Impreparati a gestire l’immigrazione, fenomeno di lungo periodo che in Europa data dalla rivoluzione industriale: un’Europa che secondo Massimo Cacciari “alla prima prova seria, quando c’è bisogno di costruire una politica di accoglienza, reagisce in modo isterico”. Una sala gremita ha accolto con attenzione le parole di Cacciari e di Gino Strada, che hanno animato il dibattito “Migrazioni e confini”. Chiara Valerio ha stimolato il dialogo tra il professore ed il medico fondatore della associazione umanitaria presso la sede di Emergency nell’isola della Giudecca a Venezia.
L’incontro è avvenuto nell’ambito della mostra di pittura “Senza Poesia”, di Serena Nono e Nicola Golea (fino al 30 aprile), come ha detto Mara Rumiz, facendo gli onori di casa.
Concetti forti che partono da considerazioni estremamente attuali oggi, in un momento storico particolare in molti Paesi che fanno parte di una Unione Europea debole, dove “si continua a non capire nulla” come ha affermato Cacciari. Non capire le strategie che andrebbero applicate ad un processo che parte da lontano, da quella rivoluzione industriale che sferzò la vecchia Europa durante il XIX secolo. Una rivoluzione che dette impulso alle prime ondate migratorie spostando masse di europei verso America ed Australia, in un numero di persone nettamente maggiore di quello che interessa il vecchio continente in questi ultimi anni.

Classe politica sotto accusa, e non solo a livello nazionale: i numeri parlano chiaro, se nel 1820 gli abitanti dell’Europa erano 224 milioni, e nel 1913 circa quattrocento, l’Africa ne contava 125 milioni, mentre oggi il rapporto è rovesciato, con l’Africa che sfiora il miliardo e mezzo di abitanti conto i settecento milioni del vecchio continente. Una popolazione destinata a diminuire del venti per cento tra gli elettori attivi (dai 25 ai 65 anni di età) sotto le spinte della crisi demografica, mentre l’incremento raggiunge il quaranta per cento tra i rappresentanti dello stesso campione sulla sponda sud del Mediterraneo. Finché le leadership dei Paesi della ricca Unione Europea non adotteranno politiche capaci di ridurre contrasti sociali, diseguaglianze e squilibri tra ricchissimi e poverissimi, le prospettive sono solo negative: “dati epocali”, secondo Cacciari, che porteranno entro vent’anni a tensioni acutissime, da far apparire i tempi attuali quasi paradisiaci.

Politica miope a livello generale, che non contempla panorami che stanno sotto i nostri occhi: l’Africa è confine naturale dell’Europa dai tempi dell’Impero Romano, un confine governato e tutelato, riconosciuto e presidiato, non guardato da lontano e abbandonato, dove oggi proliferano guerre e campi di detenzione e di tortura, e da dove partono i disperati (in realtà sempre di meno vista la situazione tragica e i recenti decreti Minniti e Salvini), alimentando l’idea della “fortezza Europa” preoccupante socialmente, come afferma Gino Strada, in un clima di razzismo che “sdogana gli assassini” in un contesto che abdica a principi da secoli cardine dell’Europa. Sembra siano
sparite la coscienza e l’etica […] assieme alla morale, mentre alla convivenza civile si sostituisce una sorta di legge della giungla dove vige la legge del più forte in uno stato di guerra continua: […] come trattiamo noi gli esseri umani?

Esseri umani che da quando è nato il mondo emigrano, si muovono, cercano nuove mete per i più svariati motivi che tutti conosciamo: a causa di tragici cambiamenti climatici e guerre, milioni di persone varcano i confini a sud del Mediterraneo. E sempre l’Europa, che rischia di diventare un’Europa di piccoli stati con una “sovranità di miseria”, deve prendere decisioni di politica estera coraggiose e concrete. E in questa Europa si gioca la partita del futuro: un continente che rischia di perdere il senso e l’anima che nel secondo dopoguerra hanno dato origine all’unione. Ideali cristiano sociali, liberali, democratici, federali, di sussidiarietà, con una politica basata sulla difesa dei diritti.
Oggi se in questi Stati vinceranno le forze che “disfano le speranze” di un’unione costruttiva si andrà verso “il si salvi chi può. Una catastrofe piena con conseguenze devastanti per gli equilibri politici e sociali dei nostri Paesi”. Cacciari-pensiero espresso con logica tranquillità.
Se “il mondo della politica tende a mistificare i fatti della storia”, Strada afferma con forza il principio del rifiuto della guerra, consacrato dal patto Briand-Kellogg siglato a Parigi nel 1928: “trattato generale sulla rinuncia alla guerra come strumento di politica nazionale” che il fondatore di Emergency evoca come ancora attuale, anche se i 63 Paesi firmatari in realtà sottoscrissero un patto ideale purtroppo privo di sanzioni e ben presto disatteso. Oggi si stanno instaurando sempre di più rapporti bellici, in una logica di guerra contro i più poveri e i migranti. Come si esce da questo tunnel buio? L’odierna realtà politica non lascia speranze. Punti fermi in una Italia bloccata sono investimenti in cultura, educazione, ricerca (Strada-pensiero).

Salvare il salvabile, afferma Cacciari, con una politica di intese, accordi, principi di diritto, in un’Europa dove gli Stati con nuovi gruppi dirigenti affermino un ordine policentrico, a fronte della minaccia di un nuovo ordine che più volte nella storia ha catastroficamente percorso l’Europa. Un aut aut drammatico, in un mondo globalizzato con nuovi imperi in esplosiva crescita come India e Cina, a fronte di un’Europa decadente e divisa.
Riuscirà a nascere quindi una coscienza per una nuova Europa? Una sfida, legata ai giovani, che devono avere a disposizione gli strumenti per rilanciare e capire l’importanza di un discorso comune a respiro europeo. Sono adeguati oggi i mezzi per affrontare tali sfide? Non sembra: scuola, media, società in generale sembrano bloccate o inerti. In un’Europa di fili spinati e muri, che applica regole durissime verso paesi deboli (come la Grecia, penalizzata da anni di sanzioni economiche che hanno portato aumento di suicidi, denutrizione, difficoltà a curarsi, per gli strati più deboli della popolazione) “spaventa l’atteggiamento della politica rispetto agli altri”, afferma Strada.
Governare umanamente l’emigrazione: se non si riesce in questo intento con una politica comune, si andrà verso “lo sconquasso”. Cacciari ricorda con la logica dei numeri che nel 2030 saranno necessari otto milioni di lavoratori per mandare avanti la macchina-Europa, preda di un tasso demografico in caduta. E governare i flussi di un’emigrazione inevitabile serve ai singoli Stati per salvaguardare i propri interessi legati a sviluppo e pace sociale.


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