che ho letto, della musica che ho ascoltato, delle gioie e dei dolori che ho vissuto, e così via. Spomenici è l’esempio principale di un soggetto in cui non mi sarei mai imbattuto se non avessi vissuto nei Balcani.

Nella tua serie veneziana, le lunghe esposizioni creano un’intensa qualità di immobilità carica di presentimento. C’è una qualità così profonda di quiete che quando le guardo mi ritrovo a trattenere il fiato. Eppure, è la musica che t’ispira. Cos’era la playlist di questa serie?
Ho un profondo interesse per la spiritualità e la serie fotografica sulle chiese iconiche di Venezia ne fa parte. Sono stato ad Abu Dhabi e Istanbul per fotografare alcune moschee iconiche. Inoltre, ho appena terminato una nuova serie, Caturmahapratiharya, sui templi e gli stupa dei luoghi principali della vita di Buddha Shakyamuni in Nepal e India. Quando ho fotografato Venezia, l’ho immaginata vuota, al tempo della peste del 1400, dove la gente o era fuggita o si era rifugiata nelle chiese. Silenzio sì, ma silenzio premonitore. La colonna sonora è sicuramente Stigmata Martyr dei Bauhaus, visto che a quel tempo si credeva che le epidemie fossero una manifestazione dell’ira di Dio.

Molte delle strutture che fotografi sembrano monumentali. C’è una solennità nelle loro forme scultoree e nel modo in cui sono legate alla terra. In che modo il bianco e nero supporta le nozioni di scala, astrazione e audacia?
Anche nella fotografia fine art ci sono parecchi cliché, ai quali la gente ubbidisce senza chiedersi quale ne sia il senso. L’astrazione ne è uno. Astrazione da cosa? Dalla realtà?! La realtà, come la percepiamo, è un’allucinazione, causata dall’ignoranza. Se andiamo più a fondo, non troviamo nulla che esista di per sé. È una realtà convenzionale, frutto di altre cause ed effetti. La fotografia in bianco e nero è un passo nel disvelamento dell’allucinazione.

Quando crei una serie di paesaggi urbani, come decidi quali edifici includere e la loro posizione nel panorama?
Di solito, queste decisioni sono prese prima di scattare. In entrambe le serie di New York e Bruxelles, le immagini sono state sviluppate in parallelo, nel tentativo di evitare di replicare lo stile di un’immagine in un altra a posteriori, che sarebbe stato come arredare una casa tentando di replicare lo stile di una stanza in un’altra. Ciò detto, credo che il concetto di serie sia un altro cliché della fotografia fine art. Perché le immagini devono essere simili, in termini di formato, toni ecc? È artificioso e ingannevole. Capisco che una serie di immagini abbia un filo conduttore, che sia il soggetto o il tema,  ma tutto il resto è convenzionale e la percezione della realtà cambia istante dopo istante. Perché far finta che non sia così?

Hai viaggiato molto e fotografato in diversi paesi. Dove vorresti andare adesso e perché?
Continuerò a cercare nella spiritualità e ci sono un paio di paesi del sud-est asiatico che sono sicuramente sulla mia agenda.
Il mio lavoro può essere visto su www.giuliozanni.com

 

Giulio Zanni. Smontare l’allucinazione ultima modifica: 2018-10-15T20:28:39+02:00 da JOANN LOCKTOV
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