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Sono al momento 66 i morti e 76 feriti, tra cui sette minori di diciott’anni e un dodicenne dell’esplosione avvenuta all 19 di venerdì nella comunità di San Primitivo, ubicata nel municipio di Tlahuelilpan, nello stato di Hidalgo in Messico. Secondo le fonti della polizia federale nella zona dove si è registrata l’esplosione c’erano al momento quattrocento persone che tentavano di rubare la benzina che fuoriusciva da un buco praticato nell’oleodotto, la cosiddetta pratica del huachicoleo, fenomeno complesso di furto di idrocarburi perpetrato in buona misura dalla malavita organizzata e dalla massa di diseredati che vivono al di sotto della soglia di povertà. Contro il quale il presidente Andrés Manuel López Obrador ha dichiarato guerra dallo scorso dicembre mobilitando esercito e marina, chiudendo gli oleodotti dove appunto si registra il furto che dura da almeno una ventina d’anni con la complicità di Pemex, l’azienda petrolifera statale, e che causa allo stato un danno di tre miliardi di dollari all’anno al bilancio pubblico messicano. Pochi minuti fa in conferenza stampa a Città del Messico, López Obrador ha dichiarato che l’incidente non farà cambiare la sua politica, alla quale non c’è alternativa. Solo ieri il governo aveva annunciato che farà circolare 500 nuove autocisterne per la distribuzione del carburante, e che assumerà duemila autisti con un salario di 29000 pesos al mese, considerando che il salario minimo in Messico è attualmente di 120 pesos al giorno, come risultato del provvedimento dell’attuale governo che lo ha alzato dai precedenti 80 pesos. La scelta di López Obrador di farla finita con il furto di carburante ha generato una crisi dei rifornimenti soprattutto negli Stati di Michoacán, Jalisco e Hidalgo dove appunto si è verificata l’esplosione di ieri sera. Dove la maggior parte delle stazioni di servizio sono chiuse e in quelle poche che sono aperte si registrano code chilometriche di auto e di messicani con in mano una tanica in attesa di riempirla.
[GUADALAJARA, MESSICO]
Petróleos Mexicanos (Pemex), “simbolo dell’identità nazionale e l’impresa più importante del paese, è in mano al crimine organizzato. Le sue vecchie strutture tradizionali, colpite dalla corruzione, sono state occupate dalle reti che operano direttamente a favore della delinquenza”, denunciava già nel 2011 nel suo documentatissimo El cartel negro la giornalista d’inchiesta Ana Lilia Pérez.
Non era quindi una novità che il Messico soffrisse di un furto generalizzato che da più di quindici anni causa un danno al bilancio del paese che oggi si è calcolato ammontare a 66.300 milioni di pesos, qualcosa come 3.300 milioni di dollari all’anno.
Un traffico che i precedenti governi, spesso essi stessi coinvolti nel sistema corruttivo, hanno tollerato, ma al quale il nuovo presidente Andrés Manuel López Obrador, ancora nella fase di luna di miele con il paese, ha voluto dare un drastico taglio.
Da qui la decisione di chiudere i rubinetti degli oleodotti che riforniscono di benzina, dove maggiormente si verificano i furti. Provvedendo a rifornire l’immensa rete di stazioni di servizio attraverso l’uso dei camion cisterna.
La conseguenza è che viaggiando lungo le autostrade che collegano la capitale agli altri stati è una sequela di pompe di benzina chiuse per esaurimento di combustibile. Nei casi fortunati in cui qualcuna ancora funziona, infinite sono le file di macchine e di gente con taniche di plastica in mano in paziente attesa che arrivi il carburante con le autocisterne.
Amlo ha voluto dire basta a quanto era noto a tutti, e già dallo scorso dicembre ha varato una strategia che ha mobilitato la marina, l’esercito e la polizia federale incaricati di controllare le installazioni di Pemex, una decisione che secondo il direttore dell’impresa petrolifera ha già consentito di ridurre di un 17 per cento giornaliero il huachicoleo, come in Messico il furto di gasolina viene comunemente chiamato.
