Attaccano le persone rubando letteralmente il cibo dalla loro bocca, aggrediscono gli altri volatili, si fanno un baffo dei disturbatori sonori che dovrebbero intimorirli e hanno persino ucciso due falchi addestrati per allontanarli. Questi sì che sono titoli appetitosi per la stampa ingorda. Un po’ come i film degli anni Ottanta e Novanta con successo di critica e di pubblico che hanno trasformato il grande squalo bianco nel nemico numero uno distraendo l’attenzione dai nemici, quelli veri e a portata di mano.
Eppure la sopravvivenza del gabbiano reale a Venezia è semplicemente la dimostrazione di quanto il cambiamento dell’habitat umano influenzi il volatile che si dimostra intelligente, determinato e con capacità di adattamento.
Tutto ciò risulta grazie a una ricerca commissionata dalla Veritas di Venezia, società che gestisce il servizio di nettezza urbana.
Francesca Coccon, libera professionista in scienze ambientali, insieme a Lucio Panzarin, ornitologo, hanno battuto i vari sestieri della città, con precisi percorsi stradali, e si sono appostati in diversi punti di osservazioni dall’alto – sedici per l’esattezza – in tre periodi dell’anno: a marzo, durante la colonizzazione dei siti di nidificazione; a giugno nel picco di stagione riproduttiva; a novembre nella fase iniziale del periodo di svernamento. In un anno e mezzo, tra l’alba e il tramonto, hanno potuto scoprire e raccontare come il gabbiano reale si sia trasformato nel leone di San Marco.
Non si va troppo indietro nel tempo se si afferma che il gabbiano prima stava sul mare, seguendo le barche, i pescherecci, le onde per ottenere il fabbisogno necessario alla sopravvivenza. Poi si è spinto verso la terraferma, attratto dalle discariche e dalle luci della città, avvicinandosi persino agli ambienti fortemente antropizzati come gli aeroporti.
La non dimestichezza di relazione tra aerei e gabbiani è stato il primo motivo a cercare soluzioni adeguate per entrambe le specie: uomini e volatili.
La ricerca si poneva due obiettivi. Aggiornare la stima di popolazione del gabbiano reale nel centro storico e verificare se il nuovo sistema di raccolta immondizie avesse influito sulla presenza e distribuzione della specie. Il gabbiano reale è forte, sa modificare la propria dieta, può volare fino a cinquanta chilometri al giorno pur di trovare ciò che gli serve, può nidificare anche sugli edifici, è ecologicamente plastico, non ha predatori in città
spiega Francesca Coccon.
E se il primo caso di coppia di gabbiani reali a Roma fu rilevato nel 1971, nel 2005 si contarono ventiquattro coppie. Numeri modesti, detti così, ma se invece affermiamo che nel marzo del 2017 nel centro storico di Venezia i gabbiani conteggiati da Coccon erano 3263, si comprende che le proporzioni possono pericolosamente aumentare in maniera esponenziale.
In giugno erano diminuiti ne abbiamo contati 2727, e a novembre si era passati a 2703, il calo persisteva. Il monitoraggio della popolazione urbana del gabbiano reale ha dimostrato un rapporto causa-effetto evidente tra la presenza dei rifiuti e quella del gabbiano. La ricerca ha dimostrato che il nuovo piano di raccolta ha influito sulla diminuzione della presenza del gabbiano reale con la rilevazione di un calo sia nella popolazione dei volatili sia nella loro riproduzione: da tre pulcini per covata a uno o due pulcini al massimo.
Naturalmente, è il caso di sottolinearlo, il gabbiano reale ha a sua volta registrato il cambiamento della raccolta di spazzatura e ha cercato con successo altri sistemi per procacciarsi il cibo: predazione su passanti, attacco a rondoni, colombi e topi in aumento, ritorno ai granchi.
Lo scorso giugno le coppie riproduttive rilevate erano 450. Due conti rapidi: il gabbiano reale può vivere anche fino a trent’anni ed è produttivo sin dal quarto anno di età per il resto della sua vita. Depone una covata all’anno e, se questa non va a buon fine, può rideporne una nuova.
Il problema persiste, dunque, ma soprattutto sarebbe utile continuare il monitoraggio per integrare nuove soluzioni, utili alla sia popolazione in visita sia a chi vive la città tutto l’anno.
Intanto, consiglia Coccon, non disperdere i rifiuti, non farsi prendere dall’entusiasmo di diventare “gabbianari”, cioè dare da mangiare ai gabbiani come fossero gattini, non avvicinarsi troppo dimenticando scioccamente che prima di tutto sono animali selvatici, e per quanto incredibile possa sembrare, frequentare assiduamente le aree in cui i gabbiani hanno nidificato in passato – facendo rumore, disturbando anche solo con la presenza – per scoraggiare l’insediamento della coppia.
Per quanto riguarda la prosecuzione dello studio, una delle valide proposte è per esempio l’inanellamento del gabbiano reale. In due anni Coccon e Panzarin hanno potuto documentare un solo caso di gabbiano reale inanellato – l’anello è una specie di carta d’identità per il volatile – e si è scoperto che: è nato nel 2005 al Cimitero San Michele e vive sul Ponte dell’Accademia. Non essendo dotato ancora di gps non si può sapere quali voli intraprende durante il giorno per nutrirsi, socializzare, sopravvivere.
Sarebbe bello scoprirlo con la prossima ricerca, indispensabile se si vuole condividere un unico spazio tra le due specie: l’homo sapiens può permettersi di continuare a cercare risposte.
I Gabbiani Di Venezia from macofilm on Vimeo.

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