Alessandro Baricco. Cose dell’altro mondo

A dieci anni dalla pubblicazione de “I barbari”, un nuovo saggio dello scrittore, "The Game", torna a occuparsi dei cambiamenti della società globale. E questa volta analizza la rivoluzione digitale, nei suoi aspetti più ambigui e radicali.
GIOVANNI TONELLA
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Baricco di fronte alla rivoluzione digitale, alla paura o meglio all’angoscia che crea, alle paure di non saper dove stiamo andando, di generare una civiltà meno brillante, di perdere qualcosa o molto dell’umanità, e di fronte all’incubo della superficialità, risponde con una sorta di messa in forma di una cartografia. Un mappa per comprendere. E infatti una parte del libro riprodurrà mappe visive.

Prima idea per la mappa che Baricco avanza: è accaduta una rivoluzione digitale. La chiama anche insurrezione. Ribellione. Non sono esattamente la stessa cosa. Ma non è un saggio scientifico. È un testo letterario. Questa rivoluzione parte da una rivoluzione mentale. Non è la causa di una rivoluzione mentale, ma ne è causata, parte da una nuova mentalità. Una mentalità di fuga dal Novecento, di critica, di decostruzione del Novecento, delle sue istituzioni, della sua politica fatta di confini e divisioni, di gerarchie consolidate. Una fuga dalle élite del Novecento.

Ma ad opera di chi? “…l’uomo nuovo non è quello prodotto dallo smartphone: è quello che lo ha inventato” (p. 32). Si tratta di ingegneri, californiani, hippie. Di gente come Stewart Brand che ispirarono poi Steve Jobs. Ingegneri libertari, che volevano rompere un mondo di confini e di istituzioni verticali, che volevano fuggire da un mondo di demarcazioni. “Non erano filosofi, erano per lo più ingegneri: non disegnarono sistemi teorici, allestirono tool” (p. 154). Potremmo dire che è la Tecnica, lo Strumento a definire i nuovi orizzonti di senso, a strutturare il campo, a dare le regole del Game. Umberto Eco nella prefazione a Homo ludens di Huizinga ci insegnava come nella lingua inglese Play e Game avevano sfumature diverse, il game implica sempre delle regole.

Baricco si scusa per non proporre un metodo di analisi che si autogiustifichi, ma procede attraverso un’intuizione, che risponde al criterio della verità-veloce, e che nasconde una sorta di interpretazione che si avvale dell’approccio monadologico di Benjamin: da un dettaglio, da un frammento, si riesce a risalire al tutto. La “monade” che racchiude il Dna della rivoluzione digitale è il videogioco, i primi videogiochi. Sempre Stewart Brand diceva: “Spacewar era la perfetta sfera di cristallo in cui potevi leggere dove ci avrebbe portato la computer science e l’uso dei computer” (p. 145).

Baricco non parte da Spacewar (1972), ma da Space Invaders (1978). Ma è la stessa cosa. La chiama la vertebra zero, la prima manifestazione del Nuovo Mondo. Poi individua delle cronologie, un classico della cartografia storiografica, essenziale, direi. Tre cicli temporali: dal 1981 al 1998, il ciclo che parte dai primi PC (Commodore 64, Ibm, Apple) alla nascita di Google – con in mezzo la nascita del Web grazie a Tim Berners-Lee – il motore di ricerca più importante: Baricco la definisce l’epoca classica; dal 1999 al 2007, il ciclo che va da Napster all’iPhone, che sarebbe l’epoca della colonizzazione; e, infine, il terzo ciclo, quello che va dall’esplosione delle App ed AlphaGo, l’inizio dell’emersione applicativa dell’IA – ossia l’epoca vera e propria del Game. Ogni ricostruzione storica verte attorno all’emersione dei nuovi strumenti, tool tecnologici, e viene seguita da dei commentari in cui Baricco dà una interpretazione della fase.

