L’anniversario dell’appello “ai liberi e forti” di Luigi Sturzo cent’anni dopo (18 gennaio 1919) ha suscitato un fervore di convegni, iniziative e ricordi ufficiali che potrebbero non essersi limitati a una mera rievocazione. Il disagio dei cattolici nell’attuale politica italiana e una Chiesa “esigente” che invita all’impegno potrebbero essere una variabile indipendente che “spariglia” l’agone politico oggi bloccato.
Il 18 gennaio 2019, giorno dei cent’anni dall’appello “ai liberi e ai forti”, nell’“ora grave del Paese” è passato con un reticolo piuttosto vasto di iniziative, convegni, manifestazioni. C’è da capire se la polvere dei giorni feriali ricoprirà tali celebrazioni oppure se un fuoco arde ancora sotto la cenere. Onestamente non lo sappiamo, pur essendo tra quelli attenti ed informati, eppure non giureremmo che stavolta non ci sia qualcosa di più di un semplice “pride day” dei cattolici democratici e popolari impegnati in politica o nella società civile. Alcuni segnali dovrebbero far riflettere o quantomeno interrogarsi se non per il breve, almeno per il medio termine. Il primo riguarda la Chiesa italiana.
Il presidente della Cei, cardinal Bassetti, non è la prima volta che interviene nei fatti quotidiani delle politiche (non direttamente della politica) del nostro Paese; e in fondo per essere il capo della Chiesa cattolica in Italia, non è nemmeno tanto strano, perfino in rapporto ai tanti anni di semi-silenzio seguiti al tentativo ruininiano – fallito e contestato, si veda il libro di Marco Damilano Il partito di Dio – di trovare un “dopo Dc” al termine di una vicenda politica e umana quale fu la Democrazia Cristiana nel nostro Paese, che aveva comunque riempito di sé fautori e detrattori, avversari di lungo percorso oppure teorici del “turarsi il naso”.
Il maggioritario dissolse la forza di un partito che era, di fatto, una federazione di partiti (a volte anche antitetici) e si realizzò quella che era anche una profezia di Luigi Sturzo, fondatore di un partito dei cattolici che avevano scelto la democrazia e la presenza nel tessuto sociale del Paese, ma fiero di aver creato un partito laico, appunto “di cattolici ma non dei cattolici” e che disse già all’inizio di quel cammino che
[…] verrà un giorno in cui i cattolici si divideranno in sinceramente conservatori e sinceramente democratici (intendeva democrazia sociale, forse laborista, come si diceva al tempo, nda).
Il ritorno al proporzionale come sistema elettorale e la vicenda del governo giallo-verdebruno ha riaperto i giochi.
In pochi mesi di governo la Cei (senza tirare in ballo il Papa non italiano ma comunque senza neanche far finta di non utilizzare alcune sue “intemerate” sociali chiaramente “italianizzabili”) con una serie di interventi concreti sui poveri, gli immigrati, il terzo settore e le ong, ha svolto di fatto assieme al Dc più alto in carica rimasto ovvero il presidente della repubblica Sergio Mattarella, il ruolo di opposizione morale, con uno stile inconfondibile di “moral suasion” concreta e per nulla catalogabile nel moralismo cosiddetto “radical chic”, obiettivo contestato (spesso in malafede ma con una certa abilità propagandistica da Salvini, M5S e suoi proseliti). Anzi Salvini, più furbo degli altri, ha scelto anche lo scontro diretto ben sapendo di non poter guadagnare in questo campo altri consensi ma di “assolvere” laicamente qualche cattolico veneto e lombardo che vota Lega e ora sente di dover combattere una – presunta – Chiesa che guarda a sinistra (si comincia così e si finisce a fianco di monsignor Lefebvre…).
Al presidente della repubblica non puoi certo rimproverare connivenze con la corruzione o chi la pratica sistematicamente e men che meno un’attenzione “terza” e non di parte sulla Costituzione; alla Chiesa cattolica italiana e alla sua rete di volontariato non puoi certo dire “allora portateli a casa vostra” gli immigrati, i poveri, i giovani disoccupati senza speranza, perché già lo fa e si offre di farlo prima ancora che Salvini chiuda i porti.
In più, poche settimane fa, dopo mesi di opposizione un po’ moralista e filosofica si è aggiunto il “colpo” concreto di Leoluca Orlando che ha capeggiato la rivolta di molti sindaci al cosiddetto decreto sicurezza di Salvini non sulle pagine di opinioni dei giornali ma nella pubblica amministrazione e nelle aule dei tribunali (fino alla Corte costituzionale). Leoluca Orlando, un atipico cattolico democratico ma pur sempre un cattolico ex sinistra Dc.
Poi però la Cei ha detto anche qualcos’altro: la società italiana sta modificando radicalmente in peggio i suoi valori e – la Cei l’ha ben precisato in dichiarazioni e documenti- quando “parliamo di valori, noi indichiamo certamente quelli cattolici nostro riferimento della Dottrina sociale della Chiesa ma anche e soprattutto i valori (laici) sanciti nella Costituzione”. E Bassetti ha soggiunto, e molti suoi sodali vescovi hanno esplicitato: “servirebbe un rinnovato impegno politico dei cristiani”.
Ora, poiché i cattolici italiani hanno una lunga storia d’amore e conflitto con la loro Chiesa, insomma anche d’indipendenza che passa per l’esilio dello Sturzo segretario del Ppi sotto il fascismo, della critica di Francesco Luigi Ferrari, Giuseppe Donati e perfino di Alcide De Gasperi ai Patti Lateranensi tra Vaticano e Mussolini nel 1929, del “no” all’alleanza con le destre nel dopoguerra ancora di De Gasperi a Pio XII, di candidati dc “scaricati” per via dell’apertura al centrosinistra (Wladimiro Dorigo a Venezia, Luigi Granelli a Bergamo) o al confronto col Pci, dei cattolici per il “No all’abrogazione del divorzio col referendum” (si pensi a Pietro Scoppola) o del Prodi “cattolico adulto”, in realtà l’affermazione di Bassetti, che riecheggia in patria le affermazioni di papa Bergoglio per il mondo non sono arrivate come un invito a cominciare ma come un’attestazione a chi aveva già cominciato.
