L’aereo Frankenstein

Il Boeing 737 MAX – il velivolo del tragico volo Ethiopian Airlines ET302 – nacque dalla necessità di dare una risposta immediata al lancio dell'Airbus A-320 NEO nel 2010, e questo portò Boeing a decisioni progettuali discutibili.
TOMMASO BRAIT
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È notizia di ieri che la Bea – Bureau d’Enquêtes et d’Analyses pour la Sécurité de l’Aviation civile, l’agenzia nazionale francese per la sicurezza del volo – dopo un’analisi preliminare dei dati del flight data recorder (scatola nera) del volo Ethiopian Airlines ET302, ha dichiarato di aver trovato numerose analogie tra due recenti incidenti riguardanti il Boeing 737 MAX -8.

Il primo incidente, il 29 ottobre 2018, durante il volo Lion Air JT610 da Jakarta a Pangkal Pinang è avvenuto durante la fase di salita iniziale del velivolo, immediatamente dopo il decollo. Anche il secondo, il volo Ethiopian Airlines ET302 decollato alle 08.37 da Addis Abeba con destinazione Nairobi, Kenya, è avvenuto nella stessa fase di volo.

Successivamente al secondo incidente, in un effetto domino mondiale – più dovuto a un’onda emotiva che a veri e propri dati oggettivi – le autorità civili mondiali dell’aviazione hanno imposto la messa a terra del 737 MAX.

L’oggettività, se vogliamo trovarla, sta nella mostruosità statistica di due aerei identici e nuovi, che nella stessa fase di volo precipitano in circostanze analoghe. Rispetto alle statistiche di safety del 737, di molto inferiore al singolo incidente per milione di ore volate, questi due eventi risultano – per una statistica sulla sicurezza del volo – come l’apertura delle porte dell’inferno.

Il report preliminare del primo incidente, rilasciato dalle autorità indonesiane, ha evidenziato come alcune indicazioni di parametri aerodinamici, essenziali per la condotta del volo, fossero discrepanti tra la strumentazione del comandante e quella del primo ufficiale. 

Inoltre gli stessi dati indicano come le due cloche dei piloti, immediatamente dopo il decollo, incominciassero a vibrare per segnalare il pericolo imminente di uno stallo dell’aereo. 

Il velivolo continuò comunque nella sua salita e i piloti, incerti su quello che stesse accadendo, sorpresi dalle discrepanze dei dati aerodinamici che venivano loro presentati, chiesero aiuto al controllo del traffico aereo.

In questo scenario estremamente dinamico e in continua evoluzione a 1475 ft e due minuti e 55 secondi dopo il decollo, l’aereo perdeva 700 piedi di quota. Questo è un avvenimento eccezionale per questa fase del volo e nessun pilota comanderebbe una discesa. 

Il sospetto è che il sistema di controllo dello stabilizzatore di profondità, utilizzato per equilibrare aerodinamicamente il velivolo sull’asse laterale, fosse stato comandato dai computer di bordo – nella fattispecie un sistema denominato MCAS, introdotto con le nuove generazioni del 737 – per ottenere una riduzione dell’assetto del velivolo, in modo da fargli abbassare il muso.

Contrariamente alla tradizionale filosofia Boeing, di lasciare ai piloti il massimo controllo del velivolo, il sistema MCAS opera nel 737 MAX dietro le quinte senza alcun comando dei piloti e senza avvisarli. 

Si è reso necessario perché il posizionamento dei motori nel MAX, spostati in avanti e in alto rispetto alle precedenti versioni, ha cambiato drasticamente l’equilibrio aerodinamico del velivolo. Il 737 MAX è la quarta versione di un aereo progettato sessant’anni fa. A differenza dei precedenti aggiornamenti però, a causa dell’accresciuta dimensione dei motori, il loro riposizionamento non è risultato sufficiente e Boeing è stata costretta ad allungare le gambe del carrello cambiandone ulteriormente gli equilibri dinamici e aerodinamici. 

