Kamasutra politico? No grazie

Brugnaro difficilmente vedrà insidiata dalla Lega trionfante la sua ricandidatura a sindaco. Ma dovrà adattarsi al suo copione per avere i voti leghisti. Quindi addio a spericolate operazioni trasversali per conquistare spazio e relazioni nel centrosinistra.
GUIDO MOLTEDO
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L’analisi lucida e ben argomentata del dopo-voto a Venezia, scritta dalla nostra Bärbel Schmidt, ha suscitato molto interesse tra i nostri lettori. In diversi ci hanno scritto. Per complimentarsi con l’autrice, ma alcuni anche per proporre temi di ulteriore riflessione e porre alcune domande di chiarimento. Possiamo sintetizzare, queste reazioni, in un paio di punti.

Il primo: nella tornata elettorale di domenica la Lega è andata molto bene, ma non nelle città, e non solo nelle grandi città. Anche in quelle medie. Emblematica la sconfitta nella Bergamo di Calderoli. Da questo punto di vista “il partito di Salvini” è in continuità con la Lega Nord che ebbe solo per una breve stagione un proprio sindaco importante: a Milano, il dimenticabile Formentini. E Tosi a Verona, anch’egli nell’oblio. Certo anche nei centri urbani è cresciuta, la Lega. Pure a Venezia. Pure a Roma. Ma nella capitale, dove da tempo si specula su un interesse di Salvini a rubare la poltrona di Virginia Raggi, il voto di domenica racconta un’altra storia, che non prevede possibili assalti al Campidoglio. Idem a Venezia. Perché rischiare un clamoroso autogol nella città dei dogi? Per dare retta a piccoli ras leghisti locali che hanno conti da regolare con Brugnaro?

E qui s’arriva al secondo punto: riguarda la forza reale del Brugnaro candidato 2020. Un lettore l’attribuisce innanzitutto al fatto stesso di essere un sindaco uscente che si ricandida. È la forza dell’incumbent, come dicono i testi base della politologia, che attribuisce un vantaggio di partenza considerevole a chi è in corsa per un secondo mandato, innanzitutto per la notorietà del nome, del brand. Che in certi casi, come De Caro a Bari, Nardella a Firenze, è popolarità.

Il rovescio della medaglia è la quantità di doglianze che gravano su un sindaco e che diventano materia d’attacco dello sfidante quando s’infuoca la campagna elettorale. In genere, la bilancia pende più sulla notorietà che sullo scontento, come dimostrano molte delle elezioni comunali di domenica scorsa. I sindaci uscenti sono confermati anche con grandi numeri. Perché candidare un signor nessuno, per dispetto a Brugnaro, contro una sinistra che a Venezia registra segni di ripresa? 

Bärbel Schmidt allude a un’intesa tra Brugnaro e Zaia. Dovrebbe reggere ancora per un anno, quando entrambi si troveranno a candidarsi per riavere i rispettivi posti. Reggerà, perché ha un senso, questo patto, che se non è di collaborazione, è di non belligeranza. Salvini ha qualcosa da ridire su quest’accordo tra i due big del centrodestra nordestino?  Sarebbe strano, perché, tra i tanti fronti aperti che ha dinanzi attualmente, non si vede la necessità di aprirne un altro in Veneto. In quel Veneto a guida leghista in enorme sofferenza per la mancata attuazione dell’autonimismo differenziato.

La logica politica va dunque nella direzione di una conferma di Brugnaro candidato del centrodestra. Ma con una spiccata connotazione conservatrice della sua candidatura, schiacciata sul registro salviniano. Le sue recenti mani tese fuori del suo campo sono destinate a rientrare, se non vuole avere problemi con “il partito di Salvini”, locale e nazionale, e avere i suoi voti, che sono molti di più di quelli che prenderebbe da un’ipotetica benevolenza dei moderati del centrosinistra.

Sarà dunque, inevitabilmente, un replay della prima campagna elettorale, caso mai più sobria, ma nella sostanza uguale.

Non è più tempo di trasversalismi. Anche perché, nel frattempo, in città la rete delle associazioni e dei comitati sta raggiungendo una forza ragguardevole, è in fermento e dà la sensazione di voler crescere ancora e consolidarsi, al punto tale da poter condizionare il Pd e quel che resta della sinistra non piddina, e impedir loro spericolate aperture al sindaco uscente, mai fossero davvero ipotizzabili.

La morale è che si va verso mesi di acuta contrapposizione politica, con due idee di città e di futuro molto distinte e distanti tra loro. Su di esse, non su audaci kamasutra politici,  si giocherà il voto per il rinnovo di Ca’ Farsetti.

Kamasutra politico? No grazie ultima modifica: 2019-05-29T19:18:19+02:00 da GUIDO MOLTEDO
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