Giovanni Legnini chi? È vero, ci vuole ben più di un 31 per cento coalizzato e comunque ottenuto da un centrosinistra diversamente sconfitto in Abruzzo per cominciare a uscire da una spaventosa incertezza, anzi dalla trionfante seduzione del peggio, anzi da un qualcosa di terrificante e violento che irrompe nelle nostre teste tra l’incubo e un senso di solitudine da paura. Eppure… eppure cosa, se continua ad andare così come è già andata in Friuli Venezia Giulia, Molise, Trento, Bolzano, Trieste, compresa la rossa Monfalcone, e in chissà quante altre città e paesi dell’Emilia-Romagna e della Toscana, per sorprenderci più che amaramente tra Umbria e Marche e la ex-rossa Liguria?
E qui cade bene la spietatezza dell’analisi di Massimo Cacciari sul dopo voto del centrosinistra abruzzese:
Il centrosinistra ha presentato molte liste unite, in una regione in cui ha governato e dunque dove ha un minimo di potere consolidato. Prendere il 31 per cento era scontato.
Cade bene la durezza cacciariana nel senso che il suo ritenere scontata quella percentuale (solo merito del tranquillo Legnini?) suona quasi come un paradossale incoraggiamento, soprattutto se si pensa a come sono andate le cose in Abruzzo e nelle altre terre centroitaliche negli ultimi vent’anni. Tanta surreale incapacità nel cercare di esserci con qualche efficacia o utilità nel fronteggiare e quindi avviare a soluzione, almeno in parte, le tragedie e le devastazioni causate dai terremoti che hanno colpito città e borghi antichi e campagne dall’Emilia-Romagna all’Abruzzo, passando per Marche e Umbria, oltre che a un disorientatissimo Pd nelle sue diverse responsabilità sarebbe potuto accadere solamente al grillismo degli incapaci. Tanto più in quelle regioni governate dalla sinistra, o dal centrosinistra che dir si voglia, da ben oltre mezzo secolo.
Non così in Abruzzo, che però ha vissuto un infinito e paralizzante post-terremoto.
Incapacità d’ogni genere, grottesche nomine a commissari per la ricostruzione dotati della più incredibile inefficienza, l’allucinante andar per visite continue di presidenti del consiglio, ministri, eccetera, di governi di centrosinistra alla fine apparsi più dannosi degli stessi terremoti. Per non parlare del silenzio totale delle autorità politiche regionali e locali di fronte al disastroso stato in cui nelle regioni rosse di Umbria e Marche versano da decenni infrastrutture stradali e ferroviarie. Come irridere allora al buon Legnini e al suo “scontato” 31 per cento?
Persino il presidente Mattarella andava su e giù per quelle terre quasi ogni mese, nel tentativo di assicurare se non altro la sua presenza a difesa di uno Stato per davvero assente. Dunque? Nell’età dell’irriverenza in cui si menano selvaggiamente maestri e professori, in cui vengono picchiati a sangue coloro che lavorano in ospedali e pronto soccorsi, quando gli idoli diventano i personaggi di Gomorra, quando governano Truci e Incapaci, come non pensare che la coscienza maggioritaria di questo paese sia una coscienza populista dipinta al nero?
E allora c’è da sperare che Cacciari abbia ragione quando dice:
Il Pd nazionale deve tirar fuori una linea politica precisa, dire con nettezza che è un nuovo partito, organizzarsi. Il Pd deve dare inizio a una fase completamente nuova.
Sapendo, per chiudere con po’ di ottimismo, che secondo George Steiner il rivolgersi a una élite o all’aristocrazia dell’intelletto è prescritto dalla democratizzazione del sistema di consumo di massa… di qui nuovamente liberazioni, onestà e speranze di prim’ordine. Saprà il nuovo partito della sinistra inserirsi positivamente nei flussi democratizzanti dei sistemi dei consumi di massa?

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