È ancora lui la diga anti-Le Pen

Emmanuel Macron intensifica la contrapposizione tra europeisti e nazionalisti con l’avvicinarsi delle elezioni europee. E i partiti tradizionali di destra e di sinistra fanno difficoltà a trovare uno spazio politico.
MARCO MICHIELI
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[PARIGI]

Con il passare dei mesi la diminuzione dei partecipanti alle manifestazioni dei gilet gialli è diventata inversamente proporzionale alla popolarità di Emmanuel Macron. Per quanto il presidente francese sia ben lontano dai livelli di consenso post-elezioni, i sondaggi lo danno in lento recupero e ha raggiunto qualche settimana fa il livello di popolarità (non altissima) precedente al movimento dei gilet gialli. E il suo partito sembra avvantaggiarsene.

En Marche si appresta infatti ad affrontare le elezioni europee in quello che tutte le rilevazioni ad oggi fatte prevedono essere un testa a testa con il Rassemblement National di Marine Le Pen.

La forza del partito di Macron non risiede negli “straordinari” successi ottenuti (anche se sono state approvate riforme importanti accolte più o meno freddamente). Il presidente francese, che indubbiamente vuole comunicare un’idea della Francia positiva e proattiva, gode soprattutto dell’assenza di alternative praticabili al suo governo. L’alternativa infatti ad oggi è rappresentata da Marine Le Pen. E il presidente francese non smette di ricordarlo.

Con un avversario così estremo, En Marche è diventato il punto di ritrovo di varie tendenze politiche unite da alcuni valori comuni – l’europeismo in primis – e soprattutto dall’opposizione agli estremi di destra e di sinistra (per quanto Jean-Luc Mélenchon negli ultimi mesi si sia molto indebolito). Se la scelta è tra gli europeisti e i nazionalisti, per i partiti che non si posizionano lungo questa linea di frattura diventa molto difficile entrare nell’agone politico. E oggi ne fanno le spese Les Républicains, che non si riconoscono nell’europeismo di Macron ma non vogliono essere etichettati come nazionalisti.

Macron ha vinto le elezioni presidenziali essenzialmente grazie agli elettori di sinistra e di centro. Oggi, da questa posizione centrale, il suo partito si permette di fare “scorribande” a destra e nel campo dell’ambientalismo. È in questa chiave che si deve leggere anche la sua recente lettera agli europei che, con l’intervista a Fabio Fazio, ha di fatto lanciato la campagna elettorale per le europee del partito di Macron.

Nella lettera Macron parla infatti di un nuovo Rinascimento europeo e di un’Europa che protegge i suoi valori e le sue frontiere, in un contesto dove il tema dell’immigrazione è sentito come quello più urgente da risolvere. Il ministro agli affari europei Nathalie Loiseau (e capolista di En Marche alle elezioni europee) l’ha chiarito bene:

Quando si tratta di immigrazione illegale, l’Europa non può essere un colabrodo e non può essere uno spazio aperto a tutti.

E l’effetto di queste dichiarazioni non si è fatto attendere. Molte personalità della destra francese hanno applaudito la linea di Macron. E dopo l’arrivo nella maggioranza macroniana dell’ex primo ministro Alain Juppé, nominato dal presidente al Conseil Constitutionnel (la Corte costituzionale), è stata la volta di Jean-Pierre Raffarin, ex primo ministro di Jacques Chirac, che ha espresso il suo sostegno al presidente delle repubblica.

Nonostante l’ingresso sulla scena nazionale dei gilet gialli, la ricomposizione del quadro politico francese non sembra essersi arrestata. Mentre la frammentazione della sinistra è avvenuta prima delle elezioni presidenziali, con buona parte degli elettori socialisti che hanno votato per Macron (e disdegnato il candidato socialista ufficiale Benoît Hamon) e l’elezione di una numerosa pattuglia socialista-macroniana alle legislative, la destra si sta rompendo nel fase post-presidenziale.

Il presidente francese Emmanuel Macron durante l’intervista a Fabio Fazio per la trasmissione “Che tempo che fa”

Questo spostamento a destra di Emmanuel Macron sta causando però qualche problema nel suo partito-movimento. Perché se molti deputati hanno un passato socialista, quest’interesse per i voti della destra li mette in difficoltà. Era già accaduto con la legge sul diritto d’asilo e sull’immigrazione, dove si era verificata una rottura tra un’ala di centrosinistra, più sensibile alle tematiche umanitarie, e quella più pragmatica e flessibile sui temi della sicurezza.