Questo sistema serve a prevenire, in alcuni particolari abbinamenti di assetto e potenza del MAX, una potenziale condizione di stallo aerodinamico delle ali che potrebbe avere conseguenze disastrose.

L’MCAS utilizza un unico sensore di angolo di attacco per determinare se deve entrare in azione. Di fatto, un sistema che agisce senza il controllo dei piloti, su un aspetto fondamentale come l’assetto verticale del velivolo, e riceve alcune delle informazioni sulle quali basa le sua azione da un unico sensore. 

L’equipaggio di volo del volo Lion Air 610 riuscì temporaneamente a interrompere questa discesa e comunicare al controllore del traffico aereo di avere “problemi con i comandi di volo”.

I piloti del MAX non erano stati informati correttamente del funzionamento di questo sistema e non sapevano che lo stesso avrebbe agito senza alcun preavviso. Inoltre, il rateo di comando del MCAS, contrariamente a quanto indicato da Boeing sull’FCOM – manuale operativo dell’aeromobile, bibbia per i piloti – agisce in realtà con una velocità quattro volte superiore a quanto descritto.

I dati presentati dalle autorità indonesiane indicano come, quasi immediatamente, iniziò una guerra per controllare l’assetto longitudinale del velivolo. Da una parte i piloti, ignari del funzionamento dell’MCAS, che tiravano la cloche verso di loro per mantenere il volo livellato o, eventualmente, riguadagnare quota, dall’altra la “macchina”, che comandava un input contrario perché l’MCAS – probabilmente ingannato dall’unico sensore che gli indicava la presenza di uno stallo aerodinamico – cercava di far scendere il velivolo.

Questo sali e scendi frenetico accadde per due dozzine di volte.

I piloti hanno anche agito ripetutamente sul comando del Trim verticale, che interviene sulla stessa superficie di volo comandata dall’MCAS per cercare di riguadagnare il controllo del velivolo ma – ogni volta – dopo circa dieci secondi, il computer inesorabilmente riposizionava lo stabilizzatore di profondità in una posizione che portava il velivolo ad abbassare il muso verso una spaventosa picchiata.

E così, dopo una battaglia estenuante, probabilmente confusi e sopraffatti dagli innumerevoli dati discrepanti e da una macchina che combatteva contro di loro, i piloti – insieme all’equipaggio e ai loro passeggeri per un totale di 189 le anime a bordo – si sono inabissati nel mare di Giava a oltre 390 nodi dopo una discesa di cinquemila piedi. 

Dell’incidente del volo Ethiopian ET302, si sa ancora poco. Le uniche due informazioni importanti attualmente disponibili sono la dichiarazione della Bea sulle numerose analogie riscontrate dall’analisi preliminare dei dati del flight data recorder con il volo Lion Air610 e il ritrovamento della vite dell’attuatore dello stabilizzatore di profondità nella posizione a fondo corsa, per comandare una picchiata del velivolo. Una posizione che nessun pilota avrebbe mai utilizzato durante quella fase di volo.

Cabina di pilotaggio del Boeing 737 MA8

Seppure sia ancora troppo presto per attribuire all’MCAS del 737 MAX le colpe dell’incidente dell’Ethiopian Airlines del 10 marzo 2019 – come invece sembra sempre più evidente per quello del volo Lion Air 610 del 29 ottobre 2018 – molti esperti s’interrogano del perché Boeing abbia deciso di implementare un sistema di controllo dell’assetto verticale – ovvero del movimento dell’aeromobile sul suo asso laterale – senza informare in modo adeguato i piloti che l’avrebbero fatto volare. 

Mentre non stupisce – i costi nel trasporto aereo sono controllati ferocemente – che i piloti non fossero stati sottoposti a un opportuno percorso addestrativo – gli equipaggi che passano dal 737 NG al MAX lo possono fare con un piccolo corso teorico online – è sorprendente come l’MCAS non utilizzi almeno un sensore di riserva per un sistema così fondamentale visto che negli aerei di linea la ridondanza di sistemi, sensori, computer, motori, comandi di volo è la norma.

