Le banche non fanno più prestiti… ai partiti

Gli istituti finanziari francesi hanno deciso di non prestare più soldi “facili” ai partiti per le campagne elettorali. E i “cattivi clienti” si lanciano in appelli al “popolo”, alla ricerca di nuovi finanziamenti.
MARCO MICHIELI
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Jean-Luc Mélenchon aveva lanciato qualche settimana fa un appello ai cittadini per un prestito “popolare”. Marine Le Pen l’ha seguito qualche giorno dopo, durante un’intervista televisiva, quando ha chiesto ai simpatizzanti e ai “patrioti” di aiutarla a finanziare la campagna elettorale per le europee. E non sono i soli: le difficoltà finanziarie toccano i partiti di destra e quelli di sinistra in egual misura.

Perché? Il problema dei partiti sono le banche. Per le prossime elezioni europee molti istituti bancari hanno infatti deciso di essere molto più severi sull’apertura di linee di credito per i candidati e i partiti politici: chi richiede i prestiti deve essere in grado di rimborsarli, come un cittadino qualsiasi. E non tutti i partiti e candidati lo sono. A questo criterio iniziale se ne sommano poi altri due: garanzie – cauzioni o ipoteche – e la lista delle precedenti richieste di finanziamento.

Benoît Hamon

Di queste difficoltà ne ha avuto testimonianza diretta anche Benoît Hamon. L’ex candidato socialista alle presidenziali e leader del partito di sinistra Générations si è visto rifiutare un prestito di quattrocentomila euro. La banca in questione era il Crédit coopératif che fa prestiti a Hamon sin dalle presidenziali del 2017 e che ha tra i suoi obiettivi proprio il sostegno al mondo associativo. Questa volta però il Crédit ha voluto delle garanzie in più per la concessione del prestito: la presentazione di tre sondaggi consecutivi in cui il partito di Hamon fosse al di sopra del 7 per cento delle intenzioni di voto – difficile per un partito che lotta per superare la soglia di sbarramento del 5 per cento – e i beni personali di Hamon. Troppo per Générations. Soprattutto perché, per ottenere i rimborsi statali per le elezioni europee, è sufficiente passare la soglia del 3 per cento.

Anche altri piccoli partiti si sono trovati nella stessa situazione. Mentre qualcuno ha dovuto far fronte alle spese utilizzando i fondi di partito o personali, altri hanno fatto ricorso ai propri simpatizzanti. Come il Parti communiste français che per finanziare la propria campagna elettorale non si è nemmeno rivolto alle banche ma ha fatto appello ai propri elettori (e alle sezioni locali). Altri, come il Nouveau parti anticapitaliste di Philippe Poutou, hanno invece gettato la spugna: pochi simpatizzanti e impossibilità di richiedere prestiti alle banche rendevano impossibile la partecipazione alle elezioni europee.

La novità però è che siano i “grandi” partiti a trovare chiusi gli sportelli delle banche. La France Insoumise, il Rassemblement National e Les Républicains hanno tutti dato conto di questa difficoltà. Les Républicains e i socialisti – quest’ultimi hanno però ottenuto un prestito – scontano poi la perdita dei fondi in base ai risultati elettorali: le legislative hanno fatto pressoché sparire i socialisti e indebolito notevolmente il partito che fu di Sarkozy. Per la struttura “pesante” dei partiti tradizionali con sedi e impiegati questo ha comportato notevoli sacrifici, anche con la vendita della storica sede di Rue Solférino per il Ps.

La France Insoumise e il Rassemblement National hanno però intrapreso la strada dell’appello al “popolo” per ottenere dei finanziamenti dai simpatizzanti. E nel caso del partito di Mélenchon sembra essere un successo. La France Insoumise avrebbe ottenuto circa settecentomila euro soltanto in qualche ora, grazia alla propria piattaforma di raccolta fondi. A questa somma devono essere aggiunti poi quasi duecentomila euro ottenuti da donazioni precedenti. Per il Rassemblement National è ancora troppo presto per giudicare, ma è probabile che i risultati non siano molto diversi.

Ovviamente queste difficoltà alimentano il dibattito politico. Marine Le Pen infatti ci vede una volontà di boicottare il suo partito e tutti i partiti che sono avversari dell’attuale inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron.

In realtà la situazione è molto più complessa. I partiti sono obbligati a chiedere prestiti per l’attività politica perché lo Stato rimborsa solo a posteriori le spese per la campagna elettorale e le donazioni private hanno un plafond di 7.500 euro. Inoltre, se un tempo bastava entrare in parlamento per vedersi aprire una linea di credito, il terremoto elettorale del 2017, con le sconfitte dei partiti maggiori francesi, ha suggerito alle banche più cautela nei prestiti. Oggi molte non sono più disponibili a prestare soldi a fondo perduto. Tanto che alcuni istituti finanziari hanno deciso di adottare un principio di neutralità politica: nessun finanziamento ai partiti politici e ai candidati. È il caso di Société générale, per esempio, che già nel passato aveva chiuso i conti del Front National. E molte banche hanno cominciato ad assumere sondaggisti ed esperti per poter meglio gestire le pratiche che costantemente arrivano dai partiti politici.

