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Il presidente del Venezuela Nicolás Maduro ha invitato l’inviato speciale degli Usa Elliot Abrams in Venezuela. Lo ha detto in una intervista esclusiva all’Ap, precisando che ci sono stati in questi giorni colloqui “segreti” e “distesi” tra il suo ministro degli esteri e funzionari degli Stati Uniti a New York. Subito dopo ha assicurato però di non avere alcuna intenzione di dimettersi. […] Pur continuando a criticare l’atteggiamento ostile del presidente degli Stati Uniti Donald Trump verso il suo governo, Maduro afferma di avere ancora speranze di poterlo incontrare per risolvere l’impasse venutosi a creare dopo il riconoscimento da parte sua del leader dell’opposizione Juan Guaidó come legittimo leader del Venezuela. [Ansa]
Elliot Abrams sulla graticola. L’inviato speciale di Donald Trump in Venezuela, di fronte alla commissione esteri della camera dei rappresentanti, se l’è vista “brutta”, mercoledì, con un’esordiente della politica washingtoniana, molto tosta e per nulla intimidita di fronte a un veterano della diplomazia americana. Molto controverso, a dir poco, e – per una serie di ragioni molto specifiche, peraltro ben conosciute ma tenute nell’oblio – del tutto inadatto a portare la pace nel paese latino americano, se questo mai dovesse essere lo scopo della sua missione. Che infatti è proprio l’opposto. Per Trump l’intervento militare è “un’opzione” e chi meglio di Abrams ha i requisiti per metterla in atto?
E questo ha messo a nudo la congresswoman democratica del Minnesota Ilhan Omar, una delle due nuove elette di fede musulmana al Congresso nelle scorse elezioni di medio termine.
In particolare, Omar ha riproposto nell’audizione il coinvolgimento di Abrams nello scandalo Iran-Contra, durante la presidenza di Ronald Reagan e la sua posizione nel massacro di El Mozote in El Salvador nel 1981. Ma il punto critico dell’audizione è stato, nella riproposizione delle vicende d’allora, quando la giovane deputata ha messo in discussione la veridicità stessa della deposizione di Abrams:
Signor Adams (lo chiama così, storpiandone il nome), nel 1991 si è dichiarato colpevole di aver tenuto all’oscuro il Congresso su informazioni riguardanti il suo coinvolgimento nell’affare Iran-Contra, per il quale in seguito è stato perdonato dal presidente George H.W. Bush. Non riesco a capire perché i membri di questa commissione o gli americani dovrebbero considerare veritiera una sua testimonianza in questa sede.
Abrams tenta di rispondere, Omar l’interrompe, dicendo che la sua “non era una domanda”.
Al che il diplomatico replica:
Era un attacco a un teste, e non è nel diritto dei membri di questa commissione attaccare un teste a cui non è permesso di replicare.
Omar insiste ricordando l’audizione del 1982, nella quale l’allora assistente segretario di stato di Reagan per i diritti umani testimoniò sul massacro di El Mozote in Salvador nel corso della guerra civile nel paese centroamericano
In quell’audizione lei liquidò come propaganda comunista un rapporto sul massacro di El Mozote nel quale furono brutalmente uccisi oltre ottocento civili, tra cui bambini anche di due anni, da militari addestrati dagli americani. Successivamente sostenne che la politica americana in El Salvador era stato “un risultato favoloso”. Sì o no? Lo pensa ancora? Sì o no? Pensa che quel massacro fu “un risultato favoloso”, fu favoloso quanto avvenne sotto la sua vigilanza?
Abrams:
È una domanda ridicola… E…
E Omar:
Sì o no? La prendo per un sì.
Abrams, rivolto alla presidenza della commissione:
No, mi dispiace, signor presidente, non rispondo a questo genere di attacchi personali.
Omar:
Sì o no? Sosterrebbe una fazione armata in Venezuela impegnata in crimini di guerra, crimini contro l’umanità o in genocidi, se pensa possano servire gli interessi americani come fece in Guatemala, El Salvador e Nicaragua?
Abrams:
Non risponderò a questa domanda. Mi dispiace ma penso che tutta questa serie di domande non siano in realtà domande, e pertanto non risponderò.
Settantun anni, senior fellow del Council on Foreign Relations Abrams è un superfalco dell’establishment militare-diplomatico statunitense, ben noto per aver cercato di coprire il massacro di ottocento salvadoregni nel villaggio di El Mozote. Una delle pagine più nere – una vicenda barbarica – nella storia dell’America Latina.
Mark Danner, autore “The Massacre at El Mozote: A Parable of the Cold War”, ha ricordato in un’intervista che per Abrams la violazione dei diritti umani “era davvero niente” di fronte al grave rischio percepito dall’amministrazione Reagan di una vittoria della sinistra e dei filosovietici in America Centrale. Una linea di pensiero che Abrams seguirà anche successivamente in Guatamela, a favore del regime di Efrain Rios Montt, che nel 2013 sarebbe stato giudicato colpevole di genocidio nei confronti della popolazione indigena Maya.
La vicenda di El Mozote fu una delle tante in una guerra “sanguinosa, brutale, sporca” che fu combattuta in Salvador, scrive su The Atlantic Raymond Bonner, autore di “Weakness and Deceit: America and El Salvador’s Dirty War”, che ai tempi era inviato nella regione per il New York Times:
Oltre 75.000 salvadoregni furono uccisi nel conflitto, in gran parte vittime dei militari e delle squadre della morte. Contadini uccisi in massa, spesso mentre cercavano di fuggire. Dirigenti studenteschi e sindacali, le mani legate dietro la schiena prima di ricevere un colpo in testa, e poi lasciati cadaveri ai bordi delle strade come monito per gli altri.
In un’email al Washington Post, Abrams difende il suo operato a quei tempi e reagisce con ira alle accuse di Omar:
La mia fu una condotta rimarchevole a sostegno della democrazia in America Latina, di cui l’onorevole Omar non è consapevole e a cui non è interessata.
Il giornalista Danner non ci sta, e punta il dito contro l’amnesia che regna a Washington:
Se stai abbastanza a lungo a Washington, non importa quanto siano sporche, le tue lenzuola torneranno pulite grazie semplicemente alla forza corrosiva dell’oblio.
A meno che non ci pensi una congresswoman a riaccendere la memoria.
Omar ha reso a servizio del pubblico,
commenta Danner.

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