Una valigia da riempire di sogni. Un’aiuola piena di piante officinali. Un pergolato ombroso. Un orto verticale che diventa uno scivolo per bambini. Sono alcune delle proposte scaturite dai progetti ITALIS elaborati da due gruppi di cittadini che hanno partecipato alla Masterclass in Permacultura del progetto ITALIS (Innovazione, Terra, Acqua, Lavoro e Imprenditoria Sociale), punto di partenza per start up che riguardano “cibo, produzione, rigenerazione urbana e trasformazione”, anche nella loro interazione, come spiega Michele Savorgnano, uno degli organizzatori del corso e presidente dell’Associazione FUD Fattoria Urbana Diffusa, partner del progetto ITALIS.
ITALIS è un progetto di SerenDPT (insieme ai partner: F.U.D., Onde Alte, Coldiretti Venezia, AICCON, Entropia, The Circle) partito lo scorso dicembre con l’obiettivo di sviluppare competenze per arrivare alla creazione di imprese sociali innovative nel mondo dell’agricoltura urbana nella città di Venezia.

Siamo in una zona molto particolare della Giudecca, la lunga isola di fronte alle Zattere, nell’insula di Sant’Eufemia, chiesa del IX secolo sulla riva del rio omonimo: una parte di Venezia poco frequentata sia dai veneziani stessi che dai turisti, dove vivono pescatori, abitanti originari, tra l’acqua del canale della Giudecca, il rio di Santa Eufemia e il parco di villa Heriot che domina i vasti spazi della laguna sud.
In una domenica bigia che nel pomeriggio ritrova il sereno siamo in un locale luminoso e pieno di giovani, solo sedie, in fondo un angolo cucina, sulle pareti fogli con linee colorate e disegni che a prima vista sembrano scarabocchi.
È uno dei locali sul retro di quella che fu una chiesa importante della Giudecca. Fu edificata nel XVI secolo e dedicata ai santi medici fratelli orientali Cosma e Damiano, che curavano gratuitamente e per questo sono conosciuti come “anargiri”: i “senza danaro”. Per i veneziani è semplicemente “San Cosmo”. Nel corso del XIX secolo fu utilizzata per usi civili (caserma, ospedale, fabbrica di sale per la pastorizia) per essere poi ceduta a una società privata, la Herion, che la trasformò in opificio per la produzione di filati e prodotti tessili. A lungo inutilizzata, oggi è, con i locali e gli spazi di contorno, un incubatore d’imprese. Il Comune lo mette a disposizione di giovani imprenditori: ampie stanze luminose con servizi tecnologici da affittare a prezzi contenuti per iniziare in modo agevolato percorsi di lavoro.
ITALIS ha organizzato una serie di eventi che da gennaio a settembre di quest’anno forma e stimola gruppi di cittadini a creare progetti legati ai bisogni della gente in fatto di cibo in un contesto urbano, secondo il metodo australiano ideato negli anni Novanta che coinvolge varie discipline, dall’architettura alla biologia, in una “permanente agricoltura” per gli insediamenti urbani, strettamente connessi con la natura.
Cultura e coltura insomma, che in questo caso vogliono giungere alla creazione di posti di lavoro legati al contesto urbano “arredato” con la coltivazione del terreno. Terreno che a Venezia centro storico non c’è, e per questo i gruppi di lavoro si sono inventati aiuole mobili in cassoni di legno su ruote, assieme a orti verticali, e riqualificazione urbana partendo dal fulcro del campo dei santi Cosma e Damiano. Uno spazio vicino e lontano dal mondo rumoroso dei turisti vaganti, attraversato dai giudecchini in generale (circa 4500 persone) e dagli abitanti delle case prospicienti in particolare. Il campo è dominato dalla facciata in pietra d’Istria della chiesa cinquecentesca, fondata assieme all’ex convento benedettino femminile dalla nobile Marina Celsi.

