Yemen, vademecum per gli “smemorati” di Roma

La vicenda della Bahri Yanbu, la “nave delle armi”, riaccende i riflettori su una guerra dimenticata, quella che da anni sta devastando lo Yemen, e sulla vendita di armi, comprese quelle italiane.
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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La “nave delle armi” riaccende i riflettori sulla “guerra dimenticata”: quella che da anni sta devastando lo Yemen. Le cronache di questi giorni narrano la vicenda della “Bahri Yanbu” attraccata prima nel porto di Genova, poi in rotta verso quello di La Spezia. La Bahri Yanbu appartiene alla maggiore compagnia di shipping saudita, la Bahri, già nota come National Shipping Company of Saudi Arabia, società controllata dal governo saudita, che dal 2014 gestisce in monopolio la logistica militare di Riyadh. L’opposizione di Ong e associazioni pacifiste ha impedito che le armi fossero caricate in territorio italiano, tuttavia resta la gravità della vicenda.

Vademecum per gli “smemorati”: dal 25 marzo 2015 una coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita e sostenuta da Stati Uniti e Regno Unito ha lanciato attacchi aerei contro il gruppo armato huthi in Yemen. I civili stanno sopportando il peso di questo sanguinoso conflitto. Intrappolati nei combattimenti a terra tra gli huthi e le forze filogovernative, e sotto il fuoco dei bombardamenti da parte delle forze della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, uomini, donne e bambini sono stati sottoposti a orribili violazioni dei diritti umani e a crimini di guerra, da tutte le parti coinvolte nel conflitto, come evidenzia un rapporto delle Nazioni Unite. Dallo scoppio del conflitto si calcola che siano quasi 17mila i civili morti e feriti, esacerbando una situazione umanitaria già disastrosa dove milioni di persone sono in preda alla carestia.

Sbarrano i porti alle navi che salvano vite, ma chiudono gli occhi di fronte alla vendita di armi all’Arabia Saudita. Quelle che alimentano la “guerra dimenticata” in Yemen. Vademecum per un Governo “smemorato”. La parola alle Ong che non dimenticano gli impegni proclamati, soprattutto da ministri pentastellati, e mai attuati.

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

I governi dei Paesi che hanno recentemente deciso di sospendere l’invio di armamenti ad Arabia Saudita e alleati hanno esplicitamente citato la situazione umanitaria e di violazione dei diritti umani nel confitto in Yemen. L’Italia dovrebbe fare altrettanto ed inoltre il Governo dovrebbe farsi promotore a livello internazionale di una Commissione indipendente che possa valutare le violazioni dei diritti umani commesse da tutte le parti in conflitto.

Paolo Pezzati, Oxfam Italia:

Il contesto umanitario è gravissimo in Yemen: su 29 milioni di persone 22 hanno bisogno di assistenza umanitaria. È come se in Italia 45 milioni di persone avessero bisogno di aiuto per sopravvivere. Quasi 17 milioni di individui non hanno accesso ad acqua o a sistemi igienici di base. Con questa iniziativa congiunta chiediamo sicuramente una soluzione politica del conflitto, ma serve pure una risposta finanziaria per gli aiuti umanitari: l’attuale piano di intervento raggiungerebbe solo 12 milioni di persone ed è pure sotto-finanziato solo al 78%.

Maria Egizia Petroccione, Save the Children Italia:

Come organizzazione siamo presenti dal 1963 in Yemen e da 4 anni vediamo gli effetti devastanti di questa guerra sui bambini, che sono le vittime più vulnerabili e subiscono conseguenze fisiche e mentali così fortemente che serviranno decenni per superare questi traumi. Sono circa 85.000 i bambini sotto i cinque anni morti per fame o malattie gravi dall’inizio dell’escalation del conflitto. 400.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta, la forma più letale di fame estrema. Gli ospedali e le scuole in qualunque conflitto dovrebbero essere protetti come luogo sicuro per i bambini, ma in Yemen sono sempre più spesso obiettivi di attacchi diretti. Oltre 1.800 scuole sono state danneggiate o distrutte da attacchi aerei e combattimenti, oppure usate a scopo militare.

Nicoletta Dentico, Fondazione Finanza Etica e Rete Disarmo:

Ancora una volta stiamo ripetendo i dati aggiornati della catastrofe yemenita, in una sorta di catalogo degli orrori che non ha fine. La società civile è mobilitata fin dall’inizio del problema e continua ad agire a livello nazionale ed internazionale, ma non vediamo risposte concrete dalla politica. È arrivato il momento della discontinuità: di parole se ne sono sentite molte, ora vogliamo i fatti e agiremo con la giusta pressione dal basso sulle istituzioni per ottenere una risposta.

Maurizio Simoncelli (Archivio Disarmo e Rete della Pace):

Oggi nel mondo un terzo di tutte le esportazioni militari va verso il Medio Oriente, con volumi in crescita vertiginosa negli ultimi anni. È significativo anche il ruolo dell’Italia che negli ultimi 6/7 anni ha venduto 1,5 miliardi in sistemi d’arma in quell’area (nell’ultimo biennio il 50% delle nostre esportazioni va verso il Medio Oriente e il Nord Africa).

