Questa è la storia – un po’ grottesca e un po’ disgustosa – di una proiezione del drammatico film, “Sulla mia pelle, gli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi”, sul vergognoso calvario di questo povero ragazzo massacrato in una stazione dei carabinieri di Roma. Riferisco tutti i particolari di questa storiaccia a testimonianza del livello indecoroso con cui, ancora oggi, i verici dell’Arma dei carabinieri gestiscono un caso clamoroso di pervicacia nell’ingiustizia. E, questo, malgrado che l’ennesimo processo in corso stia documentando tutte le falsità con cui si sono cercate di coprire non solo le violenze su Stefano ma anche i falsi realizzati pervicacemente lungo un decennio.

I fatti, dunque. A Siderno (Reggio Calabria) – lo scorso 8 novembre – si decide la proiezione del film in una sala della libreria Mondadori ospitata nel centro commerciale “Le Gru”. Poco prima della proiezione si presentano due carabinieri in divisa pretendendo dalla titolare l’elenco dei presenti e dei partecipanti al successivo dibattito. Proteste indignate che arrivano sino al colonnello Gabriele De Pascalis, comandante della compagnia di Locri da cui dipende la stazione di Siderno. Costui esclude che si tratti di schedatura: “È solo un’attività di routine”. Allora la deputata Enza Bruno Bossio, nel respingere l’inammissibile giustificazione, rivolge oggi una interrogazione ai ministri della Difesa e dell’Interno riportando i fatti e chiedendo
come si giustifica la richiesta e la presenza insistente dei carabinieri, che non può essere qualificata come attività di routine?

La risposta è stata, una volta tanto, piuttosto sollecita ma né la ministra Elisabetta Trenta (Difesa) né il suo collega Matteo Salvini (Interno) si sono presentati nell’aula della Camera per rispondere. Piuttosto, hanno affidato il compito non ad uno dei loro tanti sottosegretari ma – elemento assai singolare ma altrettanto significativo – al sottosegretario… ai Beni e le attività culturali, Gianluigi Vacca. Il quale, intanto, ha messo subito le mani avanti, rivendicando la sua competenza
per l’importante valore del film, delle proiezioni che vengono organizzate nel Paese e alle quali segue un dibattito molto importante che ha un ampio valore sociale.
E così il sottosegretario ha creduto di salvarsi l’anima “culturale” così tentando anche di giustificare il suo ruolo di (del tutto improprio) sostituto. Ma la scusante non ha retto all’ascolto delle successive giustificazioni addotte per quanto accaduto quel giorno a Siderno. Vacca ha sostenuto che, in considerazione del fatto che quel centro commerciale è “il principale luogo di aggregazione nella Locride per dimensioni e offerta”, “non è inusuale la presenza la presenza dei carabinieri presso la citata libreria”. E giù, come avrebbero fatto i due ministri, a raccontare quanto “ha riferito il comando generale dell’Arma”:
I militari, contrariamente a quanto riportato nell’interrogazione, non hanno chiesto all’organizzatrice dell’evento la lista dei partecipanti ma solo se fossero presenti rappresentanti delle istituzioni o qualche autorità per evidenti motivi connessi alla funzione istituzionale da svolgere!
Replica ferma di Bruno Bossio:
Niente vero! L’elenco dei partecipanti è stato chiesto, eccome. E i carabinieri sono tornati più volte nella sala della proiezione anche e soprattutto dopo il film, quando si è svolto il dibattito. E nel dibattito si è posto ancora una volta al centro il tema della giustizia – ripeto, non il ruolo in sé dell’Arma – messa nel caso Cucchi sino a ieri, e per dieci anni, al servizio della vittima delle torture. In questi anni c’è chi, come Carlo Giovanardi, sosteneva che Stefano “è morto perché anoressico”; chi chiedeva alla famiglia di Stefano “dov’era quando lui si drogava” (Maurizio Gasparri), e chi – come l’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini – parlava così di Ilaria Cucchi: “Mi fa schifo, capisco il suo dolore di sorella ma mi fa schifo”, salvo poi, quando è cominciata a venir fuori la verità, invitare la famiglia Cucchi al Viminale. Ma quando aveva sostenuto per anni una tesi negazionista a prescindere, e a oltranza, quando si esprimeva con parole così offensive, non stava con l’Arma ma proprio con quei carabinieri e alti, altissimi ufficiali che hanno infangato l’Arma!
Come dire – e la deputata democratica lo ha ripetuto energicamente – che
Non c’è da schierarsi dunque con o contro un corpo dello Stato ma con o contro una verità troppo spesso sottaciuta, mistificata, coperta da depistaggi, contro una indifferenza che anche nel film emerge prevalente sulla violenza che è poi il vero male del nostro tempo”. E poi l’attacco frontale a Salvini, “il cui comportamento quotidiano dovrebbe essere quello di garantire la coesione delle forze sociali ma fa l’esatto contrario mettendo continuamente a repentaglio con i suoi comportamenti la sicurezza dei cittadini.
E infine Enza Bruno Bossio ha citato
l’episodio più recente di cui sono stata testimone oculare: il dispiegamento, per ordine dello stesso ministro e sempre in Calabria, di forze antisommossa a San Ferdinando durante lo sgombero della tendopoli degli immigrati sfruttati nei campi: un’esibizione di forza utile solo a ingenerare la convinzione di una prevaricazione del forte sul debole, che non è di norma una caratteristica delle forze dell’ordine, mentre non mostra neanche un briciolo di questa determinazione per sgomberare dagli edifici occupati abusivamente i fascisti di Casa Pound.
Ma Salvini aveva qualcos’altro che star dietro al caso Cucchi: nelle stesse ore teneva comizi in Basilicata alla vigilia delle elezioni regionali…

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!