L’Ulivo è un desiderio sempreverde

Un libro del politologo padovano Andrea Colasio ricostruisce con rigore una stagione promettente della vita politica italiana, consegnata alla storia eppure ancora di grande attualità
GIOVANNI TONELLA
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Il testo di Andrea Colasio, Il tempo dell’Ulivo (Il Mulino, 2018) ci permette di seguire in tutte le fasi la stagione dell’Ulivo, dall’idea genetica all’indomani delle elezioni del 1994, le prime della cosiddetta Seconda repubblica e del maggioritario, alla parabola conclusiva, con la fine del governo Prodi I e la nascita dell’Asinello. Si tratta di un saggio di ricostruzione storica e politologica che ha il pregio della tempistica: potremmo infatti dire che appare alla giusta distanza dagli eventi. Possiamo considerare quanto è avvenuto con una certa oggettività e potendo contare su numerosi punti di vista e documenti.

Il saggio di Colasio è, in tal senso, completo nell’analisi, utilizza elementi quantitativi e qualitativi, unendo un approccio politologico a quello sociologico. Utilizza soprattutto materiale originale del primo Nucleo organizzativo dell’Ulivo e quindi il materiale relativo alla sua ideazione e alla vicenda dei Comitati per l’Italia che vogliamo. Si vede tra le righe l’impostazione di sociologia politica che si affida ad una prospettiva che tiene insieme la lezione funzionalista con quella dell’etnometodologia. Insomma intravvediamo l’ispirazione per inciso da Michel Crozier e Erhard Friedberg, Attore sociale e sistema. Sociologia dell’azione organizzata.

Inoltre, il testo è ricco perché ci restituisce anche una dimensione di analisi sulle politiche pubbliche: in generale, quelle che portò avanti Prodi con innovazione e da arbitro di una coalizione con il vincolo dell’obiettivo Europa; ma anche, in particolare, il testo ci fa comprendere quanto pesino le politiche costituzionali – secondo la celebre classificazione di Theodor Lowy – ossia quelle che i partiti fanno su loro stessi (le regole e il campo da gioco).

Ebbene, la fase dell’Ulivo coincide con una fase di ristrutturazione del sistema politico, degli attori, il che inevitabilmente mette in luce dinamiche legate alla forma partito, al sistema politico e alle ambizioni dei vari leader politici. Una partita a scacchi che viene seguita con puntualità e approccio critico. È chiaro che da questo punto di vista la partita a scacchi è soprattutto quella tra il progetto di Prodi, ossia quello dell’Ulivo, che nasce come partito a fianco del Pds, per poi diventare il “soggetto coalizione” preparatorio per un partito unico del centrosinistra (senza trattino), il futuro Pd, e la vocazione egemonica del Pds guidato da D’Alema, che intendeva ancorare il baricentro su di un partito del socialismo europeo, senza escludere uno sbocco futuro unitario, ma chiaramente di segno, almeno dal punto di vista simbolico, socialdemocratico.

Diciamo che la fase del maggioritario bipolare ha visto una sua interpretazione in senso proporzionale, mentre oggi stiamo forse vivendo una fase opposta e speculare. Il pregio del testo è che vuole comprendere le dinamiche profonde e quindi collocare le azioni individuali all’interno di una loro reazione reciproca con la logica delle interazioni organizzative. Le organizzazioni hanno una loro inerzia, una loro logica, dei ruoli, dei mercati e delle modalità precise che condizionano gli attori, ma a loro volta ne sono condizionate.

Da questo punto di vista il gioco a scacchi non è mai tra individui, ma è tra opzioni organizzative e di allocazione di potere. Elemento decisivo in rapporto alla strutturazione del sistema politico diventa sempre l’opzione istituzionale ma soprattutto la tipologia di legge elettorale: la vicenda del maggioritario in Italia sarà sempre contrastata da una logica proporzionale legata alla sopravvivenza dei soggetti politici costituiti, forti più o meno di tradizioni e risorse simboliche da utilizzare.

