Quante promesse, quante minacce, quante chiacchiere negli ultimi sei mesi.
In settant’anni, dacché siamo Repubblica, l’Italia in fatto di governo ha conosciuto di tutto: governi ponte, governi balneari, governi di transizione, governi di scopo, governi di coalizione, governi monocolore, governi a maggioranza variabile, governi di minoranza, governi tecnici, governi istituzionali o del Presidente (della repubblica). Ci mancava il governo “di contratto”; sei mesi fa ce lo siamo regalato.
Oddio, volendo provare tutti, ma proprio tutti i governi possibili, ci sarebbe ancora a disposizione: il governo degli incompetenti.
Il governo degli incompetenti, nei Paesi ove se lo possono permettere, viene preceduto da governi fatti da imbonitori e chiacchieroni. Da politici, spesso giovani (non è richiesta esperienza e conoscenza), che devono essere “padroni” dei social network. Devono dichiarare a getto continuo, così gli istituti di sondaggio fanno crescere il consenso. Al calar delle tenebre, caso mai, veloci a smentire e correggere, tanto il sonno resta tutto e domani è un altro giorno…
Bisogna vincere, giorno dopo giorno, la gara virtuale dei sondaggi, per condizionare e/o ricattare “il socio”, vincolato dal contratto.
Per fortuna non è il nostro caso! Non succede in Italia. Noi non abbiamo un governo di incompetenti. Chi pensa questo, pensa male. È di sinistra o berlusconiano.
A capo del governo abbiamo Conte, un professore universitario, che si è subito presentato come avvocato degli italiani (già, quando uno ha bisogno dall’avvocato…). Un “carneade”, sconosciuto solo sei mesi fa. Mai passato per un qualsiasi test elettorale, neppure nel proprio Comune di nascita o residenza. Fornito però di un gran curriculum professionale e di una buona conoscenza delle lingue straniere, dice lui.
Nei primi sei mesi da presidente del consiglio, il professor Conte si è trovato come il vaso di terra cotta tra due vasi di ferro, i firmatari del contratto.
È stato costretto a sostenere e difendere per mesi in ambito europeo proposte che, lo si vedeva chiaramente, non condivideva, una su tutte il famigerato reddito di cittadinanza. Provvedimento che impegna nel bilancio del Paese più indebitato d’Europa ben sette miliardi per il reddito di cittadinanza. Che piace a quella parte del Paese che non ci piace, ha sentenziato il dottor Sottile della Lega, Giancarlo Giorgetti.
Nuova formula, vecchia malsana abitudine assistenzialistica.
Ai tempi della prima repubblica abbiamo avuto le false pensioni di invalidità, le assunzioni abnormi negli enti pubblici, le guardie forestali più numerose del pianeta.
Dal 2019, in aggiunta e non in sostituzione, anche il reddito di cittadinanza. Sostituirà il reddito da lavoro regolare, che non c’è. Favorirà il reddito da lavoro in nero che c’è da sempre.
Altro provvedimento, quota cento, riguarda il comparto pensioni, c’è solo da sperare sia graduale e vada prioritariamente a beneficio di chi ha sostenuto lavori usuranti.
In una vecchia e simpatica pubblicità, che andava in onda nel mitico carosello televisivo del passato, si cantava: “…Gigante, pensaci tu!”. Ora mi va di ringraziare l’Europa con lo stesso refrain: “…Europa, pensaci tu!”. Anche per il futuro.

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