Domenica 5 maggio 2.757.823 panamensi sono chiamati alle urne per eleggere 861 connazionali che andranno a occupare le cariche pubbliche. Oltre al presidente, saranno eletti 71 deputati, 81 sindaci, 20 deputati al parlamento centroamericano, e 688 altre cariche amministrative minori.
Sono le prime consultazioni elettorali dopo lo scoppio della vicenda dei Papeles de Panamá che tre anni fa ha fatto conoscere al mondo un Paese straziato da grandi scandali finanziari internazionali, tutti ruotanti attorno al piccolo staterello dell’istmo. Non è quindi un caso che uno di principali cavalli di battaglia della campagna elettorale sia stato il tema della devastante corruzione, che ha creato una grande disaffezione nei confronti della politica da parte della popolazione.
Secondo la relazione del 2018 di Latinobarómetro, l’istituto diretto dalla cilena Marta Lagos, il piccolo Panama, quanto all’appoggio alla democrazia, sta ben al di sotto della media degli altri paesi, con solo un 42 per cento dei suoi cittadini che la ritengono la miglior forma di governo. Segue un 34 per cento che si dichiara indifferente, mentre il 14 per cento preferisce un regime autoritario. Una situazione di sfiducia che nemmeno la riforma del sistema elettorale approvata l’anno scorso è riuscita a comprimere, nonostante siano stati introdotti limiti alla durata della campagna e alle spese elettorali.
Sette sono i candidati espressi dalle formazioni politiche tradizionali e da schieramenti indipendenti, in un quadro che a poche ore dall’apertura dei seggi rimane incerto. Pochi sono coloro che alla fine hanno in mano la possibilità di vincere davvero la partita, nessuno dei quali potrà o vorrà comunque modificare radicalmente la situazione del paese, al sesto posto nella graduatoria mondiale della disuguaglianza, con un quinto dei quattro milioni di abitanti in povertà, nonostante un bilancio pubblico annuale che supera i 23 miliardi di dollari.

Se la corruzione è stato quindi il tema principale di una campagna in cui l’uso dei social è stato consistente, sempre più è emerso lo scontento crescente a livello sociale. Ne è conseguito che le varie forze politiche che si sono confrontate senza risparmiarsi reciprocamente i colpi bassi, hanno cercato di schierare facce nuove, una richiesta che è provenuta con forza anche da parte della società panamense col movimento “No a la reelección”, che ha espresso il bisogno di rinnovamento profondo e di pulizia morale che lo scandalo di tre anni fa ha reso improcrastinabile.
In tale situazione, risulta comprensibile come possa ancora essere alta la percentuale degli indecisi, un dato che è anche confermato dalle differenze che emergono dai due sondaggi che sono stati recentemente diffusi. Entrambi danno comunque in vantaggio, anche se con percentuali diverse, il sessantaseienne imprenditore “Nito” Cortizo, del partito di opposizione PRD, la maggior forza politica del Paese che si definisce socialdemocratica e che ha nel suo programma riforme istituzionali come strumento per farla finita con la corruzione.

La preferenza da parte degli elettori si spiega con la sua non appartenenza ai vertici del potere che gli hanno consentito una maggiore libertà nel criticare gli errori del passato, oltre sul fatto di poter contare su una formazione politica che ha mezzo milione di iscritti.
Cortizo è di certo il candidato che ha reso pubblico un programma di governo più coerente, che si basa sul patto tra gli ambienti imprenditoriali dai quali proviene con i settori popolari, il quale dovrebbe nelle sue intenzioni chiudere con la corruzione, promuovere un nuovo ordine costituzionale, dichiarare guerra a povertà e disuguaglianza, e generare un nuovo sviluppo economico.

Lo seguono Rómulo Roux di Cambio Democratico dell’ex presidente Ricardo Martinelli in carcere per spionaggio politico e corruzione, la cui vicinanza non lo ha favorito nella campagna, e Ricardo Lombana, il candidato più giovane e quello che appare come anti sistema e alternativo alle formazioni tradizionali con il suo movimento indipendente “Otro Camino Panama’”.
Per quanto sia nei fatti un outsider, il suo gradimento è andato crescendo nelle ultime settimane, anche grazie al possesso di una buona dose di populismo che sta alla base delle sue ricette politiche che prevedono una riduzione delle cariche di governo e una ventata di austerità come viatico per un successo nella lotta alla corruzione. L’appoggio gli deriva per il suo discorso radicale contro la corruzione e il sistema che l’ha generata, per il suo parlar chiaro agli elettori riscuotendo successo soprattutto tra i giovani.
Chiude la lista di coloro che stanno al vertice dei sondaggi José Blandón di Panamá Podemos, un’alleanza generata dal governante Partido Panameñista e dal Partido Popular, criticato per le sue posizioni conservatrici sul matrimonio gay e contro l’aborto. Blandón al momento occupa la carica di sindaco di Ciudad de Panamá.

Il dovere di cronaca impone di citare infine l’unica donna candidata, Ana Matilde Gómez, e Marco Ameglio, candidati indipendenti, e il leader sindacale Saúl Méndez, del Frente Amplio por la Democracia, le cui posizioni di sinistra circoscrivono il suo gradimento a settori minoritari della società panamense. Chiunque esca vincitore dal voto di domani che andrà a designare il successore di Juan Carlos Varela, entrerà in carica a partire dal prossimo primo luglio.

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