E come già denunciava Ana Lilia Pérez, ha consentito al governo di scoprire dentro Pemex una rete dedicata a rubare e a distribuire idrocarburi, capace di far sparire ogni giorno il contenuto di seicento autocisterne, le pipas, in grado di trasportare quindicimila litri di carburante ciascuna. Un affare per la malavita e la dimostrazione dell’esistenza di una rete efficiente ed estesa capace di distribuire una tale quantità di carburante.
Un fenomeno, quindi, che va ben al di là del semplice huachicoleo con il quale i molti diseredati del Messico cercavano in qualche modo di trovare una soluzione ai loro bisogni. Il fenomeno alla fine si è rivelato ed è stato denunciato come ben più complesso da parte del governo, che ha dichiarato guerra al crimine organizzato. Sono già finiti in carcere tre alti funzionari Pemex colpevoli di appartenere alla rete di distribuzione di cui fanno parte proprietari di pompe di benzina e grandi imprese, in genere legate al trasporto su gomma, resa possibile anche dalla complicità delle autorità politiche, e alla quale il presidente imputa l’80 per cento dei furti commessi.
È infatti assodato che i furti sono resi possibili solo per l’esistenza di complicità interne a Pemex, dato che nel sistema di controllo degli oleodotti un calo della pressione segnala la possibilità che qualcuno stia rubando idrocarburi, a cui segue, in genere, la chiusura delle valvole da parte di chi controlla. Cosa che appunto non avveniva da tempo, determinando un problema che è andato crescendo negli ultimi anni, e che è passato dai ventiseimila barili al giorno rubati nel 2016 ai cinquantottomila dell’anno scorso.
Se la decisione del presidente ha riscosso massicciamente il favore della popolazione, e le sue esibizioni muscolari nei confronti del crimine organizzato chiamato a fare gara a chi si stufa prima sono piaciute, non per questo la propaganda ufficiale ha tralasciato di battere quotidianamente.
Girano in rete con l’hastag #YoSiAguanto prese di posizione che mettono in luce come la risposta di molte persone al mancato rifornimento temporaneo di benzina
ci mette a nudo come società. Stiamo zitti di fronte al furto milionario che ha effetti importanti sulla capacità finanziaria del governo per far fronte ai problemi sociali, però ci indigniamo con punte estreme che cadono nel ridicolo se per qualche giorno dobbiamo metterci in fila per riempire il serbatoio delle nostre auto come conseguenza della scelta di mettere fine al furto. Non vogliamo vedere al di là dei nostri piccoli e immediati interessi. Non c’è dubbio che per azione o per omissione tutti abbiamo fatto parte del sistema di corruzione.
Un appello alle coscienze, in perfetta sintonia con il messaggio di stampo populista che il nuovo presidente ha lanciato al paese già in campagna elettorale, che a suo modo di vedere necessita di una rigenerazione alla cui base deve esserci una generale moralizzazione in ogni ambito che sradichi le sacche di corruzione e metta fine alle stridenti disuguaglianze, che per il momento, per quanto riguarda la crisi del rifornimento di benzina, sembra avere effetto.
Per quanto risulta oltremodo difficile prevedere, qualora il braccio di ferro che Amlo ha intrapreso durasse a lungo, se la prolungata mancanza di carburante che sta già provocando danni economici nel paese da fonte di disagio tutto sommato tollerabile per le lunghe file alle stazioni di servizio possa tramutarsi in danno economico diretto per la tasca dei messicani.
Cosa che alla fine potrebbe provocare un cambiamento del loro appoggio alle misure di Andrés Manuel, attualmente all’80 per cento del gradimento.
articolo aggiornato alle ore 16.25, 19 gennaio 2019

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