Tornando al testo, esso si divide in sette capitoli che appunto ripercorrono la vicenda dell’Ulivo. Innanzitutto Colasio si sofferma nel primo capitolo sul cambiamento politico avvenuto prima delle elezioni del 1994. Siamo nella fase di vera e propria trasformazione della Repubblica in base alla spinta dei referendum elettorali e in base alla crisi di Tangentopoli: i partiti della Prima repubblica devono affrontare una situazione veramente inedita e di profonda crisi, e in questo contesto la figura di Prodi emerge come potenziale figura di accordo tra la Dc e il Pds.

L’incontro non avviene perché segretario del Pds è Occhetto e vi è invece la nascita del governo Ciampi. Interessanti sono gli argomenti che individuano come fosse allora D’Alema interessato a una convergenza con la Dc su Prodi, in una logica coalizionale, che poi si riproporrà tre anni dopo.

Nel secondo capitolo Colasio affronta la genesi dell’idea dell’Ulivo, che in origine nasce come ipotesi di partito di sintesi delle forze di centrosinistra non riferibili alla tradizione postcomunista. Il nodo viene sciolto verso un’ipotesi invece di partito coalizione dell’intero centrosinistra.

Nel terzo capitolo si analizza la fase organizzativa dei Comitati per l’Italia che vogliamo e il rapporto della formazione dell’idea dell’Ulivo con il movimento dei sindaci. Non vi è dubbio che nella prima fase della Seconda repubblica nel campo del centrosinistra il fenomeno dei primi sindaci eletti direttamente si rapporta con l’Ulivo come proiezione di una soluzione di soggetto politico unitario del centrosinistra in una democrazia maggioritaria competitiva. Nell’analisi tuttavia si dà conto delle ambiguità, dei limiti e della tensione tra il progetto Ulivo-partito e invece la realtà dell’Ulivo-coalizione di partiti, che andrà a depotenziare i comitati Prodi.

Romano Prodi (foto Dire)

Questa tensione tra Ulivo e partititi viene poi ulteriormente indagata nel capitolo successivo, il quarto, in cui diventa emblematica la scrittura dello stesso programma dell’Ulivo, terreno del partito programma della democrazia maggioritaria e competitiva, ma anche sintesi della spinte dei partiti e quindi punto di equilibrio della coalizione.

Nel quinto capitolo si tratta della vittoria dell’Ulivo, la prima vittoria di una coalizione unitaria che si propone davanti agli elettori, che produce una legittimazione diretta dell’elettorato nei confronti del leader della coalizione, Romano Prodi.

Nel sesto capitolo si indagano le ragioni organizzative della tensione già delineata nella fase del governo dell’Ulivo: emerge il dualismo con il progetto della “cosa due” di D’Alema, non tanto in realtà in rapporto all’orizzonte della democrazia dei leader maggioritaria, ma in relazione a una vera e propria latente conflittualità per la leadership coalizionale in cui il punto di debolezza di Prodi è che non è, in realtà, leader di un partito. In questo senso prevale la logica del partito nei confronti di quella del rapporto diretto con l’elettorato.

La vicenda della Bicamerale si inscrive anch’essa all’interno di questa vicenda. Le conclusioni, infine, sono dedicate alla caduta del governo Prodi, caduta che accelera logiche già in atto e che vede protagonista da un lato Cossiga e dall’altro Bertinotti, che già l’anno prima aveva portato sull’orlo della crisi il governo ed era impegnato in una scontro di leadership all’interno di Rifondazione comunista. D’Alema viene nella sostanza assolto dalla responsabilità di un complotto ordito ai danni di Prodi, ma viene comunque imputato di essere stato il protagonista di un progetto alternativo che ha posto le basi per un indebolimento della vicenda dell’Ulivo, secondo l’orizzonte ulivista e prodiano.

Del volume ha un particolare significato in termini esplicativi, inoltre, anche la prefazione di Arturo Parisi, che indubbiamente centra la questione in relazione a che cosa sia stato l’Ulivo: un desiderio innanzitutto!

