La caduta del muro bavarese

Le elezioni di domenica in Baviera rivoluzionano il paesaggio politico non solo del Land ma del paese. La crisi dei due partiti storici oggi al governo apre spazio a un'inedita frammentazione delle forze in campo che mette alla prova il sistema tedesco così come l'abbiano conosciuto
BÄRBEL SCHMIDT
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Un’elezione regionale. Certo. “Solo” nove milioni e mezzo di votanti, su un corpo elettorale di 62 milioni di tedeschi. Certo. Eppure le elezioni di domenica scorsa in Baviera hanno il valore e le conseguenze di un voto nazionale. Un terremoto che non sconvolge solo il panorama politico del maggiore Land tedesco per superficie e il secondo per popolazione e per importanza economica. Le scosse arrivano a Berlino. E, trattandosi del paese leader della UE, scuotono l’edificio europeo.

Vediamo intanto i voti. Partendo dalla Csu, il partito storico della Baviera, che ottiene il 37,2 per cento, oltre dieci punti in meno rispetto alle elezioni del 2013. Esito che ingolosirebbe qualsiasi forza politica europea, di questi tempi. Un calice di mirra per l’alleato bavarese della Cdu. Un risultato che è un tracollo storico. Mai, dal 1958 in poi, la Csu era andata sotto il 43 per cento nelle elezioni locali.

Per Angela Merkel è una pessima notizia, quella che arriva da Monaco, anche se ha perfino il suo lato positivo. Con Horst Seehofer, il leader della Csu – e ministro degli interni – la relazione s’era fatta molto difficile, e nel match che s’era aperto tra i due, è chiaro oggi chi è il perdente, anche se, vincere così, non deve essere comunque esaltante per Angela. 

La segretaria generale della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, legata a Merkel, ha lamentato “le polemiche degli ultimi mesi”  del partito “fratello” della Baviera con il suo partito nazionale, un confitto che ha appesantito la campagna elettorale dei cristiano sociali. Parole educate per attribuire l’onere della sconfitta alla Csu – con la sua ostinata e aperta opposizione alla politica della cancelliera in materia d’immigrazione – e in particolare al capo della Csu, Seehofer, organizzatore nel governo di una vera e propria fronda contro la Kanzlerin, fino a mettere in discussione l’alleanza stessa tra i due partiti cristiani. 

Una linea che s’è trasformata in boomerang. Secondo un sondaggio dell’Ard, oltre l’ottanta per cento degli elettori pensa che questa linea abbia finito per nuocere al partito conservatore bavarese, che infatti non è riuscito nel suo proposito di contenere la competizione montante di Alternative für Deutschland. Che, tuttavia, ha avuto un buon risultato, ma non quel risultato che s’attendeva e che molti bookmaker le attribuivano. Un esito sotto le attese, dunque, ma con il poco più del dieci per cento AfD può fare il suo ingresso nel parlamento bavarese, ed è un fatto simbolico rilevante, ma non più di questo, agli effetti della formazione del nuovo governo. Per il quale si ritroveranno insieme Csu e liberali (Fdp), come avvenne nel 2008 – quando la Csu perse la maggioranza assoluta – più una formazione di destra locale, Freie Wähler, che ha ottenuto l’11,5 per cento.

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Se è Seehofer il grande sconfitto del voto bavarese, significa che d’ora in poi sarà un alleato più mansueto per la cancelliera, che notoriamente non è fatta per andare d’accordo con chi non è in linea con lei, figurarsi con chi la sfida?

La realtà è che per Seehofer potrebbero perfino aprirsi le porte di una possibile rinuncia alla guida della Csu, con conseguente uscita dal governo. E con un conseguente indebolimento di Merkel, sul suo fianco destro, esposto all’aggressiva crescita di AfD, e, a sinistra, in presenza di un contemporaneo serio indebolimento dell’alleanza di governo con la Spd. L’altro grande sconfitto del voto bavarese, finito sotto l’asticella psicologica del risultato a due cifre: 9,6 per cento, metà di quanto ottenne nel 2013 (20,6 per cento).

La nuova leader socialdemocratica Andrea Nahles ha preso atto della débâcle, “una sconfitta amara”. È un avvertimento, ha detto, sapendo che quanto è successo domenica in Baviera rimette in discussione la linea della Spd, ridando fiato alla parte del partito che, dopo le elezioni generali, s’era opposto alla riedizione della Große Koalition. Per paradosso, la Spd ha perso in Baviera anche perché ha subito le conseguenze dello scontro tra Csu e Cdu  sui richiedenti asilo, non riuscendo a far valere un suo proprio profilo e non avendo dunque secondo Nahles, la forza necessaria per dare la spinta che le occorreva alla Spd bavarese, in una contesa locale contraddistinta in misura ancora maggiore che a livello nazionale, dal tema dell’immigrazione.

Una sconfitta, quella della Spd, che rende ancora più rilevante il quasi diciotto per cento conseguito dai Verdi, indiscutibilmente i vincitori del voto bavarese (se l’Spd dimezza, i verdi raddoppiano: 8,4 per cento nel 2013). Un “voto per il cambiamento”, nelle parole di Robert Habeck, leader locale dei Grünen, un partito che ha saputo affermarsi poggiando su una piattaforma limpida di società aperta, anche in termini di frontiere, di valori sociali liberali e di impegno contro il cambiamento climatico.

Il dato, alla fine, più evidente è la frammentazione del quadro politico, provocata dalla crisi dei due grandi partiti che finora hanno consentito, anche alleandosi, se necessario, una notevole stabilità di governo. Una frammentazione che non sembra destinata a fermarsi dopo il voto di domenica, in una dinamica che promette ogni possibile tipo di nuova scenario. E già questo, per la stabile Germania, è una novità che la allinea al grosso dei paesi.

 

La caduta del muro bavarese ultima modifica: 2018-10-15T17:49:16+02:00 da BÄRBEL SCHMIDT
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