Istituzioni sotto ricatto

L’iter legislativo della legge di bilancio è stato del tutto anomalo. Vi è stata illegittimità costituzionale, non soltanto regolamentare.
ADRIANA VIGNERI
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In queste ore le opposizioni in parlamento stanno tentando di far valere il loro diritto di discutere nei suoi contenuti la legge di bilancio, che è la legge più importante tra quelle che il parlamento è chiamato a valutare.

Come è noto, la legge è stata interamente riscritta dopo il confronto con la Commissione europea e consiste ora di un unico emendamento – composto di più di mille commi, nella sostanza articoli – che sostituiscono il testo precedente sul quale fin qui le camere hanno inutilmente lavorato. L’emendamento è uno, nella forma, ma nella sostanza si tratta di una legge con centinaia di articoli e più di mille commi che il parlamento non ha esaminato, dato che il testo del governo è stato presentato in senato il 22 dicembre, è andato in aula lo stesso giorno con un passaggio soltanto formale in commissione bilancio, dove ha ricevuto parere favorevole senza il normale lavoro che le commissioni fanno sui testi legislativi ed è stato approvato lo stesso giorno (la notte tra il 22 e il 23) con un voto di fiducia, senza che neppure l’aula abbia potuto pronunciarsi sui contenuti del testo. È infantile dare la colpa alla Commissione europea, che ha costretto a tempi lunghi: il governo sapeva perfettamente che il suo testo non sarebbe passato in modo indolore.

Mentre si scrive è in corso la discussione generale alla camera dei deputati, dopo un passaggio soltanto formale in commissione bilancio, dove il testo è pervenuto il 27 dicembre. Su di esso verrà chiesta la fiducia. È di tutta evidenza che il parlamento varerà un testo del governo approvato a scatola chiusa (altro che aprire il parlamento come una scatoletta di tonno). Secondo la nostra costituzione i testi che provengono dal governo vengono approvati (quando sono approvati) soltanto dopo che sono diventati un testo del parlamento perché esaminato, discusso, emendato e votato dalle assemblee legislative e loro commissioni (e questo è vero anche quando il testo finale rimane identico a quello iniziale).

Il punto ora è: si tratta della violazione di regolamenti parlamentari, dei regolamenti che disciplinano lo svolgimento del percorso legislativo, e su cui decidono le stesse camere, oppure si tratta anche e soprattutto di violazione della costituzione? La violazione è possibile, dato che nella costituzione vi sono norme che regolano il procedimento legislativo, non nei dettagli, ovviamente, ma in alcuni passaggi fondamentali.

È evidente che l’iter legislativo è stato del tutto anomalo. E personalmente penso che vi sia illegittimità costituzionale, non soltanto regolamentare. L’importanza della distinzione – violazione della costituzione o violazione soltanto dei regolamenti interni – sta nel fatto che la Corte costituzionale si è sempre rifiutata di considerare rilevanti le violazioni dei regolamenti di camera e senato, ritenendoli affari interni di ciascuna camera. Tutt’altra situazione se violata è una norma costituzionale.

La ragione per cui ritengo vi sia illegittimità costituzionale è che l’art. 72 della costituzione richiede che ciascun disegno di legge presentato a una camera sia, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla camera stessa, che l’approva articolo per articolo e poi con votazione finale.

L’ultimo comma dell’art. 72 aggiunge che per le leggi di approvazione di bilanci e consuntivi non si possono adottare procedimenti abbreviati o deferiti in commissioni.

So bene che il procedimento legislativo ha recentemente subito molti strappi, specie a causa dei maxiemendamenti, ma mai era successo che un maxiemendamento, che sostituisce l’intero testo del disegno di legge di bilancio inizialmente presentato dal governo, non fosse neppure esaminato in commissione. Per la fretta di approvarlo entro la fine dell’anno in corso ed evitare così l’esercizio provvisorio.