A queste difficoltà con la sinistra del suo movimento e una parte dei suoi elettori, Macron cerca di rispondere con la campagna acquisti in campo ambientalista, altro tema sentito dagli elettori sopratutto a sinistra. Ed ecco infatti arrivare l’eurodeputato verde Pascal Durand, ex leader di Europe Ecologie-Les Verts (EELV) che, presentando la propria candidatura alle europee con la lista di En Marche, ha dichiarato:

Emmanuel Macron è il passaggio obbligato per difendere una certa visione dell’Europa, come prima di lui lo erano stati Jacques Delors, Simone Veil o Daniel Cohn-Bendit […] non si può restare alla finestra e guardare i regimi autoritari, i nazionalisti e l’estrema destra crescere ineluttabilmente.

Macron come baluardo contro la possibile vittorie alle europee dell’estrema destra. E il perno da cui partire per creare nuove alleanze nel futuro Parlamento europeo:

[…] un’alleanza maggioritaria che dovrà andare da Michel Barnier (ex commissario europeo e negoziatore della Brexit, possibile presidente della Commissione europea, ndr) ai Verdi, passando per i socialisti.

Una pluralità di voci quella che caratterizza lo schieramento “progressista” (come si definiscono) di En Marche che rende molto delicato il passaggio della composizione della lista. Se La République en marche rappresenta già un mosaico di voci, la lista dovrà offrire posizioni eleggibili agli alleati della prima ora del MoDem (il partito di François Bayrou), al gruppo di Juppé riuniti nel partito Agir e i social-liberali del Mouvement radical, social et libéral.

Macron si sta giocando molto con queste elezioni europee. Sul piano interno infatti la conclusione del Grand débat, organizzato in risposta al movimento dei gilet gialli, potrebbe non essere all’altezza delle aspettative. E se perde le elezioni europee, il suo peso all’interno del Parlamento europeo e la sua leadership europea – anche in assenza di veri competitors – ne sarebbe gravemente intaccata.

Fortuna vuole che i “vecchi” partiti abbiano molte difficoltà e perseguano il ritorno ad un vecchio modello di competizione politica – destra contro sinistra, Les Républicains contro il Parti Socialiste – che sembra ormai terminato. Il Ps soprattutto ma anche Les Républicains penano a trovare una posizione in questo sistema politico. Mentre i socialisti lottano per superare la soglia del cinque per cento ed entrare al Parlamento europeo, les Républicains guidati da Laurent Wauquiez si stanno spostando pericolosamente a destra per lanciare la concorrenza sui temi cari a Le Pen ma senza grande successo secondo i sondaggi, che premiano l’originale, e con la perdita dell’ala centrista del partito grazie all’aiuto del fedele primo ministro di Macron: Eduard Phillippe, “allievo” politico di Alain Juppé.

Jean-Pierre Raffarin, che è stato primo ministro di Jacques Chirac dal 2002 e che si è dimesso nel 2005 in seguito alla vittoria riportata dal no nel referendum sul trattato costituzionale europeo, ha chiarito il problema del partito che raccoglie l’eredità di de Gaulle:

L’elettorato di destra e di centro è disperso. Una parte di questi sostiene Emmanuel Macron. Les Républicains invece non hanno una linea coerente sull’Europa, perché sono rimasti molto divisi dal risultato del referendum del 2005. Quindi oggi scelgo di sostenere la lista che mi sembra rispondere al meglio alle sfide che affrontiamo in Europa.

Non è infatti chiaro che cosa pensi Laurent Wauquiez dell’Europa. E in questa mancanza di chiarezza, che i moderati del partito vedono come l’attesa prima di un riposizionamento euro-tiepido, l’incapacità di Wauquiez di riunire tutte le correnti della destra ha spinto una parte di questi tra le braccia di Macron.

Alain Juppé (a sinistra) e Jean-Pierre Raffarin (a destra), i due ex primi ministri francesi di Jacques Chirac che ora sostengono Emmanuel Macron

A sinistra le cose non vanno meglio e tutti vanno in ordine sparso. Benoît Hamon ha presentato la propria lista, dopo aver tentato invano di formare un’alleanza di sinistra (escludendo i socialisti) e ha deciso di allearsi con DiEM25, il partito dell’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis e Dema il partito creato dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris.

Per il Ps la situazione è ancora peggiore.

