Non vacanze ma una vita e un futuro. Sulle Dolomiti

“Vivere in pendenza” è un libro che fa bene leggere. L’autore, Giannandrea Mencini, racconta storie di giovani, che, tra mille difficoltà, hanno fatto una scelta di vita: quella di vivere tra quei monti, di vivere, appunto, in pendenza.
ENZO BON
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È un inno alla speranza il nuovo libro di Giannandrea Mencini Vivere in pendenza. Scelte di vita che cambiano la montagna bellunese. Una sorta di Cantico dei Cantici dove l’autore-amante elogia le bellezze dell’amata e l’augurio di bene, ma anche la paura, per il futuro. Un libro sulla montagna come rari se ne leggono; meglio, una fotografia in bianco e nero delle Dolomiti venete, che segue il fil-rouge dell’infanzia di Mencini e dei ricordi delle sue vacanze estive, passate in un paese del Cadore. Da quei ricordi, ancora tenaci e vivi, Mencini, giornalista veneziano e sincero ambientalista, trae spunto per un viaggio dalla pedemontana fino all’estremo lembo del confine tra Veneto, Trentino e Friuli, rincorrendo quei segnali che, dopo anni d’immigrazione e abbandono delle vallate da parte dei residenti, fanno ben sperare per un’inversione di tendenza.

È, appunto, un inno alla speranza, in un’area tra le più martoriate ma affascinanti d’Italia, che ha vissuto, dal primo dopoguerra ad oggi, infinite trasformazioni, quasi tutte purtroppo in peggio.

Con sapiente tocco, Mencini ci trasporta tra quelle valli, ora troppo vicine al traffico pesante che le attraversa e le snatura, ora troppo lontane da tutto, e ci fa incontrare persone, soprattutto giovani, che caparbiamente, tra mille difficoltà, hanno fatto una scelta di vita: quella di vivere tra quei monti, di vivere, appunto, in pendenza.

Sono storie raccontate, una ad una, in prima persona, dove l’autore vive e ci fa vivere gli incontri portandoci tra malghe, agriturismi, stalle, pascoli, segherie e falegnamerie dove il lavoro di tutti i giorni e la dura realtà della montagna diventano il fulcro affascinante delle scelte di vita dei protagonisti di questo libro.

Nella falegnameria di Denis

Conosciamo così, tra i molti, ad esempio, Denis, ora falegname, ma nell’altra vita project-manager affermato di una multinazionale, che vive in una sorta di eden incantato, che pure il nome ricorda quello delle favole: il paese si chiama “Grum”, nel comune di Feltre, che ama il legno e il suo odore, e che lo descrive raccontandone il carattere. Nervoso il castagno, più calmi, invece, l’olmo e il rovere…

O Claudia, sposa felice per poco, che dalla morte del marito, invece che chiudere la segheria, con  caparbietà unica e pur con momenti di grande sofferenza, è riuscita a portare avanti la tradizione di famiglia, anche pensando al futuro del suo piccolo, ed ha ora una delle più belle segherie della Val Zoldana, dove il larice profuma e mostra, lungo le venature, le sue tinte sfumate tra il rosa e il rosso.

Claudia Scarzanella

Incontriamo Alessandro, che vive a Vinigo, un paesino arroccato sulle pendici dell’Antelao, un tempo famoso per gli orti e per la qualità dei suoi prodotti. Ha provato a riportare in paese la tradizione degli orti e della coltivazione del cavolo cappuccio, prodotto tipico con marchio  di denominazione comunale. Ma ha trovato mille difficoltà, perché lui è di Cortina, non di Vinigo, ed è visto quasi come uno straniero. Perché anche questa è la disgrazia della montagna: che molte persone sono chiuse, poco inclini alla vita sociale, al mettere in comune, forgiate purtroppo dal clima, dalle rocce, dalla neve, dalla solitudine. E allora anche uno che viene da un paese distante non più di venti chilometri può diventare uno straniero.

L’azienda agricola di Alessandro Michielli a Vinigo

Ritratti, quelli pennellati da Mencini, che guidano comunque il lettore tra esperienze positive di giovani che, spesso laureati e con un ottimo lavoro, hanno avuto il coraggio di abbandonare tutto e di tornare alle loro origini, a quella montagna dalla quale se n’erano andati per inseguire, forse, sogni che solo qui riescono a vedere realizzati.

È una lettura che conforta, oltre che essere piacevole, perché offre una visione che traguarda ad un futuro migliore per quei luoghi, che vengono confrontati, talvolta anche impietosamente, con il vicino Trentino Alto Adige, dove il sistema tradizionale del “maso chiuso”, che preserva l’indivisibilità della proprietà agricola, ha impedito lo spopolamento e la frammentazione dei beni. Non contando poi le agevolazioni legate al regime amministrativo di regione a statuto speciale.

Sulle montagne “più belle del mondo”, visitate e descritte nel libro invece, scarsi o nulli sono gli aiuti; ma la voglia di fare di molti giovani, la volontà di ritrovare le radici, diventa una potente leva che inizia a smuoverle quelle rocce; che inizia a far breccia su quei caratteri degli abitanti a volte scontrosi e nodosi come gli alberi che crescono contorti dal vento; che inizia a dare i suoi frutti, anche economici, in una terra nella quale fino a ieri sembrava che solo il turismo, che  sicuramente porta ricchezza ma che anche, spesso, appiattisce tutto e distrugge il passato, fosse l’unica fonte capace di dare reddito. 

Storie, dunque, che sono un inno alla gioia e alla speranza per tutti quelli che amano la montagna veneta e che vogliono preservarla e tutelarla come un ambiente unico e prezioso.

Nell’immagine d’apertura una foto tratta dal sito di Alessandro Michielli

Non vacanze ma una vita e un futuro. Sulle Dolomiti ultima modifica: 2019-04-29T13:19:37+02:00 da ENZO BON
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