Torneremo su questo punto alla fine. Torniamo all’analisi del testo: Colasio, dicevamo, ripercorre tutte le tappe storiche dell’Ulivo, fin dall’iniziale investimento potenziale su Prodi, ben prima della nascita del governo Ciampi. Prodi diventa da subito un punto di riferimento, architrave, per produrre un’alleanza tra il centro cattolico e la sinistra postcomunista. Dentro questo scenario si struttura l’ipotesi dell’Ulivo, che diventa prima una ipotesi di nuovo partito di centrosinistra accanto ai postcomunisti, per poi diventare il desiderio di un processo di unificazione più vasto che appunto mobilita una partecipazione dal basso legata al desiderio di una nuova Italia, al di là dei fallimenti della Prima repubblica, in grado di coinvolgere e mobilitare i cittadini senza la mediazione dei partiti, in crisi di funzione storica.

Romano Prodi

Qui servirebbe un approfondimento di ordine filosofico-politico sulle aporie della rappresentanza politica. Tale processo di unificazione che avrebbe prodotto l’interpretazione adeguata della fase maggioritaria vive però nell’ambiguità politica dei tempi e dell’allineamento tra le ambizioni egemoniche dei partiti già strutturati e le condizioni dell’unificazione, e quindi della dialettica dell’Ulivo come partito coalizionale o coalizione dei partiti (con le loro dinamiche interne e i loro rapporti di forza).

Dentro questo campo di tensioni, attraversato dal desiderio di una base che si contaminava e si intersecava, specialmente in termini elettorali, vanno appunto ricondotte e interpretate le azioni dei soggetti che spesso sono assolutamente trasversali per collocazione politica e semmai rispondono di più alla resistenza delle parti rispetto al desiderio del tutto.

Importante è che l’ottica di Colasio è su questo piano scientifica e puntuale: non semplifica accettando facili letture, come quella della teoria del complotto, ma appunto comprende le dinamiche di fondo di natura organizzativa e culturale, le reciproche valutazioni, le condizioni oggettive, le legittimità delle posizioni e degli interessi, le cornici cognitive e i limiti degli attori.

Il desiderio di unità e di una nuova Italia riformata, in cui al bizantinismo della politica e alla sua lotta sterile si sostituisca l’efficacia del governo e la capacità di partecipazione politica direttamente al cittadino, è un desiderio, un impulso, una spinta che ritroviamo ancora, anche ambiguamente innervante cose del tutto contraddittorie: quello che colpisce è che tale desiderio potesse essere interpretato secondo una torsione positiva che, con una azione di governo innovatrice, inclusiva e da arbitro delle forze migliori del paese, fosse in grado di far raggiungere a una comunità politica grandi risultati di rinnovamento.

È stato questo, tutto sommato, il desiderio che non è rimasto tale e allo stesso tempo il desiderio che può ritornare, che ritorna, come motore di un’azione politica che ricomincia di fronte e nonostante difficoltà e fallimenti.

Concludo con una nota di natura personale e un invito.

La prima: mi fa molto piacere recensire questa fatica di Andrea Colasio, studioso dei partiti politici, scienziato politico e politico, esperto di politiche culturali, deputato e assessore alla cultura di Padova, una persona che ho conosciuto nella mia esperienza in segreteria regionale del Pd del Veneto di alcuni anni fa e a cui avevo ricordato un libretto di Prodi in cui si proponeva l’Ulivo come partito-coalizione accanto al Pds.

Ho poi sempre incoraggiato Colasio a portare a termine questo progetto, sapendo che aveva avuto accesso alla documentazione del comitato nazionale dei Comitati Prodi. Aggiungo che io stesso ho iniziato la mia militanza durante quell’esperienza dei Comitati per l’Italia che vogliamo.

L’invito è quindi molto prevedibile per il lettore: leggete il libro di Colasio, per avere strumenti di analisi e di comprensione e per ritornare al miglior desiderio politico. 

L’Ulivo è un desiderio sempreverde ultima modifica: 2019-01-11T12:38:31+01:00 da GIOVANNI TONELLA
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