Parigi, nuovi guai in vista per Airbnb

Multe record, limiti agli affitti, obblighi di registrazione. E non è finita qua. Al comune di Parigi qualcuno avanza l’idea di proibire Airbnb in alcuni quartieri della città.
MARCO MICHIELI
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[Parigi]

Tempi duri per Airbnb, Abritel-HomeAway, Le Bon Coin e servizi simili. A Parigi, così come in tutta la Francia. Non solo il 2018 è stato l’anno delle norme “anti-Airbnb” – il limite di centoventi giorni di affitto turistico per anno e l’obbligo di registrazione comunale – ma anche l’anno record di raccolta delle multe: più di due milioni di euro soltanto a Parigi. Nel 2017 le multe ammontavano a un milione e trecento mila euro.

Di cento e cinquantasei appartamenti oggetto di multe la maggior parte tornerà ad essere abitazione. Solo otto saranno convertiti in locazione turistica professionale. Anche se il cambio d’uso non sarà una semplice formalità dato che in materia il comune di Parigi usa il contagocce.

E la guerra del comune di Parigi contro Airbnb e affini non sembra volersi fermare. Ian Brossat, vice sindaco di Parigi e assessore alla casa, vuole che Airbnb e gli altri siano ritenuti corresponsabili e condividano le multe coi proprietari.

Ian Brossat, assessore alla casa del comune di Parigi

Da subito il comune aveva minacciato di utilizzare i poteri che una nuova legge – la legge sull’evoluzione dell’abitazione, della costruzione e del digitale o legge Elan – gli attribuiva: la possibilità di sanzionare le piattaforme digitali fino a 12.500 euro per annuncio illegale.

Airbnb aveva dovuto piegarsi al comune e dal primo gennaio ha infatti reso automatico il blocco dell’annuncio sulla propria piattaforma, qualora questa superi il limite dei centoventi giorni per anno. Una misura che si applica alle città più grandi e alle maggiori destinazioni turistiche francesi.

E per tutelarsi Airbnb ha stretto anche un accordo con Abritel-HomeAway, Le Bon Coin altri servizi concorrenti per scambiarsi i dati, in modo da evitare che un annuncio bloccato in un sito possa essere pubblicato su un altro.

La società californiana ha sottolineato comunque che le cifre comunicate dal comune di Parigi sulle multe comminate rappresentano lo 0.2 per cento di tutti coloro che utilizzano le piattaforme on line per mettere in affitto i loro appartamenti. E, malignamente, ha aggiunto:

Non finiremo mai di sperare che il comune di Parigi cessi di servire gli obiettivi delle grandi lobbies del mondo alberghiero e lavori con noi per migliorare lo sviluppo di un nuovo settore economico, ricco di opportunità per i parigini e per l’economia locale.

Ma Brossat, che sarà capolista della lista del Parti communiste français alle prossime elezioni europee, sembra però voler spingersi ancora più in là. Il prossimo obiettivo? Il divieto puro e semplice per Airbnb di operare in certi quartieri o arrondissement: una questione che sarà centrale anche alle prossime elezioni comunali che si svolgeranno nel 2020 a Parigi (e Hidalgo dovrà vedersela col desiderio di Emmanuel Macron di conquistare la città).

Perché per Brossat e per il comune Airbnb e gli altri sono responsabili della diminuzione dell’offerta locativa e dell’aumento dei prezzi nella capitale, dove il prezzo medio al metro quadrato ha passato i 9.550 euro ad ottobre dell’anno scorso. E sopratutto dell’emorragia di cittadini parigini.

Secondo gli ultimi dati Insee, la popolazione parigina è in diminuzione da molti anni: è passata dai 2.500.000 abitanti nel 2011 a 2.200.000 circa nel 2016. Una controtendenza rispetto alle altre grandi città francesi. Parigi inoltre è la sola città dell’Ile-de-France a perdere abitanti. I comuni della petite couronne e della grande couronne hanno visto invece un aumento delle popolazione (rispettivamente da 4.445.000 a 4.588.000 e da 5.157.000 a 5.338.000). E Brossat non ha dubbi:

il prezzo dell’abitazione impatta ovviamente in maniera pesante la demografia parigina. E lo sviluppo delle locazioni turistiche illegali e delle residenze secondarie ha anch’esso un impatto negativo perché di fatto sono abitazioni che esistono ma che non servono più per ospitare dei parigini […] Una cosa è sicura: Parigi rimane una città attrattiva. Le persone non partono perché la qualità della vita non è buona.

Secondo Le Parisien però la città di Parigi sconta anche un deficit di natalità: si fanno meno figli nella capitale e in più tarda età. E molto probabilmente non dipende solo da Airbnb e simili.

Parigi tuttavia non è la sola grande città ad affrontare i giganti dei servizi di ospitalità. E non è la sola ad avere difficoltà di relazione con Airbnb e gli altri. È di questi giorni la notizia della sconfitta davanti ad un giudice federale della città di New York a vantaggio di Airbnb.

La città di New York ha delle regole molto severe in materia di affitti turistici: un appartamento può esser affittato solo trenta giorni all’anno, a meno che il proprietario non risieda nello stesso tempo nell’appartamento.

Il sindaco di New York Bill De Blasio e il comune avevano poi approvato una normativa che, da febbraio, avrebbe obbligato Airbnb e siti simili a fornire alla città tutte le informazioni sugli affitti brevi – cioè l’identità e gli indirizzi degli affittuari – allo scopo di reprimere gli abusi.

Bill De Blasio, sindaco di New York

Airbnb e le altre società avevano quindi fatto ricorso al giudice federale poiché quella normativa costituiva una violazione della privacy degli host. La normativa del comune avrebbe anche richiesto agli host di elencare se l’abitazione fosse la loro residenza principale e se l’intera unità o una parte di essa fosse disponibile per l’affitto a breve termine. La mancata comunicazione delle informazioni avrebbe comportato una multa.

Per ora la normativa del comune è stata bloccata in attesa della risoluzione del contenzioso.

L’offensiva delle città contro i servizi di hosting sembra crescere di intensità. Quel che è certo è che Airbnb e gli altri non staranno a guardare.

Parigi, nuovi guai in vista per Airbnb ultima modifica: 2019-01-14T12:55:26+01:00 da MARCO MICHIELI
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