Andiamo ai concetti fondamentali di questi commentari. Partiamo dalle considerazioni sull’epoca classica: accade che vi è la nascita della digitalizzazione, il mondo può essere ricodificato in maniera nuova, informatizzato, vi è la diffusione del computer, la messa in connessione di tutti i computer, con l’invenzione di un linguaggio che ha reso comunicabili i vari sistemi operativi – la dico come la so dire – e poi, e qui sta la differenza tra Internet e il Web, che ha reso possibile collegare non solo testi ma anche immagini e video, e poi ha permesso di indicizzare e trovare tutti i contenuti di tutti i computer messi in rete.

Ciò ha prodotto potenzialmente un costante flusso di reazione reciproca, di forza motrice reciproca, tra la realtà umana e quella riprodotta nei computer, e ha condotto alla creazione di un Oltre-mondo, a disposizione di un Iper-uomo. Baricco usa termini dal sapore filosofico, di derivazione nietzscheana. Questa connessione diretta mina l’intermediazione e le vecchie élite, sebbene in realtà sia strutturata da nuove élite e da nuove intermediazioni. La postura che diventa umana è quella dell’uomo-tastiera-video. E tutto ebbe inizio dai video games.

Regola di fondo della genesi del Game è la capacità degli ingegneri di inventare, mettendo anche in relazione tecnologie e applicazioni di teorie, nuovi strumenti per amplificare le capacità comunicative dell’uomo: vi sarebbe così una sorta di umanità aumentata, capace di vivere una esperienza che nel mondo della Rete diventa post-esperienza, una esperienza che permette di navigare senza fine in mondi chiusi e comunicanti, veri e propri magazzini di dati informatizzati e realtà digitalizzata.

In questa parte relativa all’epoca classica Baricco illumina anche la logica dell’indicizzazione dei motori di ricerca: nella sostanza l’indicizzazione dei siti è un prodotto del movimento delle masse, è il numero di visitatori che sposta in alto nell’indice il sito, con una logica per cui poi si innesca un circolo virtuoso/vizioso per cui il numero lancia in alto un sito che se è in alto nell’indicizzazione poi è favorito a rimanerci. Inizia così un processo di distruzione delle élite: tuttavia qui Baricco non è chiaro sul concetto di élite. Non vi è però alcun accenno, da parte di Baricco, alle ricerche sull’intelligenza, ad esempio del sociologo allievo di McLuhan, De Kerckhove, che parla dell’epoca dell’intelligenza connettiva.

All’epoca classica segue quella della colonizzazione: è stata resa possibile in particolare dall’invenzione dello Smartphone, l’iPhone di Jobs in primis. E sappiamo qui la genialità dell’ingegnere che mette in un dispositivo maneggevole, soprattutto ludico, una serie di tecnologie diverse. Mariana Mazzucato nel saggio Lo Stato imprenditore ricostruisce bene la genealogia delle varie tecnologie e degli investimenti necessari per costruirle. Passaggio fondamentale per la colonizzazione è quello della comparsa dei Social: qui veramente il rapporto e la facilità del rapporto tra realtà e oltre-mondo della rete si intensifica.

Abbiamo una relazione mediata da un design piacevole (marketing sensoriale), una struttura riconducibile allo schema elementare del problema-soluzione (pensiamo appunto al proliferare delle App, che non sono altro che programmi), i tempi brevi dell’utilizzo e della ricerca, il movimento continuo, l’apprendimento del gioco mediante il gioco, la fruibilità immediata, ma anche l’aumento progressivo della difficoltà del gioco. Alcune caratteristiche emergono su tutte: ad esempio la superficialità. Baricco usa la metafora dell’Iceberg (metafora psicanalitica): ebbene mentre la cultura predigitale è quella dello scavo per trovare l’essenza, nella civiltà digitale invece l’essenza affiora in superficie, e sotto, come in un iceberg, si trova la complessità dell’essenza (dei linguaggi informatici, degli algoritmi e delle conoscenze tecniche).

