Ieri sera abbiamo assistito – di fronte al teleschermo – ad un furibondo confronto tra la ministra della funzione pubblica Giulia Bongiorno e Massimo Cacciari a proposito del decreto sicurezza. La ministra sosteneva che le leggi vanno comunque applicate (il riferimento era alla contestazione da parte di alcuni sindaci, ad esempio Orlando di Palermo e Nardella di Firenze). Massimo Cacciari tentava invano, fino al parossismo, di alzare il livello della discussione.
Il tema sostanziale era naturalmente la politica dell’immigrazione, sulla quale i due interlocutori hanno posizioni distanti tra loro. Ma non è su questo che qui ci soffermiamo. Merita invece un chiarimento la questione, più semplice ma più generale e di interesse generale: le leggi vanno comunque applicate?
Risposta: dipende. Dipende dalle ragioni per cui non si vorrebbe osservare, applicare quella legge. Può capitare a funzionari pubblici, a privati cittadini, perfino a giudici, di non voler applicare una legge. Ognuno di questi casi ha regole diverse, che dipendono dalle loro diverse posizioni nella società. Ma prima di tutto vediamo quali sono le ragioni per le quali ci si può rifiutare di applicare la legge.
Semplificando, chi ritiene che la legge che dovrebbe applicare o osservare sia incostituzionale può non osservarla. Sia un privato cittadino che un funzionario pubblico. Un vizio di costituzionalità, non altri presunti difetti.
Il privato cittadino può in tal caso non osservare la legge, ma lo fa a proprio rischio. Se poi la Corte costituzionale decide che la legge non è contraria alla Costituzione, chi non l’ha osservata ne pagherà le conseguenze, secondo le specifiche circostanze. Se invece la Corte decide positivamente, avrà avuto ragione a rifiutarsi di applicare quella legge e non subirà alcun danno.
Per i sindaci che contestano il decreto legge sicurezza (convertito in legge) il discorso è analogo: non sono “tenuti” ad applicare la legge che ritengono incostituzionale, ma devono provocare il giudizio della Corte e rimettersi a quello. Nel nostro ordinamento soltanto le regioni, e non i comuni o le provincie, possono sollevare direttamente questioni di costituzionalità avanti la Corte, ma è possibile instaurare un giudizio ordinario o amministrativo, e in quello sollevare la questione di costituzionalità. O semplicemente attendere la sentenza provocata dal ricorso di qualche regione. Se avranno torto risponderanno dei danni che eventualmente avessero provocato nel frattempo non osservando la legge. Come dicevamo, a loro rischio e pericolo.
In questo caso, in cui la critica riguarda la violazione di principi costituzionali, una polemica fondata tutta sull’affermazione che “anche i sindaci debbono rispettare la legge” non ha senso, tanto più se sostenuta da persone “competenti”.
Vien da dire piuttosto che in queste situazioni – leggi ritenute incostituzionali dall’opposizione, e forse non solo – l’ultimo baluardo è la Corte costituzionale. Il presidente della repubblica, infatti, in pochi casi può rinviare una legge alle Camere, e mai con effetti risolutivi.
C’è da sperare che il prossimo obiettivo dell’attuale maggioranza non sia proprio la Corte costituzionale.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!