Si perché sono ormai alcuni mesi che una chat che si chiama “Rete Bianca” ha messo insieme cattolici democratici e popolari di diversa provenienza e non solo “reduci” della Democrazia Cristiana e dentro la rete, per intenderci ci si trova chi è stato nel Pd e ha deciso di puntare su Nicola Zingaretti e chi su Maurizio Martina; chi scrive libri su Sturzo come Lucio D’Ubaldo e Giuseppe Fioroni (Elogio dei liberi e forti) e chi ne scrive sul programma per il futuro come Francesco Gagliardi e Nicola Graziani (Una buona stagione per l’Italia. Idee e proposte per la ricostruzione del Paese e dell’Europa), storici come Giuseppe Ignesti e giornalisti di vaglia come Giancarlo Infante o Pio Cerocchi e altri che scrivono su Avvenire, la cui posizione è nota giorno per giorno come quella di Famiglia Cristiana; economisti, studiosi ma anche consiglieri comunali e regionali o politici-opinionisti ascoltati come Marco Follini, oppure il neo direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda che, assunto l’incarico a dicembre 2018, ha prontamente salutato tutti uscendo dalla chat ma rimanendo in fervido contatto culturale della Rete.
È una semplice fondazione culturale? Si tratta di un cenacolo di cultori del pensiero cattolico democratico? Un nucleo di partito futuro?
Per ora il dibattito porta a una federazione di eguali, individuali o collettivi (gruppi come Insieme, ma anche aderenti e rappresentanti di presenze forti in Cisl e Comunità di Sant’Egidio, in Azione Cattolica o nel volontariato diffuso delle ong), che approfondiscono materiali di programma rivolti al futuro e che guardano molto alle comunità locali (a giugno, dopo le europee di maggio forse troppo vicine per un immediato colpo di teatro, si voterà in circa quattromila comuni italiani e due regioni, e tra due anni e mezzo nelle grandi città metropolitane e il pacchetto grosso delle Regioni italiane).
Caratteristiche comuni: una certa delusione per l’amalgama non riuscito nel Pd, le stesse sensazioni espresse nelle interviste di Prodi, con meno diplomazia; una distanza da Matteo Renzi legata soprattutto all’assenza di un pensiero economico e sociale coerente con gli ideali cattolico-democratici; diffidenza verso l’opposizione moralista “borghese” al governo fatta con accenti neoliberali; poca fiducia in Zingaretti o Martina quali leader politici autonomi e comunque a rischio – anche involontario – di rifare in piccolo la “ditta” bersaniana.
Tra cattolici che scelgono il centrosinistra e quelli, pochi per la verità in questa “Rete”, che scelgono il centrodestra c’è una divisione sul ruolo giocato da Berlusconi nel degrado del dibattito politico che ha portato alla fine a questo governo, ma va detto che mentre quelli apertamente schierati a destra (Gianfranco Rotondi e Lorenzo Cesa) hanno già uno spazio adeguato da difendere in un centrodestra squassato dal proporzionale e realisticamente però già avvezzo ai calcoli dell’utilità marginale, nel centrosinistra i conti sono ancora aperti e l’arrivo, anzi il ritorno della legge elettorale proporzionale sta facendo meditare molti sul fatto che una lista “identitaria” che superi lo sbarramento del tre per cento alle politiche permetterebbe di trattare con Zingaretti (o chi per il Pd) da “casa propria” e non da “sopportati in casa altrui” e l’utilità marginale nel proporzionale è enorme, rispetto al maggioritario.
Senza contare che negli enti locali e regionali le liste apparentate sono decisive e si vota con le preferenze (nelle grandi città per di più splittando tra voto al sindaco e voto di preferenza o di lista) e permettendo quindi una visibilità politica a programmi alternativi senza compromettere uno schieramento di base nel centrosinistra o nel centrodestra.
Insomma, nessuno pensa di rifare la Dc. Si prepara il programma del futuro e si risponde con scelte politiche indipendenti alla domanda del cardinal Bassetti sui valori della società italiana e sul ruolo dei cattolici in prima persona e non mediati o come “foglia di fico” di un partito completamente controllato da altri. È chiaro che il proporzionale ha accelerato questa voglia di esserci e contarsi e distinguersi dal dibattito politico attuale molto giocato sulla comunicazione e povero di contenuti e di mediazione culturale e politica (uno dei temi forti e unificanti è ridare fiato ai “corpi intermedi”: terzo settore, sindacati, ong e volontariato, associazionismo dei cittadini, imprenditori, ecc).
L’ora grave di cui parlava Sturzo c’è. Coloro che si ritengono liberi e forti pure. Si tratta di capire – come notava in uno dei convegni di celebrazione Lucio D’Ubaldo – se esiste un presupposto così forte come la crisi liberal-giolittiana del primo dopoguerra o la necessità della ricostruzione del secondo dopoguerra.
Qualcuno gli ha fatto notare che per la prima volta in quasi settantacinque anni di democrazia parlamentare pezzi di governo, e i loro partiti, parlano (e lo praticano) di superamento della democrazia rappresentativa parlamentare; sarà un presupposto sufficiente? Staremo a vedere.
Nell’immagine in alto la lapide sulla facciata dell’Albergo Santa Chiara in via di Santa Chiara 21 a Roma.

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