È interessante notare come l’epoca della colonizzazione, secondo Baricco, incida sull’identità personale, è questa infatti l’epoca dell’Oltre-Mondo, una nuova seconda natura (utilizzo qui un termine di derivazione hegeliana): “l’autentica personalità della persona, diventa il risultato di una somma di presenza, nel mondo e nell’Oltre-Mondo” (p. 175).

L’epoca del Game vero e proprio porta l’umanità aumentata a un individualismo di massa, a una sorta di redistribuzione di potere e di possibilità, l’ego viene super nutrito, vi è una ipertrofia che non ha precedenti nella storia. Baricco sottolinea che “Il Game ammette quasi esclusivamente giocatori singoli” (p. 213). Un individualismo che ha una postura contro, che genera una massa atomizzata: le placche sociali, le organizzazioni vengono fortemente indebolite e svuotate nella capacità di guida, le masse si diluiscono in individui, tra i quali emerge una nuova élite, molto capace di generare e di surfare nella post-esperienza della rete. L’epoca del Game genera nuove élite. Baricco tuttavia ne dà una descrizione sociologica un po’ sommaria e non approfondita, trascurando l’importanza di nuove organizzazione in ascesa.

Dentro il commentario alla fase del Game iniziano degli inserti o intermezzi più politici, episodiche scorrerie politiche. In particolare queste scorrerie sono rivolte alla spiegazione del fenomeno del Movimento 5 Stelle che Baricco individua come fenomeno assolutamente unico e originale che fa capo nel versante politico al tramonto delle élite e alla crisi profonda dell’intermediazione, li collega nella mappa cartografica al seguente percorso Amazon-Google-Napster-Wikipedia-Facebook-Uber-Airbnb.

Si tratta di un paradosso in un paese come l’Italia alla fine poco digitale. D’altro canto le organizzazioni novecentesche e anche il partito non possono che declinare di fronte alla rivoluzione digitale. “Il partito novecentesco […] è inadatto alle regole del Game [] appare come una specie di linea Maginot destinata al fallimento” (p. 224); “crepita l’intuizione che se oggi non hai un’alternativa al partito novecentesco, se non hai la capacità di manovrare masse mobili, cangianti mai ferme, o catalizzare correnti fluide che non ti devi neanche sognare di arrestare in un tesseramento – se non sai fare tutto questo non vincerai mai più” (p. 225). Un partito che è caratterizzato dal tool di democrazia diretta Rousseau: “che io sappia non esiste niente del genere da nessuna parte del mondo” (p. 198).

Si tratta di un partito che nasce proponendosi l’attacco al palazzo del potere, attraverso anche l’insurrezione digitale che salta le mediazione, proponendo – e sono le 5 Stelle – degli obiettivi legati all’acqua pubblica, all’ambiente, alla connettività, allo sviluppo e ai trasporti. Tuttavia Baricco non si sofferma sulle forme di mediazioni assai presenti e verticistiche del Movimento, semmai indugia su alcune contraddizioni tra l’evoluzione programmatica e alcuni aspetti tipici di una cultura che dovrebbe essere digitale. E tuttavia vi sono due aspetti della cultura digitale che il Movimento presenta: a) l’odio per le élite e b) l’egoismo di massa (io aggiungerei anche il fatto che il movimento è diventato lo strumento per degli esclusi di arrivare a farsi élite!). Un fenomeno che può insegnare che “il Game srotola con una certa solidità architetture sociali, mentali, tecniche che in qualche modo risvegliano alcune pulsioni piuttosto basiche e dirompenti” (p. 227).

