Con 138 sì, 94 no e nessun astenuto, il senato ha approvato lo scorso 6 dicembre il disegno di legge “concretezza” che, nelle intenzioni del ministro che lo propone, Giulia Bongiorno, mira a contrastare il fenomeno dell’assenteismo e a garantire l’efficienza della pubblica amministrazione. Nella narrativa del governo e della maggioranza – raccolta acriticamente da gran parte dei media – è un pacchetto di misure contro i “furbetti del cartellino”, assenteisti e fannulloni. La gravità delle misure è soprattutto nell’introduzione di sistemi di verifica dell’identità dell’impiegato, anche attraverso le impronte, e la videosorveglianza per verificare l’osservanza dell’orario di lavoro dei pubblici dipendenti. Relatore di minoranza, la senatrice del Pd Annamaria Parente ha duramente criticato il ddl. Pubblichiamo una sintesi del suo intervento.
Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
Così recita, nel primo comma, l’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza). Il principio della proporzionalità è dunque un principio basilare. In aula, illustrando il ddl “concretezza” [ddl 920: Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo] la ministro Giulia Bongiorno ha sottolineato, anche con la mimica, un punto cruciale: il bilanciamento. Nella giustizia ci dev’essere un bilanciamento e il principio cardine del bilanciamento è il bilanciamento tra diritti e libertà.
La limitazione di un diritto può essere solo giustificata con il principio di proporzionalità. Ma se mettiamo impianti biometrici e di videosorveglianza non si lede forse il principio di proporzionalità? Non è proporzionale all’obiettivo che ci si pone, che è il contrasto alla falsa attestazione di servizio e la non osservanza dell’orario di lavoro. È un principio semplice. Tra maggioranza e opposizione ci possiamo dividere sulle soluzioni da dare, ma non sulle questioni di principio.
E poi, a proposito di “concretezza”, immaginiamo cosa accadrà quando la legge sarà in vigore.
In allegato al ddl ci sono tabelle, in cui sono citati danni e reati che si sono verificati. Cito un episodio tra i vari: è successo che un dipendente sia stato notato fuori dalla struttura mentre dal sistema di rivelazione della presenza egli risultava in servizio; questo dipendente è stato licenziato senza preavviso. Sappiamo che ci sono anche uffici pubblici ubicati in condomini dove sono presenti anche altre strutture.
Se vogliamo mettere i controlli biometrici per intevenire efficacemente su casi come questo, dobbiamo mettere tornelli e porte chiuse e costruire una specie di gabbia, perché anche con l’impronta digitale nessuno ci garantisce che il dipendente non esca dall’ufficio. Assumendo il principio della “concretezza” occorrerebbero sistemi di controllo tipo NASA, altrimenti questa norma non avrà alcun effetto.
La conseguenza evidente di queste misure è che controlleremo tutti per non controllare nessuno.
Peraltro se si prendono le impronte digitali e si fa il controllo dell’iride, non si produce forse una lesione dei dati personali? Chi tratterà quei dati? Come li tratterà? Come saranno usati, non discriminando, oggi, domani, tra un mese o tra un anno?
Bisogna porsi con fierezza contro questo articolo e contro il provvedimento. Certo siamo minoranza in parlamento, probabilmente saremo minoranza nel Paese, ma va difeso con forza il diritto alla protezione dei dati personali. È la nuova frontiera – invalicabile – in un mondo sempre più tecnologicamente avanzato.
Chi è in parlamento ha il dovere di affermarlo con determinazione e di legiferare conseguentemente. Tanto più che, a proposito della falsa attestazione di presenza in servizio nel pubblico impiego, è in vigore e funziona con la dovuta efficacia il decreto legislativo n. 116 del 2016 della riforma Madia, un articolato che prevede la sospensione cautelare senza stipendio per chi è colto in flagrante.
Nel 2016 erano stati tre i licenziamenti per falsa attestazione in servizio; nel 2018 sono stati 54. È una legge dello Stato, quindi di tutti noi, ed è nostro dovere farla camminare e verificarne via via attuazione ed efficacia.

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