Da qualunque parte si rivolti la faccenda, un tema s’impone nel dibattito politico cittadino all’indomani delle elezioni: la Lega. Una cosa che solo qualche tempo fa era impensabile in una città in cui, alla lista fucsia dell’outsider Brugnaro, vincitore nel 2015 per una congiunzione astrale che i suoi stessi amici personali ritengono irripetibile e ormai al tramonto, s’opponeva una sinistra che ieri si è riconfermata primo partito in centro storico e secondo in terraferma, unico salvagente rosso nell’alluvione salviniana che in città ha trascinato con sé il 37 per cento.
A parte la novità che ha fatto rivivere a Venezia un nuovo fremito dopo la vittoria dell’attuale sindaco quattro anni fa, da qui alle prossime elezioni comunali del 2020 sarà la nuova Lega di Salvini a dare le carte, forte di un voto che sarà sì liquido e di protesta quanto si vuole, ma che l’autorizza, e per le leggi della politica le impone, a fare il primo passo.
Così è avvenuto, e a parlare è stato per primo il senatore leghista Sergio Vallotto, al quale quello di domenica è apparso un risultato straordinario che renderebbe plausibile come prossimo obiettivo Venezia, alla cui contesa presentare un proprio candidato. Pur con tutte le cautele e le liturgie del caso, e i rispetti gerarchici nei confronti di Salvini e Zaia cui è demandata ogni decisione finale, Vallotto ha così messo sul tavolo il vero tema.
Da cui traluce una Lega spaccata tra i seguaci del “democristiano” Zaia, apparentemente favorevoli al rinnovo dell’alleanza con Brugnaro in comune, e il nuovo che avanza salviniano, i cui colonnelli locali scalpitano all’idea di strappare il governo della città a un sindaco che gli ha procurato in passato tanti dolori e che non hanno motivo di amare.
Se a spingere Vallotto a ragionare in tal modo è forse stato in primo luogo il trattamento che alla Lega Brugnaro ha riservato nella sua giunta, a cominciare dalla storia dei tre assessori al commercio, un certo peso devono aver di sicuro esercitato la questione del referendum separatista su cui il primo cittadino ha fatto marcia indietro, e gli appoggi distribuiti a candidati del territorio in contrasto col partito di Salvini.
Quanto a quest’ultimo, o meglio ai suoi supporter locali, non deve essere risultato gradito nemmeno il vezzo grazie al quale Brugnaro, uno Zelig nell’incessante campagna elettorale che da mesi l’impegna, si definisce di volta in volta, renziano, zaiano, filo governativo, e tutto quanto gli viene in mente pur di risultare gradito.
Sta di fatto che l’ipotesi che la Lega stia meditando di presentare un proprio candidato gira già da settimane in città. A qualche ballon d’essai velocemente smentito, un giornale locale, forse alla ricerca di un boato che non ha avuto effetto e che gli altri organi di stampa hanno lasciato cadere nell’oblio, ha citato il nome di Carlo Nordio. Un’ipotesi destituita da ogni fondamento, che il diretto interessato non s’è nemmeno degnato di smentire, in primo luogo per la sua nota contrarietà all’impegno dei magistrati in politica e, forse anche, non escludiamolo, per una qualche forma di narcisismo personale di cui l’uomo non è privo.
Leggendo le prime dichiarazioni rilasciate a caldo alla stampa locale, Luigi Brugnaro si conferma un politico di gran razza, tutto il contrario di quel campagnolo di cui i suoi avversari sproloquiano, a corto di migliori argomenti. Il sindaco, a capo di una formazione civica che era nata sul concetto della trasversalità sulla quale si erano anche imbarcati elettori della sinistra moderata, ha nel tempo dovuto fare qualche aggiustamento che più di qualche mal di pancia ha generato.
A partire dall’alleanza con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, da qualcuno giudicata un passo falso di Brugnaro, vista la modesta consistenza elettorale che la confina al di sotto del cinque per cento, che ha la sua “punta di diamante” nell’assessore alla sicurezza del Comune, Giorgio ZeroZeroD’Este. Ma che chi gli è vicino ha giustificato come una mossa abile nell’invisibile partita a scacchi con la Lega, per costringerla a uscire allo scoperto e riallinearsi finalmente alla confessio zaiana, favorevole a uno schieramento allargato che includa, oltre alla Meloni, Forza Italia, altro alleato di Brugnaro che in città non gode proprio di buona salute, alla stessa Lega, tutti uniti allegramente alle prossime elezioni amministrative comunali.
