L’Europa, il territorio e la città storica 

FRANCO AVICOLLI
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L’idea di Europa attraversa in modo ricorrente e vario le culture che guardano il Mediterraneo dalla sponda settentrionale: è retroterra con Alessandro e, da lui che significò l’andare oltre, idea della Grecia ellenistica che la cerca nel Mare nostrum di Roma di cui sarà l’orizzonte in epoca repubblicana e poi progetto con Cesare che la estende verso il nord, fino ad essere la visione che ha l’urbe di sé. Dopo, è suggestione ambiziosa di una edenica condizione originaria perduta da imporre che accompagna il re Carlo V e Napoleone imperatore e le grandi tragedie belliche del Novecento. Nei nostri giorni è moto interno, progetto di unione che vuole essere convivenza, possibilità e insieme entità in pericolo, ma sempre più simile all’idea mitica delle origini o all’orizzonte che spinge a camminare. 

Europa è una bellissima fanciulla e Zeus, nelle sembianze di toro, la circuisce mentre gioca sulla spiaggia con le amiche. Ammaliata dalla sua prestanza, monta sulla groppa del maestoso quadrupede che entra nell’acqua, si allontana tra i flutti e scompare. I fratelli partono alla sua ricerca e si mettono in viaggio per ordine del padre Agenore che impone loro di non tornare senza la sorella. Nel corso del viaggio, il camminante Cadmo fonderà Tebe, tracciando “el camino al andar”.

Tra la realtà e il mito della fanciulla intesa come corpo che cresce, pare avere più forza la visione suggestiva che collega l’idea dell’Europa all’evanescenza, al tempo a venire, al viaggio come forma della conoscenza, e alla città, l’embrione che in quel percorso prende forma compiuta con Tebe per essere luogo sacro, progetto e modo degli uomini di costruire la convivenza, le regole, il rapporto con il territorio e le modalità del vivere assieme. 

A questo mare attinge la Chiesa di Roma e poi Carlo Magno che sposta il baricentro verso il nord, nelle terre della cultura della caccia e indebolisce il ruolo unificante dei luoghi della vite e dell’ulivo, di quel Mediterraneo nelle cui acque si conobbero e si contaminarono in modo salutare le civiltà che in esso si affacciavano. Altri ancora andranno lungo quei cammini e lasceranno segni che consegnano al tempo attuale un’Europa che non si esaurisce in una dimensione geografica, ma si estende al percorso – che è territorio – disegnato dai simboli dell’andare oltre e del riconoscimento comune, che sono nello stesso tempo mondo e sua rappresentazione, immagine e messaggio, memoria che si rinnova. In forma più o meno cosciente, non c’è regione europea che non si guardi per una ragione o l’altra in un’Europa come spazio ambito di confronto e convivenza, di scambio, di relazioni e di pensiero.

A partire dall’età ellenistica che si alimentò delle imprese di Alessandro e con l’azione decisiva di Roma genitrice di città, è questo il contesto in cui il processo formativo dell’Europa come territorio assume il volto delle città e ne diventa l’aspirazione. E si tratta di una caratteristica continentale specificamente europea. È un andare più o meno lungo che si realizza con il dialogo tra l’uomo e il territorio, un’entità che è spazio fisico, ma anche tempo, scrittura e pensiero.

Palazzo Ducale di Venezia o Palazzo Vecchio, il Colosseo o il ponte che Cesare fa costruire nel 55 a.C. sul Reno – forse grazie a Vitruvio – e con essi le città, sono opere, punto di arrivo per nuove partenze, conquiste del viaggio ed eredità della conoscenza e della coscienza, immagini di un sé in cammino e volti riconoscibili di un territorio. Sono un dato che non si conclude nella fisicità della fabbrica perché questa stessa crea una situazione nuova diventando modalità e rappresentazione di un dialogo che si è andato strutturando in un viaggio di contaminazioni ed è memoria spesso visibile di caratteri che possono essersi perduti all’evidenza, ma continuano ad esistere nelle morfologie, nelle abilità e nelle specificazioni, nel linguaggio e nelle sue forme che trovano il loro compendio più completo nella città, luogo del vivere e sua modalità, che sono dati della conquista.