L’egoismo non c’era nei padri dell’insurrezione – a detta di Baricco – ma adesso è il risvolto dell’individualismo di massa (semplificazioni?). In ogni caso l’egoismo di massa potrebbe far comprendere poi la convergenza con la destra populista leghista. Tuttavia in quest’analisi dimentica l’enorme capacità della rete, tramite i Social soprattutto, di individuare, mappare, profilare i vari utenti e quindi conoscere nel dettaglio il proprio pubblico, oppure la possibilità di costruire un pubblico fittizio che però può incidere sulle maree, sui movimenti che influenzano l’attenzione dei navigatori e determinano effetti di conformismo.

Baricco dopo questa scorreria politica, su cui ritornerà, rivolge nuovamente l’attenzione alle caratteristiche della civiltà del Game: un aspetto che abbiamo già sopra ricordato, il Game apre al tutto, ma è un tutto fatto di una serie infinita, senza infinito, di mondi, magazzini chiusi, dei tutto in rete, un’archiviazione digitale di tutto il mondo in magazzini immensi, ma finiti, da cui si può uscire ed entrare, in cui ciò che conta è un movimento continuo, ma non un gesto, una azione (potremmo dire). Si perde in questa civiltà anche l’esperienza dell’infinito.

E qui si tratta di ricordare che questa nuova civiltà non è indolore, subisce almeno due guerre di resistenza, la prima nell’epoca classica, delle vecchie élite, che la rifiutano, ma con armi spuntate, la seconda da quelli che Baricco definisce i puristi del Game, che cominciano a vederne il tradimento delle istanze libertarie e di redistribuzione del potere. Vi sono nuove élite, monopoli, asimmetrie, darwinismi sociali, il Digital divide! Ci sono anche i perdenti, quelli tagliati fuori dal Game. Una descrizione che si fa sommaria e non approfondita, a tratti implicita. Un accenno a una resistenza che non può che fallire.

Dopo questa parte di ricostruzione storiografica, Baricco propone delle vere e proprie mappe: la mappa complessiva del Game, dell’individualismo di massa, della Postura Zero, del Tramonto delle élite, della smaterializzazione, della Post-esperienza, della Nuova concezione del Tutto, la sua riscoperta, e questo attraverso i collegamenti, i percorsi e i nessi tra i vari tool – le novelle caravelle – del Nuovo Mondo.

Ma non è finita, dopo le mappe, c’è un appendice tripartita di ulteriori riflessioni, quelle più valutative in maniera esplicita dell’autore. Uplevel le chiama, tanto per rimanere nel Game.

La prima riflessione è sul tema della verità. Qui servirebbe in filigrana ritrovare la discussione filosofica più avvertita sul tema. Ma non c’è. Ci sono però delle riflessioni sulle questioni oggi dibattute, ad esempio la questione della cosiddetta post-verità. In realtà secondo Baricco, la menzogna, la bugia, o la parziale verità, vi è sempre stata, solo che: “A essere brutali, la si potrebbe dire così: Post-Verità è il nome che noi élite diamo alle menzogne quando a raccontarle non siamo noi ma gli altri” (p. 279). Insomma: “chiaramente la teoria della post-verità è il prodotto di una élite intellettualmente impaurita, conscia di non controllare più la quotidiana produzione di verità” (p. 279).

Vi è nell’epoca della Rete un consumatore di notizie che diventa in realtà anche allo stesso tempo un produttore. I centri di produzione di ciò che viene ripetuto ossessivamente, con parvenza di potenziale verosimiglianza, si sono moltiplicati e poi se la cosa è disegnata bene, buca, entra in modalità virale… passa e si propone come verità, delle volte costruita a tavolino. Ora scopriamo che in realtà non si tratta tanto di un fenomeno nuovo, ma di un vecchio fenomeno che sopravvive bene e si fortifica nella Rete.

