È “Sánchezmania”!

Dopo l’accordo con Podemos, il primo ministro socialista inaugura una nuova stagione per la sinistra spagnola: redistribuzione della ricchezza, sviluppo dello stato sociale, diritti civili, difesa dell’ambiente e critica del neoliberismo. Un modello da esportare?
ALDO GARZIA
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La sinistra italiana riscopre finalmente quella spagnola, dove socialisti del Psoe e Podemos/Izquierda unida governano da qualche mese insieme. È un secondo esperimento – dopo quello del Portogallo – dove sinistre storiche e quelle formatesi dai nuovi movimenti convivono suscitando attese positive. Del resto, se si vuole affrontare unitariamente la “questione governo”, non c’è altro destino augurabile per le “due sinistre” oltre quello di una convivenza/competizione sulla base di un programma comune. In Spagna stanno provando a fare questo in previsione delle prossime elezioni politiche.

Di fronte ad alcuni provvedimenti del governo di Madrid – aumento del salario minimo del 25 per cento a 900 euro, patrimoniale per i redditi più alti, trasloco del mausoleo del dittatore Franco – ci sono stati applausi e comunicati di appoggio da parte di Liberi e uguali, Rifondazione e persino Potere al popolo, più articoli di plauso sul manifesto. Una sorta di “sánchezmania”? Impacciato invece il Pd, dove Matteo Renzi ha firmato un  documento in previsione delle elezioni europee con Albert Rivera, leader di Ciudadanos, partito neocentrista e antagonista del Psoe.

Pedro Sánchez

Quanto accade a Madrid, riaccende la discussione sullo stato di salute del socialismo europeo, in declino in Germania, esangue in Francia, in ripresa in Gran Bretagna, in buona salute con problemi nel Nord Europa e in Spagna, Portogallo. È un errore dare giudizi univoci e definitivi. Storia e radicamento non si cancellano facilmente. Il socialismo democratico appartiene alla storia d’Europa.

Dove i partiti socialisti si ristrutturano, inoltre, un punto centrale è la ricostruzione dei rapporti con i sindacati. Errore madornale quello di Tony Blair e Massimo D’Alema (la contrapposizione con la Cgil di Cofferati a iniziare dal 1997). Una forza di sinistra non può fare a meno del rapporto col mondo dei lavori: dalla fabbrica ai computer. Anzi, nel panorama dei partiti socialdemocratici tale relazione è sempre stata essenziale e non si è lasciato molto spazio alle teorie sul “partito liquido” (il Pd rappresenta anche qui un’anomalia). Non è forse il caso di riprendere la discussione sull’ispirazione socialdemocratica di una nuova forza politica? Torniamo alla Spagna.

Come definire politicamente Pedro Sánchez, il premier di Madrid che è riuscito in un miracolo politico? È un socialdemocratico del 2018. Conosce bene il bagaglio della storia del socialismo europeo (ha una passione particolare per Eduard Bernstein, il primo “revisionista” del marxismo ortodosso). Felipe González gli ha trasmesso il culto per le conquiste del welfare e per l’Unione europea, che in Spagna hanno modernizzato il paese negli anni Ottanta dopo quattro decenni di dittatura franchista. Luis Rodríguez Zapatero ha aggiunto in seguito a questa cultura quella dei diritti civili, indicando nella formula del “socialismo dei cittadini” l’esigenza di ridisegnare una più ampia democrazia politica nelle società europee avanzate.

Sánchez assomiglia a Jeremy Corbyn nella sua tenacia di non cedere al centrismo di blairiana memoria, pur sapendo che c’è molto da rinnovare a sinistra e nella tradizione socialista.

Ma la carriera di Pedro Sánchez non è stata tutta in discesa. È un caso che farà scuola la sua elezione in due casi distinti al vertice del Psoe. Pur non avendo mai fatto parte in passato del Comitato esecutivo del partito, Pedro Sánchez è uno dei candidati nelle primarie del novembre 2014 indette per la prima volta dai socialisti con l’obiettivo di eleggere il segretario generale al posto del dimissionario Alfredo Pérez Rubalcaba, che aveva perso le elezioni contro Mariano Rajoy, in modo più partecipato e democratico. Sánchez le vince con il 49 per cento dei voti.

