Robynne Limoges: messaggi indecifrabili

"Venezia è generosa d’immagini con chi sa cercare e sa attendere. Si capisce immediatamente che ad ogni visita ti è concesso di vedere pochissimo. Quindi inutile avere fretta: non vedi né più né meglio con la fretta. Non esiste un altro luogo che mi fa sentire così."
JOANN LOCKTOV
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Potresti per cortesia spiegare cosa e come Venezia ti regala i suoi luoghi unici per le tue fotografie?
Posso solo dire che mi sono innamorata di Venezia e che è diventata la mia unica fonte di ispirazione ben prima di incontrarla, quando, all’università, decisi di assistere a una singolare lezione di architettura. In classe c’era uno schermo crepato e rugoso sul quale il professore proiettava immagini leggermente distorte di Venezia. Lei, una città in un arcipelago con un’isola interamente destinata ai suoi meravigliosi defunti. Lei, una città di pietra massiccia costruita al limite della luce del mare e al limite dell’aria, in bilico tra il mondo temporale e il mondo dell’impossibile. Venezia, l’improbabilità dello stare a galla su dieci milioni di paline.

Quando hai ben in mente tutto ciò – il solo posto che in tutta la sua interezza è un’opera d’arte, composta in parti uguali d’acqua e di pietra, di stucco e d’aria – sai bene che persino il più pignolo tra i suoi visitatori dimenticherebbe la pedanteria in favore della poesia.

Sono stata a Venezia molte volte e da subito mi ha insegnato che è generosa d’immagini con chi sa cercare e sa attendere.
Si capisce immediatamente che ad ogni visita ti è concesso di vedere pochissimo. Quindi inutile avere fretta: non vedi né più né meglio con la fretta. Non esiste un altro luogo che mi fa sentire così.

Trovo che spesso il tuo lavoro consista in frammenti: un dettaglio, un riflesso, un’ombra. Le immagini possono sembrare astratte ma non incomplete. Il risultato è una fotografia che trascende il presente. Puoi dirci qualcosa a proposito della misura del tempo nella tua fotografia?
Credo che la visuale di ognuno spesso si formi nella geografia della propria giovinezza. Per me, le immense praterie degli Stati Uniti, dove il paesaggio è talmente vasto che per trovare la misura mi concentravo su piccoli dettagli, frammenti di conversazione, la luce che penetrava la materia in un modo tale da farmi immaginare l’acqua… Tutti questi elementi sono diventati molto significativi, simboli potentissimi, indecifrabili messaggi. Non ho mai perso l’affinità per quel che facilmente si tende a non considerare, il dettaglio mascherato dall’apparenza grandiosa e sorprendente. Non mi ha mai interessato fare asserzioni su tempo e memoria: voglio creare immagini che sussurrino, acquietino chi guarda, suggeriscano un racconto irrisolto. E questa è la combinazione indissolubile tra tempo e memoria.

“Vergine e bambino con candela”

La tua immagine “Vergine e bambino con candela” in Dream of Venice in Black and White riflette un caloroso abbraccio insieme a una visione enigmatica. Puoi raccontarci la storia di questa fotografia?

Mi hanno colta di sorpresa, come accade con tanti dei tesori di Venezia. Avvinti dietro le sinuosità eleganti di una inferriata screpolata, li proteggeva un vetro o un perspex graffiato che appannava i loro visi e velava la luce della candela. Erano appena sopra la mia testa, avrebbero potuto passare inosservati al visitatore distratto, e il passaggio era particolarmente stretto. Mi sono appoggiata al muro opposto, studiandoli per un bel po’ di tempo, meditando su quel simbolo di adorazione perpetua, fino a quando quel passaggio si è svuotato delle persone, permettendomi di fotografare.

Dopo qualche scatto, ho capito che avrei dovuto tenere la macchina fotografica sopra la mia testa, di modo che, con un poco di fortuna, le lenti avrebbero potuto penetrare l’oscurità delle luci riflesse nello spazio. Dunque, avrei dovuto faticare un po’, essere paziente, mantenere la posizione fino a quando non fossi riuscita a cogliere l’angolo e il momento.