Infine sono intervenute nuove regole per le banche, con costi notevoli in termini di controllo. Oggi gli istituti finanziari devono assicurare che i conti bancari dei candidati siano lontani da ogni sospetto di riciclaggio di denaro. Una sorveglianza che ha spinto molte banche a chiudere conti di molti candidati legati ai maggiori partiti, perché persone dell’entourage politico o familiari non assicuravano la trasparenza richiesta.

In realtà le responsabilità della politica sono maggiori di quanto si pensi. In questi anni gli scandali finanziari legati alle spese dei partiti e dei candidati, a finti rimborsi e a finanziamenti occulti hanno caratterizzato la vita politica francese. E ogni volta che le regole diventano più severe, scoppiano nuovi scandali. Dal 1995 non c’è campagna elettorale che non sia stata colpita da qualche irregolarità nei finanziamenti.

Per le banche però la data fondamentale è il 2012, l’anno della sfida tra l’allora presidente Nicolas Sarkozy e François Hollande, il candidato dei socialisti. La campagna elettorale di Sarkozy necessita di molti fondi e le banche vi contribuiscono. Senza grande successo poiché Hollande lo sconfigge al ballottaggio. Un anno dopo la commissione che deve attestare la correttezza delle spese per la campagna elettorale dei candidati, e quindi autorizzarne il rimborso statale, decide che le spese per la campagna elettorale di Sarkozy non sono rimborsabili. Gli undici milioni di euro non rimborsati obbligano Les Républicains (allora Ump) a tagli drastici per ripagare i prestiti chiesti alle banche. Poco dopo la magistratura comincia a indagare sulla campagna elettorale del 2007 perché sospetta finanziamenti della Libia del colonnello Gheddafi all’allora candidato Sarkozy.

Nicolas Sarkozy con Muʿammar Gheddafi

In epoca di crisi finanziaria, improvvisamente i partiti diventano dei clienti rischiosi.

Il presidente Hollande decide poi di intervenire sul settore dei finanziamenti ai partiti politici: una nuova legge obbliga quindi i partiti a rendere noti i nomi delle banche che hanno fatto loro dei prestiti. E per molte banche nascono dei problemi di reputazione. Perché prestare soldi a partiti opachi e incapaci di gestire i fondi pubblici può procurare un danno enorme in termini d’immagine.

Gli stessi partiti che oggi criticano la possibilità di ricorrere ai prestiti delle banche sono stati oggetto di malversazioni e di poca trasparenza. È il caso del Front National (Fn), di cui il Rassemblement National è l’erede.

Il Fn da sempre affronta delle difficoltà finanziarie e le banche da tempo rifiutano di aprire una linea di credito. Lo scontro con le banche è così duro che il Fn-Rn attribuisce a quest’impossibilità di ottenere fondi dalle banche francesi ad averli spinti verso le banche russe. Ad una banca russa il Fn chiederà un prestito bancario di 9,4 milioni di euro nel 2014: la First Czech-Russian Bank poi fallirà e, secondo le ricostruzioni della stampa, il debito del Fn oggi si trova nelle mani di una società aeronautica diretta da ex militari vicini ai servizi segreti militari russi.

Ma anche La France Insoumise ha avuto il suo scandalo. Le somme fatturate dall’agenzia che ha curato la campagna di comunicazione di Mélenchon per le presidenziali erano estremamente elevate: una cifra record di 1,6 milioni di euro, circa l’11 per cento di tutte le spese per la campagna elettorale. E tutte rimborsate dallo stato. La società era stata fondata dall’assistente parlamentare di Mélenchon e sua “presunta” compagna di vita.

I partiti in difficoltà finanziaria non smettono di ricordare che la democrazia ha un costo. Se non ci fosse il finanziamento pubblico, dicono, la democrazia sarebbe facilmente vittima dei finanziamenti privati, che influenzerebbero il dibattito politico per realizzare i propri interessi. E il governo qualche tempo fa aveva tentato di trovare un rimedio utile per i partiti che volessero chiedere un prestito.

François Bayrou, leader di MoDem, alleato di Emmanuel Macron e per breve tempo suo ministro della giustizia, aveva portato e fatto votare in Assemblea Nazionale un disegno di legge che prevedeva la creazione di una “banca della democrazia”, per consentire ai partiti di liberarsi dei finanziamenti delle banche private.

Marine Le Pen e François Bayrou

Il progetto poi è stato abbandonato per divergenze interne alla maggioranza e sostituito da un mediatore dello stato, che dovrebbe facilitare (inutilmente) il dialogo tra banche, partiti e candidati al fine di garantire il pluralismo delle opinioni politiche. 

La nuova ministra della giustizia – che nel frattempo aveva sostituito Bayrou coinvolto in uno scandalo su impieghi fittizi del suo partito per ottenere i rimborsi – nel cassare la proposta, ha però precisato che:

Ogni anno lo Stato versa più di sessanta milioni di euro ai partiti politici come forma di finanziamento pubblico.

Perché è vero che la democrazia ha un costo ma i partiti spendono male. E non hanno alcun interesse ad essere più trasparenti. E i partiti che nel tempo hanno ricevuto ingenti somme di denaro – in alcuni casi la principale risorsa, come nel caso del Ps, de Les Républicains o del Fn-Rn – poco o nulla hanno fatto per mettere la commissione di controllo sulle campagne elettorali in condizione di esercitare questo controllo.

Le banche non fanno più prestiti… ai partiti ultima modifica: 2019-04-09T10:25:58+02:00 da MARCO MICHIELI
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