La terza età comincia a settantacinque anni

Aspettative di vita più lunghe, meno patologie e nuovi stili di vita. Per i geriatri ormai diventiamo vecchi sempre più tardi.
VITTORIO FILIPPI
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È come un bellissimo regalo di Natale: di colpo sono “scomparsi” in Italia circa sei milioni di anziani, mezzo milione solo in Veneto. Scomparsi non per un errore statistico né tantomeno – fortunatamente – per chissà quale letale pandemia. No, semplicemente perché all’annuale congresso dei geriatri italiani, tenutosi qualche giorno fa, si è proposto di alzare sensibilmente l’asticella che definisce l’anzianità. Convenzionalmente si considera anziana una persona che ha compiuto 65 anni. Ora i geriatri propongono di definire anziano – entrando così nella cosiddetta terza età – chi compie 75 anni allungando sensibilmente, di conseguenza, la fase adulta e tardo-adulta.

L’idea non è frutto di un ottimistico maquillage sociale. Nasce invece dalla ragionevole constatazione di tre tendenze che sono maturate in questi ultimi tempi. La prima è data da un’aspettativa di vita allungatasi incredibilmente – con un guadagno di vent’anni rispetto ad un secolo fa – e che oggi sfiora gli 83 anni (85 per le donne, ma la forbice con i maschi si va riducendo). Con due osservazioni importanti: la prima è che i guadagni di sopravvivenza premiano proprio le età più elevate, la seconda che la longevità benedice il nordest, in particolare il Trentino, il Veneto, l’Emilia, regioni in cui vive un quinto dei sedicimila centenari italiani.

La seconda tendenza è data dalla capacità di spingere o ritardare le patologie verso gli anni terminali della vita, per cui oggi la multimorbilità e l’ospedalizzazione riguarda soprattutto gli ultra settantacinquenni. Questa “compressione” delle malattie libera di conseguenza un numero maggiore di anni da vivere in assenza di patologie gravi e invalidanti. Per cui, constatano i geriatri italiani, oggi un sessantacinquenne ha la forma fisica e cognitiva di un quarantacinquenne di trent’anni fa e un settantacinquenne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980.

La terza tendenza è invece più socioculturale. Perché anche dal punto di vista della mentalità e dei comportamenti il settantenne di oggi non è più quello di qualche decina di anni fa. Ha respirato l’aria libertaria del Sessantotto e degli anni Settanta ed è divenuto consumista, secolarizzato, informale, scolarizzato. Lo si vede dagli stili di vita e dai valori che un settantenne oggi fa propri.

Secondo la ricerca “Generazione 55 special” condotta da Ipsos, in Italia nove anziani su dieci sono in buone condizioni e la metà autonoma fino agli 80 anni; inoltre più di otto senior italiani su dieci sono soddisfatti della propria vita, pur ammettendo (la metà) che la loro condizione è peggiorata rispetto al passato.

Viviamo un paradosso curioso: la vita si allunga ma si riesce a essere con buon successo sempre più giovanili. Insomma, per dirla con le parole del filosofo Giambattista Vico, “il mondo è giovane ancora”. Anche nel nordest longevo.

La terza età comincia a settantacinque anni ultima modifica: 2019-01-08T10:31:04+01:00 da VITTORIO FILIPPI
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