Michel Temer, ex presidente brasiliano dal 2016 al 2018 è stato arrestato nel quadro di un’operazione legata allo scandalo Lava Jato che ha già mandato in carcere l’ex presidente Lula, che dall’aprile dell’anno scorso sta scontando una condanna a dodici anni per corruzione passiva e riciclaggio di denaro.
Temer, uomo politico conservatore ed esponente del Movimento Democrático Brasileiro (MDB), era vicepresidente di Dilma Rousseff, che ha sostituito nel maggio del 2016 quando fu coinvolta in uno scandalo di manipolazione di conti pubblici. Un episodio in cui molti nella sinistra brasiliana, e non solo, vedono l’inizio di un lento colpo di stato a tappe, che ha fatto fuori prima Dilma, mandato in carcere Lula che si dichiara innocente, e consegnato il paese all’ultradestra di Jair Bolsonaro.
Giù durante i suoi due anni d’incarico, Temer, che ha ottenuto il non gradito primato di presidente meno amato nella storia del paese, era stato oggetto di denuncia da parte della magistratura brasiliana, ma aveva potuto evitare il procedimento facendosi scudo con la carica esercitata. Ora, dopo aver fatto il passaggio di consegne con Jair Bolsonaro il primo gennaio scorso, i giudici hanno potuto finalmente procedere ordinandone l’arresto.
I suoi guai giudiziari hanno avuto inizio quando il quotidiano O Globo nel maggio di due anni fa ha divulgato una registrazione di un colloquio tra Joesley Batista – dirigente di JBS, gigante dell’alimentazione – e Michel Temer, durante il quale l’ex presidente sembra sollecitare il pagamento di una tangente.
In una conferenza stampa, i giudici che conducono l’indagine hanno detto che Temer, che è stato deputato per più di quindici anni prima di essere vicepresidente, aveva fatto parte dagli anni Ottanta di un’iniziativa illegale finalizzata a mettere le mani sui fondi pubblici.
Nella fattispecie, l’ex presidente, che ha settantotto anni, è accusato di essere all’origine di una tangente di quasi mezzo milione di dollari, che gli sarebbe stata pagata in cambio di un contratto per la centrale nucleare di Angra 3, a sud di Rio, i cui lavori sono iniziati trentacinque anni fa e non sono mai stati conclusi.
Temer è inoltre implicato in una dozzina d’inchieste che la magistratura brasiliana di San Paolo e di Rio de Janeiro sta conducendo a suo carico, e deve anche rispondere davanti al Supremo tribunale federale.
L’arresto, ordinato dal giudice Marcelo Bretas, s’inquadra nello scandalo Lava Jato che ha messo a nudo l’enorme rete di tangenti pagate dai costruttori di Odebrecht ai politici brasiliani di ogni tendenza per ottenere contratti con il gigante del petrolio brasiliano Petrobras. Uno scandalo che dal Brasile si è diffuso in quasi tutti i paesi latinoamericani, coinvolgendo buona parte della classe politica.
Quella che era cominciata cinque anni fa come un’indagine su presunte irregolarità commesse da case di cambio ha fatto emergere una rete estesissima di corruzione. Nel corso delle indagini, i giudici hanno potuto scoprire come le grosse imprese di costruzione pagavano per ottenere contratti da Petrobras, i cui benefici venivano suddivisi tra imprenditori e politici corrotti, il cui compito precipuo era quello di mantenere alla testa dell’impresa statale i loro complici.
Il Movimento Democrático Brasileiro, alla cui testa è appunto Michel Temer, ha avuto per molto tempo influenza sulle nomine nel settore energetico, compreso quello nucleare. Il bilancio dell’inchiesta, non ancora conclusa, per quanto riguarda il Brasile ha fino a ora portato a cinquanta processi, 242 sentenze contro 155 imputati, condanne a un totale di 2242 anni di carcere.

Alla notizia dell’arresto dell’ex presidente, il real, la moneta in corso in Brasile, si è deprezzata, e la borsa ha perso circa l’un per cento, denunciando il timore diffuso nel mondo economico che il proseguimento dell’inchiesta e il probabile coinvolgimento di altri uomini politici possano ritardare il processo di riforme economiche che il paese sta dibattendo, a iniziare da quella delle pensioni.
Una misura fortemente antipopolare su cui gli ambienti economici che sorreggono Bolsonaro puntano per poter stornare consistenti fondi dalla previdenza al finanziamento della ripresa. Mentre il presidente sembra indebolito non solo da alcuni scandali che hanno coinvolto uomini del suo governo, ma anche da un calo verticale di popolarità attestato da un sondaggio di mercoledì di Ibope che gli assegna il sostegno di un terzo del paese. Il peggior risultato mai registrato nella storia democratica del Brasile da un presidente all’inizio del suo mandato, dopo che a ottobre dell’anno scorso Jair aveva vinto a mani bassa. E che il discusso provvedimento sulla riforma neoliberale delle pensioni potrebbe persino aggravare, riempiendo le piazze della protesta, e dando fiato alle ragioni di un’opposizione che dà qualche segno di vita.
L’agenzia Reuters riporta oggi l’opinione di Danilo Gennari di DRG Brasilia, secondo il quale quanto è accaduto
potrebbe rallentare il processo di riforma delle pensioni che è già deludente. L’arresto di Temer non aiuterà il clima del Congresso.
Insomma, una situazione che dà più di qualche grattacapo al nuovo presidente. Al quale forse non basterà aver confermato da Santiago del Cile che quanto accaduto a Temer è il risultato di pratiche corrotte su cui ha giurato di mettere la parola fine.

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