Il frame per intendere questa dinamica ambigua proposto da Baricco è quello della verità-veloce: “La verità-veloce è una verità che per salire alla superficie del mondo… si ridisegna in modo aerodinamico perdendo per strada esattezza e precisione e guadagnando però in sintesi e velocità. Diciamo che continua a perdere in esattezza e precisione fino a quando non giudica di aver ottenuto la sintesi e la velocità sufficienti per raggiungere la superficie del mondo” (p. 283). Baricco fa l’esempio di una mezza verità, o meglio di una verità parziale, vera per un momento temporale determinato e sotto un determinato aspetto che essendo fortemente notiziabile è andata in superficie: il fatto che la vendita di vinile in un determinato anno abbia superato nella settimana natalizia quella della musica digitale. In realtà è appunto la forza illocutoria ed evocativa di qualcosa che ha la parvenza a volte della verosimiglianza che può proporsi come verità. Delle volte la verità c’è tutta d’un pezzo, ma è essenziale che abbia un design che vada in superficie!

Questo spiega molto, quasi in maniera apologetica, la nuova funzione storica degli intellettuali della comunicazione. Insomma ci sarebbe spazio, una rivincita rispetto agli ingegneri, per gli studi umanistici, per gli esperti della parola, e della comunicazione. Oggi sempre più integrata, come un tempo per certi versi, con l’immagine. Baricco afferma che uno dei tratti decisivi che rendono una verità aerodinamica è lo storytelling: scrive un esperto d’altro canto! Ne ha una concezione molto impegnativa: “Lo storytelling non è una cosa che confeziona, o traveste, o trucca la realtà: è una cosa che fa parte della realtà, è una parte di tutte le cose che sono reali” (p. 291); Baricco osa: “Storytelling è il nome che diamo a qualsiasi design capace di dare a un fatto il profilo aerodinamico necessario per mettersi in movimento” (p. 292). Insomma, è fondamentale per la verità-veloce.

“Nel Game, dove sparisce lo storytelling, niente sopravvive” (p. 293). Baricco sottolinea che comunque lo storytelling deve avere qualcosa su cui poggiare, non può vestire il nulla. Ci sono idee e fatti che contiene e propone. Senza non potrebbe esserci. Ma, “quel che di sicuro è accaduto nel Game […] è che la dinamicità delle verità è diventata più importante della loro esattezza” (p. 293). In politica ad esempio vale più quello che è in grado di essere raccontato, quello su cui si può fare storytelling, che il resto. Baricco sentenzia: “Per inciso, è questo il problema, oggi, della sinistra nel mondo. Ammesso che abbia delle soluzioni ai problemi della gente, non sa comunque formularle in modo aerodinamico: sono tutte ferme, quindi morte” (p. 295). Ovviamente gli altri, i populisti, sono bravissimi.

Baricco finisce questa parte sulla verità con alcune considerazioni che hanno il sapore del pensiero debole di Vattimo. Infatti sulla questione verità mette in evidenza che però la troppa saldezza e incontrovertibilità della verità ha generato dei disastri da cui siamo scappati. E qui si fa riferimento alla fuga dal Novecento che in qualche maniera i pionieri del Game hanno innescato, con la loro mossa libertaria.

La seconda parte delle Uplevel è quella dedicata agli Oltre-mondo. Qui riprendo un aspetto già toccato sopra. Cioè gli oltre-mondo del Game permettono a tutti di diventare degli autori. Gli oltre-mondo sono connaturati all’attività creatrice dell’immaginazione umana. Baricco cita addirittura Proust: “La vera vita, la vita finalmente scoperta e tratta alla luce, la sola vita realmente vissuta, è la letteratura” (pp. 301-302). Si capisce che soprattutto i Social ma anche in generale la rivoluzione digitale e la dotazione dei pc capillare abbia potenziato moltissimo le possibilità di racconto e di produzione creativa delle persone. Milioni di individualisti che hanno potuto e possono diventare autori, possono creare copie del mondo, usando propri linguaggi.

