Sono passati solo cinque anni da quando hai preso per la prima volta la macchina fotografica con l’idea di far combinare il viaggio con un progetto creativo. E già il tuo lavoro dimostra una visione stilistica molto matura.
Ho compreso molto presto che ero alla ricerca di immagini evocative, contemplative e monocromatiche. Nel giro di un anno ho cominciato a riportare quel tipo di estetica nel mio lavoro personale. Era in realtà una risposta molto intuitiva: non avevo una visione creativa e credo che avrei fatto fatica a spiegare perché avessi creato proprio in quel modo le mie immagini.
Qualche anno fa ho cominciato a scrivere sulla mia fotografia: sviluppando le mie asserzioni d’artista, pubblicando post sul blog, scrivendo articoli in merito e così via. Fu una trasformazione; mi richiese riflessione, studio e autoesaminazione per far sì che riuscissi a esprimere il mio pensiero e il mio sentire. Il processo di scrivere del mio lavoro mi ha fatto affrontare nuove idee e nuove prospettive nel guardare il mondo, e mi ha aiutato a comprendere perché la fotografia risuona in me, cosa mi ispira, cosa voglio esprimere attraverso le mie immagini e perché le mie immagini sono proprio così. Tutte quelle idee si sono fuse nella produzione di una visione creativa che è il fondamento su cui ho costruito e continuo a raffinare il mio portfolio.
L’acqua, in tutte le sue forme, è spesso al centro delle tue immagini. Perché provi questa attrazione e, in particolare, cosa ti dice la laguna di Venezia?
Adoro essere vicino all’acqua, amo soprattutto il mare. Lo spazio, il vuoto, il mormorio delle onde… Decomprime la mia mente e rilascia la mia creatività. Come amante dei viaggi, amo anche la promessa del mare: sussurra di paesi lontani e ci ricorda della nostra comune umanità. Dal punto di vista creativo, inserire l’acqua in un’immagine semplifica la composizione e crea un senso di spazio; e utilizzando tempi differenti di esposizione posso influenzare la percezione del tempo di chi guarda. Ci sono numerosi luoghi d’acqua che sono particolarmente ispiranti e ai quali ritorno spesso, ma la laguna di Venezia occupa un posto speciale nel mio cuore. Sono toccata dalla sua fragilità, la sua unicità, la sua audacia nell’esistere, i suoi contrasti, la sua luce, la sua bellezza sublime, il suo romanticismo. Ci sono momenti, quando la laguna e il cielo sembrano unirsi in un unico strato d’argento satinato, che mi sento come sul limite del mondo. Non esiste un altro posto così. Chi visita Venezia e si limita al centro della città non ha idea di ciò che perde.
Il paradosso del tuo lavoro è che sebbene non fotografi mai persone le tue immagini rispecchiano grande umanità. Sono sospese nel tempo, lontano dalla cacofonia della vita, e ci invitano ad abbracciare la contemplazione e l’introspezione. Quanto il tuo interesse nella filosofia buddhista zen del “Ma” ti ha indirizzato verso questa “pausa visiva” che immetti nelle tue fotografie?
Sono rimasta affascinata dal Giappone sin da quando il mio padrino mi regalò un libro sul Paese, ed ero ancora una bambina. Mi sono invece avvicinata alla concezione “Ma” solo molto recentemente. È piuttosto sorprendente perché, in Giappone, “Ma” è un modo di vivere ed è parte intrinseca dell’arte e della cultura nipponica. Tradotto in maniera grezza, “Ma” significa “divario” “spazio” “pausa” o “il vuoto tra due parti”. È anche inteso sia come spazio fisico sia come pausa nel tempo. Si propone in modi diversi ma alla fine “Ma” è il tempo e lo spazio in cui noi sperimentiamo la vita; crea quel momento di consapevolezza e di riflessione pacata di cui abbiamo bisogno per pensare e immaginare in modo da crescere, permettendoci di sentire in profondità il valore di un’esperienza.
Scoprire il concetto di “Ma” è stata una rivelazione, concentrando i così tanti aspetti della mia fotografia: l’atto del fotografare crea il “Ma” nella mia vita, il modo in cui le mie foto si mostrano è un’espressione del “Ma”, e il senso di introspezione e pacata contemplazione nelle mie immagini incoraggia chi guarda a cercare, a trovare il proprio momento “Ma”.
Hai scritto a proposito delle miriadi di caratteristiche presenti quando tu fotografi: conoscenza, esperienza e tecnica artistica, coraggio e determinazione, visione, e speranza. Potresti per favore ampliare il discorso per quel che riguarda la preparazione del tuo lavoro?
Tutte le mie immagini sono in esterno. Ciò vuol dire che per quanto io conosca il posto, organizzi uno scatto, o abbia una determinata visione di ciò che voglio esprimere, ci può essere sempre e comunque un elemento sconosciuto o incontrollabile. Una parte significativa della fotografia consiste nel presentarsi a una certa ora e sperare che avvenga quel qualcosa di magico. Spesso non accade. Ma ogni tanto, se ti presenti più volte, la pazienza e la dedizione vengono premiate con qualcosa di meraviglioso che ti accresce non soltanto come fotografo ma come persona. Per me, quel senso di speranza e di anticipazione è ciò che rende la fotografia così gratificante e piacevole. Ed è il perché l’esperienza fotografica è importante tanto quanto l’immagine che riproduco.
L’immagine di copertina per il libro (“Dream of Venice in Black&White” n.d.t.), è stata presa in sette minuti di una perfetta combinazione di tempo, luogo e clima. Puoi condividere con noi come ogni pezzetto del puzzle ha contribuito nel farti sentire durante quello scatto?
La foto di copertina è l’apice di un viaggio magico fatto nel gennaio 2017. Era tremendamente freddo ed è stata la prima volta che ho visto la neve a Venezia, e mi è piaciuto da morire. Quando ho sistemato il mio treppiede in Dogana alle Zattere ero già completamente appagata da quel viaggio. Quel luogo è uno dei miei preferiti al tramonto: fissare il treppiede in quell’area è ormai spesso una scusa per guardare i cambi di luce sottili della laguna nelle onde e le facciate dei palazzi. Quando la bruma ha cominciato a sorgere dalla laguna mentre il sole spariva sotto le onde ho sentito una marea di emozioni: meraviglia e stupore di fronte alla magnificenza di quella vista, eccitazione, gratitudine nell’esserne testimone (specialmente per aver montato camera e treppiede) e benedizione per poter condividere quel momento con un’amica. Ho anche avuto un momento di panico; la bruma durava poco tempo e volevo assolutamente riprendere quel momento! Ma se anche non avessi ripreso quello scatto, sarebbe stato un momento magico: l’esperienza è tutto.
traduzione di Manuela Cattaneo della Volta

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