L’apporto alle celebrazioni del 25 aprile, da parte delle massime personalità politiche e culturali del nostro Paese, è stato pressoché generale, e la diffusione di esso – negli speciali servizi televisivi, nei periodici e nei quotidiani – impeccabile… Anche se non sufficiente a diminuire la preoccupazione delle generazioni mature per l’ignoranza dimostrata dai giovani nelle interviste televisive. I testi ufficiali e i commenti di storici e reporter, comunque, sono stati efficaci e concordi nell’illustrare il significato e il valore della ricorrenza.
In nessuno di essi però – ho interpellato a questo proposito quanti ritengo attenti a seguire e vagliare simili situazioni – si spiega cos’è successo in quel giorno, in cui Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio, ha ottenuto da Umberto II, allora luogotenente del Regno D’Italia, la firma del decreto che proclamava il 25 aprile Festa della Liberazione Nazionale. La legge n. 269 che la fissava definitivamente fu discussa in Senato nel settembre del 1948 e firmata nel maggio dell’anno successivo.
L’origine risale a quanto in tale data, nel 1945, è accaduto a Milano, poco prima di mezzogiorno, quando il nucleo dirigente del CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), formato da Sandro Pertini, Leo Valiani ed Emilio Sereni, decideva di assumere di fatto la guida del Paese, diffondendo l’ordine di un’insurrezione generale da parte di tutti gli Italiani capaci di schierarsi contro gli occupanti nazisti e i seguaci della Repubblica di Salò. Va precisato che del CLNAI facevano parte tutti i movimenti antifascisti e di resistenza, comunisti e socialisti, democristiani, azionisti (cioè del Partito d’Azione), liberali e democratici del lavoro.
Il primo annuncio, letto al microfono di radio Milano Libera, fu fatto da Pertini con queste poche parole:
Cittadini, lavoratori, sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino ponete i tedeschi di fronte al dilemma arrendersi o perire.

A tale annuncio faceva seguito un comunicato ufficiale, che costituisce lo storico e memorabile atto di nascita del nuovo Stato. Lo riportiamo per intero, tenendo inalterata qualche inesattezza verbale, dovuta verosimilmente all’eccitazione del momento.
Art. 1. Costrettovi dall’esistenza di forze reazionarie che tentano di perpetuare l’odiata loro tirannia e dalla imprescindibile necessità di assicurare la salvezza del patrimonio nazionale e l’incolumità dei cittadini, l’ordine pubblico ed il funzionamento di tutti i servizi, il Comitato di Liberazione Nazionale proclama lo stato di eccezione in tutto il territorio di sua competenza a far tempo dalle ore … di oggi. Le norme dello stato di eccezione sono stabilite negli art. 3, 5 e seguenti del presente decreto. Per le ore … di oggi tutti i cittadini devono ritirarsi nel proprio domicilio.
Art. 2. Sono istituiti i Tribunali di Guerra in ogni Provincia dal Comando di zona del Corpo Volontari della Libertà designato dal Comando stesso che presiede, da un magistrato in servizio attivo o a riposo designato dal Comitato di Liberazione Nazionale provinciale e da un Commissario di guerra addetto al Comando di Zona e da due semplici partigiani nominati dal Comando di Zona. I Tribunali di guerra hanno competenza a giudicare dei reati contemplati dal presente decreto: essi siedono in permanenza e le loro sentenze sono emanate in nome del popolo italiano ed eseguibili immediatamente.
Art. 3. Il saccheggio, il sabotaggio, la rapina, la grassazione, il furto sono puniti con la morte. Chiunque venga sorpreso a compiere uno dei predetti reati sarà immediatamente passato per le armi sul posto.
Art. 4. Le formazioni dell’esercito, dell’aeronautica e della marina fasciste e tutti i corpi armati fascisti, inclusi quelli di polizia, sono disciolti. I loro membri sono esentati dal servizio e liberati dal giuramento prestato. Essi debbono abbandonare il loro posto immediatamente senza asportare alcuna arma, equipaggiamento, munizioni o altro. Essi dovranno recarsi nei campi di concentramento secondo le norme che verranno emanate dal Comando Militare, in attesa dell’accertamento delle rispettive responsabilità. I contravventori sono considerati ribelli passibili di morte e saranno passati per le armi sul posto.
Art. 5. Per la durata dello stato di eccezione sono assolutamente vietati gli assembramenti di più di cinque persone, le riunioni – salvo quelle indette o autorizzate dal Comitato di Liberazione Nazionale.
Art. 6. La tutela dell’ordine pubblico è affidata esclusivamente a quelle formazioni del Corpo dei Volontari della Libertà all’uopo incaricate con esplicito mandato del Comitato di Liberazione Nazionale e del Comando Militare. Chiunque opponga resistenza in qualsiasi modo o contravvenga alle norme del presente decreto sarà deferito al Tribunale di guerra.
Art. 7. Chiunque detenga armi deve farne immediata denuncia e consegna al Comando Militare, pena la confisca dell’arma e l’immediato arresto.
Art. 8. Tutti gli appartenenti alle forze armate tedesche di qualunque specie sono dichiarati prigionieri di guerra e dovranno recarsi nei luoghi stabiliti secondo le norme che verranno tempestivamente emanate dal Comando Militare. Lo stesso trattamento è riservato ai civili di cittadinanza tedesca.
Art. 9. Il Comitato di Liberazione Nazionale ed il Comando Militare hanno la facoltà di ordinare perquisizioni, requisizioni ed arresti.
La sera di quel giorno Mussolini, che si trovava ancora a Milano (dove le truppe americane arrivarono il 1° maggio), partì per l’ignominiosa fuga; su di lui gravava la condanna a morte del CLNAI, eseguita tre giorni dopo.

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