Con a capo Luigi Brugnaro, ovviamente. Che si felicita per il risultato del partito di Salvini, al momento suo alleato, e afferma che a essere premiato è il lavoro fatto sulla scorta della concretezza amministrativa della sua compagine. E non si dimentica dei moderati di sinistra, congratulandosi con l’amico Carlo Calenda, confindustriale dell’area liberal del Pd, rammentando a nuora, perché suocera intenda, che c’è ancor tanto da fare, “convinto che tanti di loro possano venire sulle nostre posizioni, che sono trasversali, non di partito”.
Dicono i suoi che il sindaco disponga di un sondaggio che, in aggiunta alla communis opinio facilmente riscontrabile in città, lo confermerebbe nel gradimento in terraferma, perché quanto al centro storico, lì grandina. Nulla di più plausibile, a ben vedere.

Se questa del fronte allargato è la strada inseguita da Brugnaro da replicare in regione e per il governo centrale, c’è da dire che i risultati in Veneto potrebbero ingolosire la Lega ad andare da sola. Quanto alla politica veneziana, il risultato delle urne apre una fase in cui il partito di Matteo Salvini sarà spinto ad alzare la testa nei confronti del primo cittadino, che non a caso, di fatto indebolito, già manda messaggi alla collaborazione. Un processo che vedrà impegnata la dirigenza leghista in una riflessione sulla praticabilità di una nuova alleanza in cui, pur figurando primo partito, dovrebbe accettare di far perno su un uomo dimostratosi incontrollabile, oltre che accusato di non stare ai patti.
Tanto più che da un punto di vista caratteriale, poi, l’uomo Brugnaro non garantisce di possedere i connotati dell’alleato ideale agli occhi della Lega, il che potrebbe pesare sulla scelta finale del partito di Matteo Salvini, spingendolo a decidere di schierare un proprio candidato.
Se una volta l’individuazione da parte della Lega di un uomo all’altezza di una città come Venezia poteva apparire difficoltoso, ora potrebbe risultare più facile in virtù dell’alta percentuale di consenso ottenuto, che apre un potenziale vivaio di candidature appartenenti a mondi più variegati dei soliti cliché con cui sbrigativamente siamo soliti incasellare l’elettorato leghista.
Senza contare l’attrazione fatale di cui risentiranno interi settori cittadini a favore del partito vincitore, anche a scapito di bacini elettorali contigui o comunque non ostili, come quello, in primo luogo, su cui si basa Luigi Brugnaro. Si potrebbe assistere nei prossimi mesi a venire a una sorta di politica dei due forni, cara alle strategie politiche di Salvini, per cui la Lega potrebbe tenere sulla corda l’attuale inquilino di Ca’ Farsetti, sede del comune lagunare, mentre contemporaneamente in terraferma potrebbe dragargli il consenso.
Sarà anche tutto da vedere quanti degli attuali consiglieri fucsia saranno riproposti nel 2020 dopo il casting recentemente fatto dalla signora Stefania Moretti, moglie del sindaco, teso al rinnovo delle candidature. E non è da escludere che qualcuno degli esclusi possa offrire la sua esperienza amministrativa a un partito, come la Lega, che a livello cittadino dovrà affrettarsi a creare a una sua classe dirigente.
Se alla fine la decisione di Salvini, al quale tocca anche quella che riguarda il destino di Luca Zaia, sarà quella di schierare un proprio candidato, sulla base dei numeri che escono da domenica scorsa, per Brugnaro al danno potrebbe aggiungersi la beffa.
Luigi Brugnaro ama ricordare il rapporto che lo lega a Luca Zaia, una sorta di mantra che il sindaco recita, in cui il fine apotropaico non pare escluso. Uomo sufficientemente accorto, sa che in politica l’amicizia conta per il tempo che conviene, poi ciascuno à la guerre comme à la guerre.