Alla fine ho visto ciò che mi serviva: quella mistura veneziana che è il guardare l’aspetto significativo di un qualcosa, ma non il tutto di quel qualcosa. Mentre speravo di arrestare il tempo per quella frazione di secondo che mi avrebbe consentito di esprimere le mie sensazioni, le connessioni emozionali, che avrebbero potuto passare dalla mia visuale fino a quella dell’osservatore, in una continua serie di scambi misteriosi.

Glimpse of the Place of Sacrament

Hai descritto i tesori da “togliere il fiato” di Venezia, ed è davvero interessante la scelta delle tue parole perché spesso trovo che il tuo lavoro provochi una “inspirazione” invece che una “espirazione”. Questa immobilità che riesci a creare si manifesta grazie al soggetto oppure è un processo?
Forse non distinguo così bene tra soggetto e processo. So solo che devo acquietare me stessa psicologicamente e fisicamente prima di cominciare a fotografare, perché ciò che sono “dopo” mi è sconosciuto fino a quando non lo scopro. Specialmente a Venezia, il poema visivo che aneli ad ascoltare può venire suonato alla fine di una calletta, sopra la tua testa, nella luce che si riflette su una superficie sotto i tuoi piedi.

Il suono di un richiamo oppure dello schiaffo dell’acqua ti può far voltare nella direzione opposta, allontanarti dalle folle, andartene. E a quel punto il soggetto e la poesia, il significato di ciò che sto guardando, che è lì davanti a me, potrebbe rivelarsi.

Le ferite sulle superfici della pietra o degli affreschi, lo stucco slavato, sulle mura sbriciolate, tutti questi sono elementi che per me simboleggiano la Venezia più vera. Probabilmente è una delle città nel mondo più offese dal tempo e dall’umanità. Ma Venezia è la città dove il mito del sé durerà all’infinito e sopravvivrà all’invasione. Spero soltanto che non ci si dimentichi di appoggiare con delicatezza le mani sulle sue superfici, insieme perfette e imperfette dell’età, e chiederle perdono, prima di proseguire in silenzio.

San Michele avvolto nella luce

Sono molto colpita dal tuo uso della lingua. Sembra che tu esprima molte delle qualità che ritrovo nelle tue immagini: eleganza, eloquenza e profondità di pensiero Non sono rimasta poi così sorpresa nello scoprire che hai creato un libro di poesie e fotografie abbinate. Mi chiedo se linguaggio e fotografia siano una sola espressione del tuo spirito creativo, o se l’uno presagisca l’altro.

Sei incredibilmente generosa e ti sono molto grata per questo commento. Visione e suono, immagini di attimi e spezzoni di frasi sparse hanno fatto parte della mia infanzia. La gente parlava con spoglia, quasi ruvida e dolorosa poesia, che ho sempre trovato bellissima, ma quando ascoltavo quel tipo di poetica ero ben consapevole di vivere in uno luogo particolare, all’interno di un contesto specifico, fisico e visivo. Più tardi, quando sono stata in grado di leggermi, le due parole si sono assimilate in un unico significato.

Quando vedo qualcosa che mi smuove, che mi trapassa, mi arrivano quasi simultaneamente parole o frammenti di emozione/espressione.

Grazie di cuore per avermi invitata a partecipare a Dream of Venice in Black and White, e per l’opportunità che mi hai dato di parlare della mia relazione con Venezia.

Pietra con ponte

Immagine d’apertura in alto: “Sognare Venezia”

link:

Robynne Limoges
Dream of Venice in Black and White
JoAnn Locktov 
traduzione di Manuela Cattaneo della Volta

versione inglese

Robynne Limoges: messaggi indecifrabili ultima modifica: 2018-12-14T20:08:45+01:00 da JOANN LOCKTOV
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