Nella relazione al Parlamento prevista dalla legge 185/90 relativa all’export militare italiano non si fa cenno alcuno a sospensioni, revoche o dinieghi per esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita posti in atto dal Governo Conte nel 2018. Sono invece riportate nell’allegato del MAECI undici autorizzazioni per l’Arabia Saudita del valore totale di 13.350.266 euro e nell’allegato dell’Agenzia delle Dogane (MEF) 816 esportazioni effettuate nel 2018 per un valore di 108.700.337 euro.

Tra queste – commenta Rete Disarmo – si evidenziano tre forniture del valore complessivo di 42.139.824 euro che sono attribuibili alle bombe aeree della classe MK80 prodotte dalla RWM Italia che risalgono ad una autorizzazione rilasciata nel 2016 dal governo Renzi per la fornitura all’Arabia Saudita di 19.675 bombe aeree del valore di oltre 411 milioni di euro. 
Si tratta delle micidiali bombe aeree della serie MK prodotte a Domusnovas in Sardegna dall’azienda tedesca RWM Italia, azienda che ha la sua sede legale a Ghedi (Brescia), che vengono impiegate dall’aeronautica militare saudita per bombardare indiscriminatamente lo Yemen. Un rapporto dell’Onu del gennaio del 2017 ha documentato l’utilizzo di queste bombe nei bombardamenti sulle zone abitate da civili in Yemen e un secondo rapporto redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato che questi bombardamenti possono costituire “crimini di guerra”. Ricordiamo inoltre che Rete Disarmo insieme a Mwatana ed ECCHR ha denunciato alla Magistratura l’illegalità di tali forniture in quanto bombe italiane sono sicuramente state utilizzate anche in operazioni di attacco a civili risultanti in morti di uomini, donne, bambini.

Eppure la nostra legge è chiara e l’adesione dell’Italia al Trattato ATT e alla Posizione Comune Europea dovrebbero impedire di alimentare con nostre armi i focolai di guerra più gravi nel mondo,

denuncia Maurizio Simoncelli (Archivio Disarmo e Rete della Pace).

Siamo oggi in Senato a ribadire quanto fatto nel 2017 alla Camera, che purtroppo ha poi portato a mozioni non approvate. Cambierà qualcosa con il nuovo Parlamento? Vogliamo ricordare che c’è una iniziativa di mobilitazione diffusa nei territori – come testimoniato anche dalla recente mozione al Comune di Assisi – che ci impegniamo a portare avanti: citiamo la Costituzione ma cerchiamo anche di metterla in pratica. Chiediamo risposte soprattutto per una economia che deve disarmarsi con un lavoro degno: la riconversione dell’industria militare porterebbe maggiore occupazione e maggiore innovazione tecnologica,

rimarca Carlo Cefaloni (Movimento dei Focolari).

In Yemen la guerra non è fatta solo da soldati che si sparano: il cinquanta per cento delle strutture sanitarie è chiuso o distrutto, in violazione di tutte le Convenzioni internazionali. Così aumentano i bisogni ma diminuiscono le possibili risposte e la popolazione civile non può ricevere l’aiuto di cui ha bisogno anche per un collasso economico devastante. C’è voluta l’immagine di una bambina poi morta per denutrizione e l’uccisione di un giornalista a ricordarci che non possiamo più essere complici di tali sofferenze di civili, famiglie, soggetti deboli,

incalza Roberto Scaini di Medici Senza Frontiere.

Noi siamo parte della società civile in Sardegna, dove si producono le bombe usate nel conflitto in Yemen e sul cui territorio passano migliaia di tonnellate di esplosivo che si trasformano in ordigni (circa la metà finisce poi in Medio Oriente). Una situazione che contribuisce a determinare la situazione devastante in Yemen a causa anche di un ricatto occupazionale che si può realizzare grazie all’assenza di decisione politica a tutti i livelli. Vi sembra possibile che lo stesso funzionario che certifica una canna fumaria in una abitazione sia lasciato da solo a firmare il documento che permette la triplicazione della fabbrica che produce le armi usate in Yemen? Vogliamo risposte e non possiamo più essere indifferenti e silenziosi,

racconta Arnaldo Scarpa (Comitato Riconversione RWM). E ricorda Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio OPAL di Brescia:

Come noto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella conferenza stampa del 28 dicembre 2018 ha affermato che il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita e che si tratta solamente di formalizzare questa posizione: finora, però, non risulta alcun atto di sospensione né di revoca delle forniture di armamenti all’Arabia Saudita. […] La normativa italiana e il Trattato dell’Onu sul commercio di armi (ATT) offrono gli strumenti giuridici e legali per sospendere queste forniture. Non è necessario modificare la legge 185 del 1990. Occorre invece un atto politico del governo ed un decreto del ministero degli Esteri. Se il Movimento 5 Stelle e il ‘governo del cambiamento’ intendono assumersi questa responsabilità troveranno l’appoggio di tutte le nostre associazioni che da anni chiedono il blocco delle forniture militari che l’Arabia Saudita impiega nei bombardamenti indiscriminati in Yemen.

Ma il governo gialloverde non presta ascolto. Finché c’è guerra c’è speranza: di affari.

Yemen, vademecum per gli “smemorati” di Roma ultima modifica: 2019-05-22T15:29:28+02:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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