Il ratto d’Europa di Tiziano, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston

Tra l’irrazionalità stimolante del mito e la storia, l’Europa riconferma la propria forza arricchendosi di usi, comportamenti, morfologie, modalità espressive ed esecutive che costituiscono un quid assimilabile a quello che Konrad Lorenz definisce “tradizione cumulativa”, un impulso istintivo che appartiene a diverse specie animali, una “maestra” che detta alla specie la funzione più utile alla sopravvivenza, che non è l’atto in sé, ma l’istinto che spinge a farlo. È un impulso che diventa nel tempo specialità e poi abilità, con comportamenti che si perfezionano nel dialogo con il biotopo, lo spazio vitale all’interno del quale la specie si sente più forte. In che misura questo fattore coinvolge la vita dell’uomo, la stanzialità, i processi associativi e la formazione delle sue caratteristiche e della sua coscienza? In quale misura questo processo appartiene al farsi dell’Europa? Come definire il territorio?

Moneta di due euro coniata dalla Zecca di Atene

Il territorio è una categoria la cui estensione è spaziale e concettuale per essere soggetta storicamente alla specie di riferimento che, nel caso umano, comporta la consapevolezza, un grado della coscienza che si avvale del contributo della tecnica e della conoscenza. Per tali caratteristiche il territorio è più vicino ad un sistema di relazioni che a una dimensione spaziale perché la conoscenza e la cultura favoriscono processi assimilativi e associativi, forme di appartenenza, che non possono essere contenuti in un qualche atto di proprietà. Le ideologie, il credo, le arti, il diritto sono nuclei di pensiero e di convinzioni con contenuti, segni e simbologie con un forza attrattiva e coesiva tali da costruire e costituire un vero e proprio territorio in cui riconoscersi e definirsi.

Qual è il territorio del Colosseo o della Torre Eiffel? Qual è la portata territoriale del ponte che gettò Cesare sul Reno? Qual è il territorio di una città come Parigi? e di Londra, di Roma o di Siena e di Venezia? E quello della Gioconda o de Las meninas, del cristianesimo o dell’islam o dell’ebraismo? E della democrazia? Qual è la vera importanza delle città nella formazione del “sistema Europa” e, di conseguenza, della città storica? Esiste una specificità europea che si fonda sulla città? Quale ruolo possono svolgere oggi città come Roma, Venezia, Parigi o Praga o Salamanca o Cracovia, per nominarne alcune, nella costruzione dell’Europa e della sua idea? Qual è il senso del Mediterraneo nella definizione dell’Europa? 

Il ratto di Europa, mosaico conservato al museo nazionale di Beirut

Nel tempo di maneggi elettoralistici che attentano sostanzialmente al progetto di convivenza come fattore di crescita e di affermazione della ragione umana su visioni che si affidano a difese territoriali di un bene che non è possibile confondere con il benessere di alcuni, l’idea di Europa è necessaria proprio nel senso di percorso di costruzione del territorio che si estende appunto tra la fanciulla che scompare tra i flutti in groppa al toro e la città storica che segna le tappe di quel lungo cammino.

In tale prospettiva, è auspicabile che città come Venezia si ritrovino in un sistema relazionale che trasmetta alla città una funzione del tutto nuova della quale sono genesi, ma non generatrici, nascono dal loro modo storico di essere città, ma sfuggono al ruolo storico che detta loro il presente nel quale sono sostanzialmente un progetto di appartenenza, di riconoscimento e convivenza.

L’illustrazione d’apertura raffigura il ratto d’Europa dipinto da Jean Cousin il Vecchio

L’Europa, il territorio e la città storica  ultima modifica: 2019-05-21T18:22:03+02:00 da FRANCO AVICOLLI
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