Il campo rettangolare non è selciato se non in parte. La sua superficie è occupata da un terreno incolto con incontrollata crescita di erba, deiezioni canine in abbondanza. Barche di pescatori ormeggiate in canale, con materiale da pesca in ordine sparso, papere abituate alla presenza degli umani, cesti con le moeche in coltura.
Questo spazio, suggestivo come la maggior parte dei luoghi antichi della Serenissima, potrebbe essere sfruttato ad uso collettivo, secondo i progetti presentati. Il campo, assieme al lungo corridoio che costeggia lateralmente la chiesa e la corte sulla quale incombe un’abside della chiesa stessa, rappresenta il focus dell’esercitazione dei due gruppi che hanno lavorato tra senso pratico e idealismo, presentando una serie di disegni tecnici esplicativi nei quali hanno espresso tutto il loro entusiasmo e la speranza fattiva che i progetti si realizzino.
I committenti dei progetti, finanziati da Unione Europea ed erogati dalla Regione Veneto, sceglieranno alla fine del percorso se e come realizzare le varie proposte, che prevedono la creazione di posti di lavoro part time e a tempo pieno, anche per la didattica per l’aggregazione di bambini e relative famiglie.
Visto che i progetti sono diretti a chi vive nella zona, ci si chiede come gli abitanti dell’insula di Sant’Eufemia potranno usufruire delle iniziative proposte. Se dalle belle aiuole a spirale si potranno ricavare piante officinali e a uso alimentare alle quali tutti potranno attingere. La proposta del gruppo “Campost” spiega come vorrebbero produrre compost e humus in speciali contenitori nella corte interna, mentre la riproduzione di una barena, in un cassone mobile con pareti trasparenti, servirebbe alla didattica: per mostrare a bambini e adulti il delicato, ancestrale flusso e deflusso delle acque, così fondamentale per la laguna.
Energia da piccole pale eoliche, un pergolato con fioriere e piante edibili, un gazebo in campo con alberi da frutto che gli abitanti dovranno curare, un raccoglitore di deiezioni canine da trasformare in compost, renderebbero il campo, dedicato ai santi medici curatori, vivibile e utile. Costi e guadagni sono stati studiati dai ragazzi in una minuziosa tabella che prevede sia la vendita del compost a privati sia le forniture di vegetali per ristoranti.

“Ortagorà” è il secondo progetto presentato da una decina di ragazzi nello spazio Herion, che prende il nome dai fratelli Herion, tedeschi, che nel 1887 impiantarono nell’ex chiesa una fabbrica di maglieria. Anche in questo caso si parte dallo studio dei bisogni del quartiere. Ecco perché una valigia da riempire di sogni, proposte e desideri sarà collocata in campo, che diventerebbe il centro dell’aggregazione della zona: “coinvolgere la gente con il sorriso” è la proposta di una delle ragazze, che vorrebbe trasformare l’area inutilizzata in un piccolo centro di servizi autosufficiente per aggregare la comunità.
Creare benessere e “ricercare la felicità” sono la base delle proposte di agricoltura e stare assieme, da qui appunto “Ortagorà”, secondo un ideale classico che si rifà all’antica Grecia. Compare la spirale di erbe aromatiche, ma anche un “lasagna garden”, che detto così sembra un invito a tuffarsi nel ricco tradizionale primo piatto italiano mentre in realtà è un terreno coltivabile formato da materiale riciclabile a strati, assieme a una barca tagliata a metà per la lunghezza, riempita di terra e trasformata in orto grazie a una parete di plexiglass che permette di vedere le trasformazioni del terreno. Didattica, quindi, per grandi e piccini, legata alle tradizioni locali che parlano di acqua e terra emersa, di campi coltivati con fatica in un terreno salato, di nutrimento doppiamente sacro perché frutto di duro lavoro.

Questa la bella teoria, gli ideali di natura e coltivazioni compatibili, di un ambiente non minacciato; la storia della civiltà che non può prescindere dalla coltivazione della terra, con tutte le minacce ambientali e chimiche di questa epoca. La speranza di un posto di lavoro dove si lavori volentieri, con un guadagno anche se piccolo ma sicuro: l’entusiasmo, che fa bene al cuore, per un’impresa studiata da ragazzi e che sembrerebbe tanto speciale e strana – soprattutto qui, dove l’agricoltura è l’ultima cosa che viene in mente – se non si fosse così certi di riuscire. Bravi.
ytali ringrazia Nicolò Carrera per il servizio fotografico.

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