Inoltre, dopo le rivelazioni del Seattle Times del 17 marzo al riguardo della mancata sorveglianza dell’FAA sul processo certificativo del 737 MAX e la sua quasi completa delega al costruttore – guarda caso in particolare del sistema MCAS – la stessa FAA sta ricorrendo ai ripari per assicurarsi che tutte le misure necessarie per rimettere in volo il 737 MAX avvengano sotto la sua diretta vigilanza.

Il Boeing 737 MAX nacque dalla necessità di dare una risposta immediata al lancio dell’Airbus A-320 NEO nel 2010, e questo portò Boeing a decisioni progettuali discutibili: il 737 era un aereo che difficilmente sarebbe riuscito ad accomodare i nuovi moderni propulsori che, essendo sempre più grandi, facevano pensare a molti addetti ai lavori che Boeing rispondesse con un aereo completamente nuovo. Ma il suo sviluppo avrebbe richiesto moltissimi miliardi di dollari e, sopratutto, troppo tempo. 

E così, Boeing decise d’intraprendere la strada più comoda e nacque il 737 MAX, che per antichi limiti progettuali divenne presto una versione Frankenstein del suo predecessore.

Un aereo che ha avuto un grande successo commerciale – al pari dell’A-320 NEO, molto più moderno – visto che il suo sviluppo, costato pochissimo, si è riflesso sui prezzi d’acquisto che hanno pagato le compagnie aeree. 

Ora però, con due incidenti alle spalle e una messa a terra che non si sa ancora quanto possa durare, l’aereo sembra non essere più cosi conveniente.

L’aereo Frankenstein ultima modifica: 2019-03-20T19:39:21+01:00 da TOMMASO BRAIT
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5 commenti

Marco Marchetti 20 Marzo 2019 a 22:22

Articolo molto ben scritto, e completo di una analisi quasi sussurrata. Speriamo che i giornalisti del corriere e di repubblica possano trarre ispirazione per i loro futuri articoli aeronautici.

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2019-03-21T15:38:21.000Z – Marco Zanetti 21 Marzo 2019 a 16:39

[…] https://ift.tt/2WcLk27 Link: L’aereo Frankenstein […]

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Gualtiero Maldè 21 Marzo 2019 a 18:54

Ottima spiegazione dal punto di vista di un pilota competente. Credo ci siano altre considerazioni da fare su come vengono immesse le innovazioni nel settore aeronautico, un tempo prudentissimo e recalcitrante alle novità. Qui invece i piloti hanno scoperto loro malgrado che c’era un terzo pilota a bordo, più forte di loro, che ha avuto la meglio…

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Stefano 24 Marzo 2019 a 8:20

I sensori di assetto (AOA) sul Max sono due e non uno, il problema è che non essendo presente un terzo sensore non è possibile fare un “voting” tra due sensori con uguali input ed un terzo discrepante per escluderlo. Con due il sistema non può sapere quale sta fornendo i dati corretti. E’ come per gli orologi, se l’ora non è una informazione importante, ne puoi indossare uno, se è importante ma non vitale ne indossi due, se sono in accordo sei ragionevolmente certo, se sono in disaccordo non sai che ora è, se è vitale sapere che ora è, ne indossi tre, se uno da indicazioni diverse dagli altri due quasi certamente sono la coppia uguale ad avere ragione. Beh, il sistema del MAX ha due sensori e quando uno dei due da un segnale differente dal’altro il software segue le indicazioni del sensore con i dati più negativi e non l’altro, e lo fa senza avvisare i Piloti. La soluzione trovata da Boeing è di variare il software in modo che in caso di differenze significative tra i dati dei due sensori (credo >5,5°) il sistema faccia partire un avviso di allarme ai Piloti che, con una apposita procedura già presente prima degli incidenti, possono escludere il sistema, così come fatto dai Piloti del volo precedente quello dell’incidente in Indonesia.

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Sarah Medici 7 Aprile 2019 a 11:49

Le informazioni dalle quali il MCAS agisce si basano su un unico sensore AOA (angle of attack)

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