Les irréductibles Vénitiens…

A proposito di un recente intervento di Saverio Pastor su ytali, che è “un vero e proprio Manifesto in cui espone le contraddizioni dell’ideologia coltivata e blandita dal variegato mondo verde – ambientalistico – nostalgico – luddista che a Venezia costituisce quasi un partito”.
LORENZO COLOVINI
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Chiedo a ytali ospitalità per proporre alcune controargomentazioni a quanto pubblicato su questa testata da Saverio Pastor. Mi riferisco all’articolo “L’unica strada, l’acqua” dello scorso 17 maggio.

Va doverosamente precisato che l’articolo in realtà consiste in un intervento presso la Confartigianato di Venezia e, comprensibilmente, strizza un po’ l’occhio alla specifica platea esaltando il ruolo della categoria. Ma anche fatta la dovuta tara, è permeato di una visione che trovo non solo velleitaria ma financo controproducente rispetto alle finalità ultime che stanno a cuore allo stesso autore. Non me ne voglia l’amico Pastor, non c’è alcuna prevenzione e tantomeno acrimonia nei suoi confronti. Anzi, paradossalmente gli riconosco un merito: aver redatto un vero e proprio Manifesto in cui, con mirabile chiarezza, espone le contraddizioni dell’ideologia (sì, perché trattasi precisamente di questo: ideologia) coltivata e blandita dal variegato mondo verde – ambientalistico – nostalgico – luddista che a Venezia costituisce quasi un partito.

Il principio fondante dell’ideologia lo esprime benissimo Pastor con questo assunto:

Venezia deve ricominciare a considerare l’acqua come risorsa e non come un ostacolo da superare il più velocemente possibile, come elemento distintivo e non come maledizione divina, come caratteristica di unicità da valorizzare invece di voler riproporre, pure qui, i modi di vivere di ogni città del mondo

Altro assunto, questo assolutamente condivisibile: vanno riportati i residenti a Venezia, possibilmente riducendo contemporaneamente il numero di turisti. 

Però c’è un problema: per conciliare i due assunti dunque Venezia dovrà essere popolata, anzi: ripopolata, da persone che dovranno essere soddisfatte di vivere in modo di diverso dalle altre parti del mondo, che non avranno problemi di tempo, che si pasceranno dell’acqua come elemento distintivo. 

© Andrea Merola

E se qualche irriducibile che lavora fuori città o il cui lavoro lo porta spesso a viaggiare e spostarsi in treno o in aereo volesse rimanere a vivere a Venezia, magari a Castello? Se dovesse prendere il Freccia Argento delle 6.25 per Roma crediamo che preferisca trovare un mezzo che lo porti rapidamente in stazione o alzarsi alle tre di mattina e farsi una bella passeggiata per le strade deserte? E se qualche professionista volesse mantenere lo studio in centro storico, sarebbero contenti i suoi clienti di metterci una vita e mezza per andare da lui? E potrebbe permettere una connessione veloce internet o storceremmo la bocca per i masegni movimentati per mettere la fibra? 

Insomma, quello che pare chiaro è che Pastor la sua Venezia non la vuole ripopolare con impiegati, professionisti, manager… che gli unici a potersi permettere la lentezza del remo sono artigiani, pescatori e pensionati. Ed ecco infatti le proposte che gli vengono in mente: 1) fare dell’Arsenale un centro di archeologia e di museologia navale 2) attraverso una cooperazione virtuosa tra Soprintendenza e Magistrato alle acque ridefinire la concessione degli spazi acquei a favore delle imbarcazioni in legno 3) perseguire una mobilità più lenta e, infine 4) voga per tutti: formazione nelle scuole, lista Unesco, rilanciare le attività nautiche ecc.

È chiaro dove porta il cuore: un villaggio di artigiani felici, dove tutti si conoscono, dove la gente, spostandosi con la propria barchetta, la sera si ritrova e si corre incontro per una festa finché non muore il giorno.. come nel pianeta Felona immaginato dalle Orme. L’Utopia in terra.

Idrotaxi in navigazione sul Canal Grande © ANDREA MEROLA

Ognuno è libero di coltivare le utopie che crede. Solo che si deve essere coscienti della loro velleità. Perché altro che ripopolamento, Venezia così la si svuota definitivamente. Pochi abitanti, del tutto irrilevanti come peso politico, del tutto indifesi contro gli interessi esterni, invasi da orde di turisti. Altro che vendere forcole e parabordi (a chi poi?… ai quattro gatti che restano?); tutti trasformati in affittacamere (perché certo non si vive vendendo forcole e pescando sepioìne..). A meno di costruire un blocco navale e vivere sotto assedio, un po’ come il villaggio di Asterix. Les irréductibles gaulois, pardon vénitiens. Senza la pozione magica però.

Incurante della contraddizione, Pastor ci racconta al contrario che

solo riproponendo la nostra unicità come città d’acqua abbiamo la speranza di poter continuare a vivere in una Venezia con i connotati di una vera e moderna città

Davvero? Una città in cui chiuderebbe l’ospedale (e anche se non chiudesse avremmo certamente la fila dei medici disposti a venire a lavorare qui (con la dovuta lentezza!), in cui non ci sarebbe alcuna prospettiva di riattrarre almeno sedi di rappresentanza di aziende, di uffici, di istituzioni, che perderebbe inesorabilmente anche le residue funzioni non dico di capitale ma di centro di riferimento. Tutto ciò insomma, che contraddistingue una città. Vera.

Mi dispiace, not in my name. Io rivendico il mio diritto di continuare a vivere in questa città, con la possibilità di spostarmi velocemente, di prendere comodamente aereo, treno, macchina, di avere la fibra a casa e tutte le possibilità di vivere una vita al passo dei tempi. Questo (assieme a mille altre misure) può riattrarre abitanti. 

Les irréductibles Vénitiens… ultima modifica: 2019-05-30T15:19:30+02:00 da LORENZO COLOVINI

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1 commento

Valentina 2 Giugno 2019 a 13:33

Ma che baggianata di riflessione e’? La conversione (graduale) dell’economia e’ possibile, e nulla ha a che fare con “un ritorno a un utopico primitivo villaggio di pescatori e pensionati”. Si informi prima di reclamare il suo diritto a vivere in una citta’ al passo coi tempi. Nessuno le togliera’ la fibra ottica, stia tranquillo.

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