Veneto. L’indipendenza? Più realistica dell’autonomia

Il processo avviato dal referendum del 2017 è in evidente stallo, probabilmente in un vicolo cieco, nonostante la Lega sia parte cruciale del governo attuale. ytali ha chiesto al leader di Indipendenza Veneta di proporre il suo punto di vista sul tema dell'autogoverno del più importante territorio del Nordest
ALESSIO MOROSIN
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Il 22 ottobre 2017 il Popolo Veneto è stato chiamato a rispondere a questo quesito:

Vuoi che alla regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?

I cittadini si sono espressi molto chiaramente, con il 98,1 per cento dei consensi.

Oggi siamo agli inizi del 2019 e l’autonomia, tra promesse e rinvii, sembra sempre più un miraggio. Senza considerare il fatto che la Corte costituzionale, con sentenza 118 del 2015 ha ammesso il “referendum minore” sull’autonomia, ma ha bocciato il parallelo referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto, alla “catalana”, di cui alla legge veneta n 16/2014, ritenendolo extra ordinem, scavalcando, opinabilmente, sia i principi di democrazia, sia il diritto di libera manifestazione del pensiero, ex articolo 21 della Costituzione, sia il superiore (ante – non anti – costituzionale) diritto naturale all’autodeterminazione dei popoli.

Un diritto che a noi viene negato, lasciando, quindi, lettera morta quell’“autogoverno del Popolo Veneto”, enunciato anche nell’articolo 2 dello Statuto del Veneto.

Va detto comunque che, qualora i “nostri” governanti riuscissero a portare a casa l’autonomia – cosa su cui nutro profondi dubbi – il risultato concesso non sarà mai ai livelli di Trento e Bolzano come qualcuno ha promesso a sproposito.

Infatti verranno a galla tutte le contraddizioni dei vari attori sulla scena politica italiana, da sinistra a destra, da destra a sinistra.

Il tema delle autonomie regionali è stato cavalcato per troppo tempo solo in modo strumentale e demagogico.

Ha cominciato il centrosinistra, nel 2001, con la riforma del titolo V e con la riscrittura degli articoli 116 e 117 della Carta fondamentale dove sono indicate le “materie di legislazione concorrente” tra Stato e Regioni e la possibilità per le regioni di chiedere e vedersi attribuite “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” che è proprio l’oggetto del quesito referendario del 22 ottobre 2017.
Almeno per il nostro Veneto è legittima e motivata la volontà e capacità di gestire autonomamente tutte le 23 materie indicate dalla Costituzione, con tutte le relative funzioni e risorse.

Il centrodestra invece, (ora guidato da una Lega spavalda di consensi, raccolti principalmente sul versante delle paure dell’immigrazione) è ora più incentrato su un progetto sovranista / statalista e, di fatto, centralista.

Un progetto che si discosta molto dall’ascolto e dalla capacità di considerare le istanze di autogoverno provenienti da molti territori, Veneto in primis.

Basti pensare che la Lega non è più “Nord” ma è diventata italiana, collocandosi, come detto, a destra dello scenario politico, con spudorata abiura dei progetti e dei propositi di rappresentare e tutelare gli interessi territoriali.

Il progetto Lega, però, si inserisce oggi in un contesto politico assai problematico e complesso. La scelta di andare a governare con una parte politica di matrice assistenzialista e con un debito pubblico impressionante (oggi pari a 2.345,3 miliardi di euro e con tendenze crescenti nonostante i maggiori introiti fiscali, sic!) difficilmente si concilia con le richieste di autogoverno di un territorio come quello del Veneto, con i cittadini martoriati e salassati da una tassazione sempre più alta, giugulatoria e insostenibile (alla faccia della sbandierata flat tax al quindici per cento per tutti).

La realtà drammatica è che tra il 2015 e il 2016 in Veneto sono state chiuse oltre duemila aziende e la difficoltà ha indici crescenti con “oltre 240 mila persone in condizione di grave deprivazione materiale”, e “oltre ottocentomila a rischio povertà”.

A fronte di questa situazione così asfissiante e svenante ci vuole un progetto dove le patrie territoriali che hanno risorse e capacità ed esperienza possano gestire al meglio e direttamente tutte le funzioni di autogoverno possibili.

La verità è che si tratta della soluzione B, ovvero del progetto di Indipendenza del mio movimento di Indipendenza Veneta, progetto volto a staccare il Veneto dalla provinciale e fallimentare realtà italiana per entrare direttamente da attore protagonista nella nuova Europa dei popoli.

Invece, il progetto di dare ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, all’evidenza è già fallito o al più sarà solo una scatola vuota di enunciazioni senza risorse reali: una ennesima presa in giro, tipicamente italiana.

L’unica soluzione seria sulla quale impegnarsi sarà, quindi, almeno per i Veneti, quella dell’indipendenza e piena sovranità del nostro territorio, obiettivo da perseguire per via istituzionale (veneta) in una proiezione di parallela rifondazione della Ue, quale Confederazione regionale dei Popoli europei.

Un’Europa dei Popoli, quindi, non degli Stati!

Solo così potremmo riscattarci e avere la nostra libertà, prosperità, eguaglianza e maggiore democrazia.

Alla fine quindi, solo l’esercizio del diritto naturale di autodeterminazione dei popoli, che godono di forti valori identitari e di appartenenza, consente, a mio avviso, di superare le tensioni interne, la pesante burocrazia, le lobby e la decadenza delle istituzioni dell’attuale UE e della fallimentare Italia nata dal Risorgimento.

Veneto. L’indipendenza? Più realistica dell’autonomia ultima modifica: 2019-01-19T17:01:47+01:00 da ALESSIO MOROSIN
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