Nel 2012, quando François Hollande entra all’Eliseo, i socialisti dominano il potere esecutivo, il Parlamento (Assemblea Nazionale e Senato) e quasi tutte le regioni, la grande maggioranza dei dipartimenti e delle città. Oggi rimane loro ben poco. E le difficoltà per la creazione della lista per le europee e la mancata alleanza della sinistra, proposta lanciata ma rifiutata sia da Jean-Luc Mélenchon sia da Benoît Hamon (ma anche dagli “alleati” ecologisti e comunisti), lo dimostrano. E poi il caso di Ségolène Royal, ex candidata alle presidenziali del 2007 ed ex ministra dell’ambiente, che ha paragonato Emmanuel Macron a François Mitterrand, il rimpianto leader socialista, un passo ulteriore di Royal verso il partito del presidente delle repubblica, secondo i commentatori.

Molti a sinistra scommettono sul fallimento dei socialisti, fallimento che chiuderebbe definitivamente la porta a qualsiasi tentativo di ripresa politica. E il rischio di insuccesso è alto. Il segretario dei socialisti, Olivier Faure, deve cercare di riannodare il legame con i suoi ex elettori, distaccandosi dagli anni di François Hollande, e cercare di trovare una propria voce tra le sirene macroniane e l’attività frenetica dei partiti alla sua sinistra. E per ritrovare un po’ di fiato ha stretto un’alleanza con Place publique, un piccolo partito di sinistra nato dall’idea di Raphaël Glucksmann (figlio del filosofo André Glucksmann), a cui però qualcuno rimprovera un passato sostegno (ma negato più volte) a Nicolas Sarkozy. Un’alleanza che non mette tutti d’accordo nel Ps poiché Faure ha scelto Glucksmann come capolista. E l’idea che sia una non-socialista a guidare la lista dei socialisti ha fatto andare su tutte le furie l’altro uomo “forte” del Ps, l’ex ministro e hollandiano di ferro Stéphane Le Foll. Che si è sospeso dalla direzione del partito.

Tutti i partiti della galassia socialista rischiano però di restare fuori dal Parlamento europeo. Secondo un sondaggio Ipsos-Sopra Steria, la lista guidata da Benoît Hamon raccoglierebbe il cinque per cento, così come quella del Parti socialiste, dietro la lista degli ecologisti (otto per cento) et La France Insoumise di Mélenchon (otto per cento).

Anche La France Insoumise (Lfi) è però in grande difficoltà e lontana dai risultati delle presidenziali. La frammentazione della sinistra attorno a varie personalità politiche sta sottraendo voti al partito di Mélenchon. In particolare la presenza di una lista ecologista rischia di danneggiare Lfi. E i verdi sono diventati il nuovo obiettivo degli attacchi della sinistra. Contro Yannick Jadot, capolista dei Verdi alle elezioni europee, che si era espresso a favore di un’alleanza tra le forze europeiste al Parlamento europeo che comprendesse anche i Verdi, si sono schierati tutti i responsabili del partito di Mélenchon, che hanno accusato Yadot di volere “un’ecologia compatibile con il mercato”.

A una nuova competizione elettorale corrisponde poi per La France Insoumise anche un cambio di programma. I candidati “insoumis” preferiscono non parlare del famoso piano B di Mélenchon (“o l’Europa riforma i trattati come diciamo noi o usciamo”) e preferiscono parlare delle convergenze tra il loro programma e quello dei gilet gialli. Un atteggiamento non molto diverso da quello di Marine Le Pen, che dopo la sconfitta alle elezioni presidenziali ha deciso di togliere dal proprio programma l’uscita della Francia dall’Euro.

Mentre la sinistra è presa da ciò che sa fare meglio – le guerre intestine – e la destra rincorre Marine Le Pen, perdendo pezzi al centro, Emmanuel Macron, pur con molte difficoltà, “regna”.

Che questo “sistema” partitico sia transitorio oppure no, è ancora presto per dirlo. Quel che è certo è che per ora sull’opposizione tra europeisti e sovranisti-nazionalisti si sta definendo lo scontro politico in Francia dei prossimi anni.

Una sinistra frammentata, una destra che sembra ricostruirsi attorno al discorso pubblico di Marine Le Pen – a cui sempre più elettori de Les Républicains sembrano guardare – e un centro che deborda a destra e a sinistra e che, grazie al sistema elettorale e istituzionale francese, potrebbe esprimere il presidente della repubblica ancora per lungo tempo.

Il segretario del PS Olivier Faure (a sinistra) e Raphaël Glucksmann (a destra) capolista socialista alle prossime elezioni europee
È ancora lui la diga anti-Le Pen ultima modifica: 2019-03-22T09:56:22+01:00 da MARCO MICHIELI
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