La terza parte invece è allo stesso tempo una ricostruzione sintetica di tesi riguardanti la nuova civiltà e allo stesso tempo la diagnosi della possibilità e necessità di un nuovo umanesimo adeguato ai tempi, tempi che comunque lo richiedono. Sembra il lascito più prescrittivo del saggio. Baricco riassume, come si deve fare per chiudere un testo, molte delle cose che ha attraversato e argomentato, solidificandole in tesi.

Il Game ha dei difetti, lascia indietro le persone, e comunque tutte le sue potenzialità nasceranno quando sulla scena vi sarà compiutamente solo una umanità di nativi digitali. Allora sarà se stesso. E tuttavia al game serve una nuova intelligenza, non solo quella degli ingegneri bianchi, prima libertari e poi ludici creatori di monopoli: “ma se l’altra intelligenza non entra al più presto nei processi di produzione del Game, è difficile che il futuro ci riservi un habitat sostenibile. C’è bisogno di cultura femminile, di sapere umanistico, di memoria non americana, di talenti cresciuti nella sconfitta, e di intelligenze che vengono dai margini. Se i nativi digitali che si prenderanno cura del Game, portandolo a maturità, continueranno ad essere maschi, bianchi, americani e ingegneri, il mondo in cui vivremo finirà in un loop senza prospettiva” (pp. 322-323).

Si vede in questa chiusura un’oscillazione rispetto all’idea che comunque la resistenza verso il Game è vana, comunque serve una nuova resistenza, una nuova controcultura. Questa l’indicazione finale, che coincide con la necessità di un umanesimo contemporaneo che preservi nel Game l’umanità, che in qualche maniera dia il via a una sorta di contro-colonizzazione. Baricco è sintetico, lapidario, non sufficientemente argomentativo e forse elusivo fin troppo rispetto al sostrato decisivo di ogni iceberg sociale, ossia la sua struttura economica con le sue distribuzioni di potere.

Il lavoro di Baricco è innanzitutto un testo letterario ed è la prosecuzione del saggio “Barbari”, la seconda puntata (come scrive a pagina 204). Un saggio che vuole essere un punto di passaggio a uno ulteriore da scrivere almeno fra dieci anni (con oggetto l’Intelligenza Artificiale). Baricco racconta storie e per professione riproduce il mondo con la sua arte. Penso che sia questa la cifra del saggio: la ricostruzione della nostra civiltà contemporanea secondo il raccontare. Magari c’è anche l’ambizione di dare una interpretazione dell’epoca, un po’ come faceva Pier Paolo Pasolini, sebbene con un taglio decisamente diverso.

Un passaggio interessante perché Baricco confessa che il suo poco utilizzo dei tool digitali e dei Social dipende dal fatto che lui in realtà per lavoro fa quello che le persone creano nei Social: le persone non farebbero altro che riprodurre e ricreare il mondo, perché hanno bisogno di farlo, evidentemente. Un bisogno che un creativo come Baricco appunto soddisfa già potentemente con il suo lavoro (cfr. pp. 299 ss).

Dicevo, The Game è un testo letterario. Non abbiamo gli strumenti per valutarlo, tuttavia la lettura è agevole, fluida e divertente; il linguaggio è televisivo, ossia verbale, ma anche molto visivo e cinestesico, emerge quasi un rapporto confidenziale, coinvolgente con il destinatario, un lettore che viene accompagnato, interrogato, incuriosito. Diciamo che è la formattazione e l’impaginazione del testo che cambia il ritmo e introduce pause. La lettura è scorrevole e questo è un merito.

Quello che si può dire è che senza dubbio si tratta di un testo che ha una forte vocazione (apparentemente) divulgativa, dà una panoramica di un ciclo storico, un testo da conversazione nei salotti, o a cena, o nelle chat. Un testo che – letto a fondo – dà l’aria di aver assunto il design (una delle tesi del libro) del Game, ossia la necessità di essere veloce, semplice, ma allo stesso tempo di portare alla superficie le essenze (sempre seguendo il codice di Baricco). Un testo quindi divulgativo, ma con la vocazione cartesiana (più volte cita Cartesio esplicitamente e non): almeno nell’essere fruibile e “chiaro e distinto”. Anche se non è affatto così coerentemente more geometrico. Un testo da discutere anche nei salotti dei Quotidiani. Ha già peraltro innescato una discussione “politica” e una variazione più propriamente di opinionismo politico da parte dello stesso Baricco.

