Da vecchio rottame della prima Repubblica ammetto di essere un po’ rétro in materia di galateo istituzionale. Mi scandalizzai quando, nel 1993, Scalfaro non firmò il “decreto Conso”, regolarmente approvato dal Consiglio dei ministri: figuriamoci ora, con Conte che chiede – e pubblicizza – il parere preventivo del Quirinale su un decreto all’ordine del giorno dell’organismo che formalmente presiede. E figuriamoci quando sento parlare di “decreti bandiera”, o di quelli approvati “salvo intese” solo per scavallare la scadenza elettorale.
C’è però un episodio che mi ha inquietato più di altri: e mi dispiace se risulterò politicamente scorretto. Non lo sono stato quando valeva la pena di battersi per non lasciare impunita l’esecuzione di Stefano Cucchi. Proposi perfino a Emma Bonino e a Renata Polverini – che allora si contendevano la presidenza della Regione Lazio – di impegnarsi, se elette, a cambiare nome all’ospedale in cui Cucchi era stato lasciato morire, per non infangare la memoria di un ex detenuto come Sandro Pertini. Adesso però Sant’Antonio concede troppa grazia. Con tutto il rispetto per la famiglia Cucchi, non vedo perché si debba esultare per la costituzione di parte civile da parte della presidenza del Consiglio, del ministero dell’Interno, del ministero della Difesa e dell’Arma dei carabinieri.
C’è innanzitutto da segnalare la bizzarria per cui amministrazioni dello Stato si costituiscono in giudizio secondo una procedura pensata per tutelare gli interessi di parti private. So bene che in Italia le sentenze vengono pronunciate “in nome del popolo”, e non in nome dello Stato (come per esempio negli Usa). So anche, però, che l’interesse dello Stato è rappresentato in giudizio dal Pubblico ministero: e che se in Italia non c’è distinzione fra magistratura inquirente e magistratura giudicante questo si deve alla mancata riforma dell’ordinamento giudiziario prevista dalla VII disposizione finale della Costituzione (“Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente”, cioè quelle della legge Bottai del 1942 che appunto non prevedeva la separazione delle carriere).
Ma questa è un’altra storia. Neanche in Italia, però, si era mai vista la contestuale costituzione di parte civile da parte di tre ministeri e di un’amministrazione dipendente da uno dei tre. Tanto più che (casualmente?) uno dei tre ministri è della Lega, un altro dei 5 stelle, e il terzo (il presidente del Consiglio) “spira dove vuole” come lo Spirito Santo nella Santissima Trinità: vuoi vedere che il “governo del cambiamento” ha lottizzato le funzioni dello Stato come nell’esecrata prima Repubblica nessuno si era mai sognato di fare?
C’è poi un dubbio ulteriore. Perché non si procede anche nei confronti del magistrato che, nel convalidare il fermo di Cucchi, non poteva non vedere le sue condizioni? E nei confronti dei medici che hanno omesso di chiamare la famiglia al capezzale del loro congiunto? Che debbano costituirsi parte civile anche l’Ordine dei medici ed il Consiglio superiore della magistratura?

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