Così, il destino che la sorte gli potrebbe riservare nei prossimi mesi, non esclude la possibilità di vedersi soffiare un eventuale ballottaggio dal centro sinistra. Se finalmente questo fosse capace di mettere in piedi un processo inclusivo per tutta l’area di appartenenza, in grado di sommare il 27,7 del Pd a quel dieci per cento di elettori che hanno disperso il loro voto nelle formazioni minori.
A giudizio di molti, l’unica ipotesi, per altro, in cui il centro sinistra potrebbe tornare in gioco. Perché qualora Brugnaro e Lega andassero uniti, non ci sarebbe proprio partita. In caso di un ballottaggio con la Lega, il centro sinistra avrebbe anche agio di ricercare accordi sotto banco con un candidato finalmente fuori dalla corsa e per colpa della Lega, interessato a barattare il proprio appoggio per tutelare i suoi numerosi interessi cittadini.
Sarà forse un caso, ma a chi frequenta i consigli comunali non è sfuggito il cambio di clima avvenuto nelle ultime settimane, dove sempre più spesso il Pd sembra non cercare l’affondo contro il sindaco, quasi fosse in attesa di capire le sue intenzioni per il 2020, senza voler chiudersi le porte alle spalle e tagliare ponti che potrebbero tornar utili a breve.
Qualcuno si spinge addirittura a pensare che al sindaco il maggior partito di opposizione abbia offerto una via di uscita onorevole, vista la giocata sul piatto, il sostanziale conflitto d’interessi in ballo in barba a ogni blind trust, nel tentativo di avvicinamento a un uomo le cui politiche non si discostano poi molto da quelle del centro sinistra. E che, per certi versi, appaiono ai critici come una più compiuta e conseguente continuazione, in quella che viene giudicata una simile incapacità di sognare un orizzonte diverso da quello che sta minacciando di morte Venezia e che ora, con l’affermarsi del turismo a Mestre, ne svuoterà di funzioni urbane il centro. Una stessa visione che relega al centro storico la funzione della gallina delle uova d’oro, attorno alla quale organizzare tutta l’economia di quanto territorialmente vi ruota attorno.
Non è nemmeno un segreto che alcuni consiglieri fucsia siano stati sondati da parte di esponenti del Partito democratico, soprattutto quelli che hanno dimostrato più di qualche insofferenza nei confronti del calarsi di Brugnaro in una rete di rapporti che ne hanno spesso fatto il portabandiera della destra, per la felicità di Renato Brunetta teorico di un governo delle destre che dovrebbe salvare in primo luogo lui e il personale politico forzista dall’oblio, che gli ha più volte fatto da sponda.
Un’ipotesi archiviata, a quanto si capisce, da Matteo Salvini per tutto un tempo che, per i cicli della politica, può assumere i contorni del definitivo. Accarezzata come un ritornello dagli altri ospiti illustri e alla fin fine bolliti che fanno capolino a Ca’ Farsetti. Da Antonio Tajani alla padovana Elisabetta Casellati, fautori del governo delle destre vecchia maniera che provoca attacchi di orticaria a Salvini.
In qualche misura, il punto di forza, ma anche la debolezza strutturale di Luigi Brugnaro, che ha accettato di affidarsi a una strategia politica flebile che porta alla dipendenza dalla Lega e da Salvini, propria di Forza Italia alla quale vanno le sue simpatie politiche personali. E dalla quale non ha saputo affrancarsi, per far emergere un vero proprio profilo trasversale che non fosse invece abile barcamenarsi.
Un’occasione mancata né di sinistra né di destra, ma sostanzialmente della destra che il vincitore delle scorse elezioni non può amare, pena il consenso. L’orizzonte futuro del quale lo potrebbe persino escludere da un ruolo cittadino, dopo averlo tenuto a lungo sulla corda, facendogli prima terra bruciata attorno. Col risultato probabile, se la Lega corrisponderà al suo dovere di primo partito e correrà da sola, di farlo apparire persino obsoleto, al pari di quegli uomini di Forza Italia con cui ama ancora accompagnarsi.
Le immagini sono tratte dall’account twitter di @LuigiBrugnaro. Sono foto scattate dal tetto dell’hotel Ausonia del Lido nel giorno della sua riapertura.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!