Con la riapertura, dopo più di un secolo di oblio e degrado, dell’edificio che un tempo fu la chiesa di San Lorenzo, Venezia acquista un nuovo grande e stupendo spazio espositivo, a due passi da San Marco. La chiesa del XVI secolo diventa il quartier generale di un progetto del nostro tempo e del futuro, Ocean Space, lanciato dalla TBA21-Academy.
Venezia riabbraccia così un suo monumento emblematico, la chiesa che ospitò le spoglie di Marco Polo, cittadino di una città che ha sempre guardato oltre e che torna a farlo in maniera intelligente grazie a un’organizzazione che pensa al mondo di domani, salvaguardano gli oceani e il clima con la forza dell’arte.
Con Ocean Space, questo spazio veneziano diventa “l’ambasciata” degli oceani nel Mediterraneo, come dicono i promotori dell’iniziativa.

Organizzazione di ricerca senza scopo di lucro e con una missione filantropica, TBA21-Academy è sostenuta da privati, fondazioni, università, agenzie governative e aziende. L’obiettivo? Promuovere una ricerca transdisciplinare che stimoli l’interazione tra nuove conoscenze e produzione artistica. L’arte come veicolo di cambiamento, anche in campi apparentemente distanti da essa, come la tutela dell’ambiente e la ricerca scientifica. Come, nel caso in specie, la ricerca oceanografica.
Ocean Space è dunque una piattaforma collaborativa che valorizza la sinergia tra scienziati e artisti, ricorda il co-fondatore e direttore della TBA21-Academy, Markus Reymann, richiamando l’attenzione proprio sulla volontà di valorizzare gli approcci pluridisciplinari.
La TBA21 ha anche iniziato una collaborazione con ISMAR, Istituto di scienze marine, con la sede veneziana dell’Unesco, perché Venezia
non sia solo un museo del passato, ma un laboratorio del futuro.
La TBA21-Academy ha ottenuto nel 2016 dal Comune di Venezia la concessione d’uso a lungo termine della chiesa, con lo specifico intento sia di creare un nuovo centro d’arte e di ricerca sia di restituire alla comunità e ai cittadini veneziani l’edificio.
Tre generazioni di veneziani non hanno potuto vedere l’interno di questa chiesa,
ha ricordato la fondatrice di TBA21-Academy, Francesca Thyssen-Bornemisza.
Per renderlo agibile, è stata realizzata un’importante opera di stabilizzazione e di consolidamento dell’edificio, grazie all’esperto di restauri Gionata Rizzi e all’architetto Franco Pianon.
Non è un vero restauro, ma una messa in sicurezza dell’edificio. L’intervento si è limitato al consolidamento della struttura rispettando la storicità e i materiali,
ha sottolineato Piannon.

Perché Venezia? Una scelta non casuale nella sua evidenza di città d’acqua per antonomasia. La città lagunare, ragiona Francesca Thyssen-Bornemisz, non solo è legata in modo indissolubile all’acqua, ma proprio per la sua storica vocazione commerciale è sempre stata una città che ha fatto dell’incontro di culture diverse il suo punto di forza, dove arte, cultura e scienza hanno sempre convissuto.
Viene naturale pensare come Venezia sia una delle città maggiormente esposte agli effetti del cambiamento climatico e dell’innalzamento del livello del mare, che, quindi rendono ancora più attuali e importanti i programmi di Ocean Space nella loro connessione fisica con la città lagunare. Francesca ha voluto anche soffermarsi sull’importanza della sede espositiva, un monumento che calza a pennello per la mostra, uno spazio che nella sua maestosa grandezza, resa ancora più tale dalla sua attuale nudità, ben si sposa col tema dell’oceano.

A inaugurare l’Ocean Space (24 marzo-29 settembre) sarà il progetto dell’artista statunitense Joan Jonas, commissionato da TBA21-Academy. L’artista torna così a Venezia dopo aver rappresentato gli Stati Uniti alla cinquantaseiesima Biennale nel 2015.
La sua installazione Moving Off the Land II, basata sulle recenti performance dell’artista a conclusione di tre anni di attività di ricerca ed esplorazione condotte in collaborazione con l’accademia, riunisce disegni, sculture, videoinstallazioni e composizioni sonore su larga scala, con il chiaro intento di rendere omaggio all’oceano, alla biodiversità marina e alla vulnerabilità dei suoi ecosistemi.
Il tema della fragilità degli ecosistemi marini è stato magistralmente preso in esame da Sylvia Earle, biologa marina e oceanografa che ha ricordato come nella sua lunga carriera abbia visto in prima persona gli enormi cambiamenti che gli oceani hanno subito:
Anch’io pensavo che gli oceani fossero troppo grandi per risentire dell’azione dell’uomo, ma sfortunatamente non è così e quindi bisogna agire.
Intervistata dalla curatrice della TBA21-Academy, Stefanie Hessler, ha sottolineato come la città lagunare sia il luogo perfetto per questa mostra. Il mare, nota l’artista, è come il nostro inconscio e gli oceani, proprio come il nostro inconscio, sono il nostro profondo da esplorare. L’installazione è il coronamento di tre anni di ricerca intensiva negli acquari di tutto il mondo e nelle acque al largo delle coste della Giamaica.
L’artista ha voluto anche ringraziare David Gruber, biologo marino e specialista di barriera corallina e fotosintesi che ha condiviso con lei le sue registrazioni sottomarine sul fenomeno della biofluorescenza.
La mostra rimarrà aperta al pubblico gratuitamente dal 24 marzo al 29 settembre. Durante tutto questo periodo Ocean Space propone una ricca agenda di appuntamenti: il 6 aprile in collaborazione con Incroci di civiltà ospiterà una conversazione sul cambiamento climatico con la scrittrice norvegese Maja Lunde; il 7 maggio sarà il momento della performance Moving Off The Land di Joan Jonas, il giorno 8 maggio si terrà la conversazione tra il biologo marino David Gruber e l’artista islandese Olafur Eliasson.
Degno di attenzione è il programma educativo che Ocean Space promuoverà a Venezia. Lo scopo sarà quello di ridefinire il ruolo delle arti durante un periodo di forte cambiamento climatico, e cercherà di collegare la comunità con artisti, ricercatori e scienziati per sollecitare e generare risposte positive alle pressanti sfide ambientali.

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