In sintesi, il governo ha azzerato la possibilità non soltanto emendativa, ma anche conoscitiva delle assemblee legislative. Ha escluso il lavoro parlamentare su di una legge che condiziona tutto l’andamento politico dell’anno successivo.

Vi ricordate lo scandalo sollevato per la riforma costituzionale del 2006, che avrebbe attribuito al governo troppi poteri, una prevalenza eccessiva del governo sull’organo rappresentativo? Ora abbiamo una maggioranza che l’organo legislativo lo azzera senza la necessità di passare per una faticosa e lunga riforma costituzionale.

Come ha scritto Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa del 27 dicembre scorso, lo smottamento di un sistema istituzionale può iniziare con un piccolo episodio e diventare poi una valanga.

Ma non intendo qui approfondire questi aspetti, non intendo soffermarmi a discutere delle argomentazioni giuridiche. Né se un singolo parlamentare o un gruppo parlamentare possa ricorrere avanti la Corte costituzionale. Do per acquisito che vi siano quanto meno seri dubbi di costituzionalità della legge di bilancio che uscirà da questo percorso. Si tratta di dubbi seri su di una questione che non può essere considerata minore, trattandosi della legge più importante di un intero anno, per l’indirizzo politico che esprime e per la quantità delle materie che affronta.

Vorrei riflettere piuttosto sulla posizione che in questa situazione hanno le nostre autorità di garanzia, presidenza della repubblica e Corte costituzionale. La Corte costituzionale si pronuncerà se adita (se le verrà proposta nei modi previsti la questione), e qui si pone appunto il dubbio se la questione di costituzionalità possa essere sollevata da un gruppo parlamentare di opposizione (dato che palesemente non sarà sollevata dalla presidenza di una delle due camere). Mentre il presidente della repubblica ha poteri diversi di iniziativa, può rinviare la legge alle camere se ha seri dubbi di costituzionalità.

L’esercizio di questi poteri, in particolare del potere di rinvio del presidente, porterebbe a superare la data del 31 dicembre senza legge di bilancio e quindi all’esercizio provvisorio, che significa una semi paralisi, stante l’obbligo di spendere in dodicesimi. Diciamo quindi che l’esercizio di quel potere – essendo il termine ormai quasi scaduto – produce necessariamente l’esercizio provvisorio, con tutte le sue conseguenze, su cui tornerò.

Produce anche altre ripercussioni: un possibile innalzamento del costo degli interessi che paghiamo sul nostro debito (anche se l’esercizio provvisorio in realtà significa risparmio), come effetto di una situazione di crisi istituzionale; un notevole deterioramento dei rapporti tra gli organi costituzionali, con aggressioni e insulti al presidente della repubblica che rinviasse la legge alle camere, e conseguente perdita del suo ruolo di moral suasion; probabilmente anche una sollevazione di parte dell’opinione pubblica che – debitamente aizzata – si sentirebbe defraudata del reddito di cittadinanza. L’occasione per dei gilets jaunes all’italiana. È comprensibile che tutte queste circostanze vengano valutate, per individuare il male minore. 

Siamo quindi in una situazione in cui la costituzione potrebbe non essere adeguatamente tutelata, per il rischio di produrre un danno maggiore di quello sicuramente derivante da uno “sgarro” costituzionale di questa portata. La scelta tra due reazioni ugualmente dannose che rischiano seriamente di modificare, senza voti e referendum, la nostra repubblica parlamentare.

Ormai è tardi. Ma ci chiediamo: l’esercizio provvisorio di un mese (al massimo possono essere quattro i mesi di esercizio provvisorio, art. 81 Cost.), concordato tra governo e parlamento sotto l’egida del presidente della repubblica per consentire alle assemblee legislative di svolgere i loro compiti costituzionali, sarebbe stato un grave danno? O forse sarebbe stato decisamente rifiutato?

Istituzioni sotto ricatto ultima modifica: 2018-12-29T19:50:17+01:00 da ADRIANA VIGNERI
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