D’altro canto ci sono alcuni intermezzi propriamente politici, sulla vicenda politica italiana: il Movimento 5 Stelle come un unicum mondiale di organizzazione politica nata nel Game che riflette un individualismo di massa che si ribella alle élite (potremmo anche dire che in realtà gli autentici partiti almeno del Game originario sono i partiti Pirati – tedeschi, svedesi – mentre il Movimento 5 Stelle è un partito dell’epoca post-libertaria, dell’epoca dei grandi Player a vocazione monopolistica – La Casaleggio Associati).

Si capisce anche che Baricco è un osservatore, dotato di occhiali filosofici (ha studiato filosofia, termini come oltre-mondo o iper-uomo cinguettano con Nietzsche). Lo rivendica ad un certo punto (p. 63: “mi preme sottolineare. Filosofia”). E poi che ha studiato il tema o comunque qualcuno ha studiato per lui (come riconosce nei ringraziamenti finali). Ci sono riferimenti precisi sia in termini storiografici sulla storia della Rete, sulla rivoluzione digitale, sulla controcultura originaria, quella degli ingegneri californiani, degli hacker. Si pensi al richiamo più volte a Stewart Brand. Erano personalità libertarie, protese a sovvertire i “giochi”, a cambiarli.

Magari essendo un testo letterario non vi è quello che un lettore abituato alla saggistica scientifica richiede: un buon apparato di note bibliografiche e una buona sitografia. Non c’è un lavoro di definizione e di analisi differenziata molto sofisticata, Né una discussione delle tesi in campo. Ma un testo di questo tipo può stimolare letture più impegnative. Abbozza perfino mappe mentali, percorsi. Un testo divulgativo che propone una chiave di lettura, anche politica e non solo culturale.

Baricco ci offre quello che ha capito del nostro mondo, della civiltà contemporanea, segnata in maniera decisiva e fondamentale dal Web e in generale dai tool dell’Ict. Per questo ne segue lo sviluppo genealogico, culturale, individua le caratteristiche e propone una sorta di valutazione che non aderisce alle cosiddette guerre di resistenza al nuovo mondo, né quelle dei nostalgici del Novecento, né quelle dei perdenti del Game, né tutto sommato dei cosiddetti puristi. Ma su questo ritorneremo. In ogni caso, tutto ebbe inizio nella testa di alcuni ingegneri americani. La California è la Galilea del Game, o meglio la Giudea.

L’impressione finale è che Baricco costruisca una storia che fila, suggestiva, che in parte divulga e in parte innesca un dibattito. Pone interrogativi, ma soprattutto dà una plausibile Gestalt, un Design a questi anni. Tuttavia, le definizioni sono a volte assunte senza discussione e la vocazione cartesiana è confusa con una forma di verità veloce, quella che definisce essere tipica del Game (ma in realtà non del tutto nuova).

In conclusione, Baricco si esercita in uno storytelling avvincente sull’epoca odierna digitale, mostrando grande capacità di narrazione e di sensemaking, di racconto. Allo stesso tempo il testo è utile per porre al centro un argomento degno di essere assolutamente approfondito, con altri strumenti, più fondati e precisi, ma anche problematici, dello storytelling: gli strumenti della ricerca scientifica e quelli, se mi si permette, di una maggiore coscienze etica. A volte serve meno letteratura, ma sicuramente serve maggiore divulgazione scientifica.

Alessandro Baricco. Cose dell’altro mondo ultima modifica: 2019-02-09T10:52:12+01:00 da GIOVANNI TONELLA
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