Il Congresso straordinario del Psoe, il 26 e 27 luglio 2014, ne ufficializza l’elezione a segretario. La sua leadership non riesce però a rivitalizzare il Psoe nelle elezioni politiche del 2015, quando il partito ottiene solamente 90 seggi.

Sánchez riceve l’incarico di formare il governo, ma l’accordo con Ciudadanos non è sufficiente a ottenere i voti necessari per la fiducia. Vista l’impossibilità di ottenere una maggioranza parlamentare di alcun tipo, la Spagna torna a votare il 26 luglio 2016 e il Psoe riesce a eleggere solo 85 parlamentari: è il peggiore risultato storico del partito che perde voti a favore di Podemos, la nuova formazione politica nata sull’onda del movimento degli “indignados”. Questa volta è Rajoy a ricevere l’incarico di formare un governo con l’accordo di Ciudadanos.

Pedro Sánchez e Mariano Rajoy

Il Psoe, afflitto in quella fase dal pessimo risultato elettorale e da un dibattito interno infuocato che risente del confronto pubblico che chiede governabilità, decide di dare via libera al governo con la propria astensione, opzione che vede favorevoli anche gli ex leader González e Zapatero, oltre la vecchia guardia. Il primo ottobre 2016 Sánchez si dimette dal suo ruolo di segretario del Psoe anche perché all’interno del partito cresce l’area – capeggiata dal Susana Díaz, segretaria socialista in Andalusia, roccaforte di lunga tradizione – che vuole l’astensione nei confronti di un eventuale governo capeggiato da Rajoy. Il 29 ottobre, Sánchez abbandona pure il suo scranno da deputato illustrando il proprio dissenso rispetto alla scelta del Psoe. Sembra l’atto finale di una parabola politica giunta al termine.

Invece nuove primarie socialiste si svolgono il 21 maggio 2017 con un esito a sorpresa. Sánchez, pur avendo contro tutti i notabili del partito favorevoli a un maggiore dialogo con il possibile governo di centrodestra, vince con oltre il quarantanove per cento contro la favorita Díaz che si ferma al quaranta. A vincere è una sorta di rivolta dei militanti del Psoe contro l’establishment che individua in Sánchez un esempio di coerenza e di continuità con la storia e la collocazione del partito.

Da quel momento in poi, Sánchez fa autocritica per aver sottovalutato la novità politica rappresentata da Podemos (“Non è solo una forza populista”) e si dice estraneo ai giochi di potere tra lobbie interne.

Il “segretario ritrovato” si convince di aver vinto grazie a una campagna politica orientata a sinistra, volta a ritrovare le buone ragioni di una rinnovata ispirazione socialista criticando le leggi approvate anche dal suo partito su lavoro, sicurezza e pensioni per far fonte alla crisi economica. Riconquistato il partito, Sánchez precisa il suo programma con il documento “Per una nuova socialdemocrazia” nel quale spiega di voler introdurre una Commissione etica e di garanzia formata dai militanti per il controllo di ogni operazione elettorale, amministrativa e politica di rilievo, di voler far scegliere i candidati dagli iscritti con le primarie, di voler potenziare le scuole di partito nelle Case del Popolo,  di voler rilanciare il Centro Studi Jaime Vera e l’associazione Juventud Socialista.

Pedro Sánchez

Sánchez si è inoltre impegnato a porre regole stringenti e di trasparenza sul finanziamento al partito, a promuovere la partecipazione della base con strumenti d’iniziativa robusti (per esempio firme del venti per cento degli iscritti per proporre una questione da discutere obbligatoriamente in Commissione esecutiva), oltre a stabilire il doppio turno nelle primarie. Sono tutte riforme che puntano alla democratizzazione della vita interna al partito.

Nel documento, citando Bernstein, vengono definite infine come centrali quattro questioni: la redistribuzione della ricchezza, la ricostituzione e lo sviluppo dello stato sociale, l’affermazione dei diritti civili, la difesa dell’ambiente nell’ottica di uno sviluppo sostenibile e di una critica del neoliberismo imperante. Anche la fraseologia è tornata a essere di sinistra nel Psoe. Da qui il rapporto con Podemos/Izquierda unida, che tanto piace ad alcune componenti delle sinistre italiane ed europee.

È “Sánchezmania”! ultima modifica: 2018-10-20T16:37:07+02:00 da ALDO GARZIA
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