Algeria. Nella terra di nessuno

La rivolta di piazza prosegue pacifica. Non esiste più alcun ammortizzatore tra militari e cittadini: i partiti sono spariti, il fronte di liberazione nazionale non ha più autorevolezza e anche la sinistra ha perso terreno. I giornali titolano “Un solo eroe: il popolo” ma nessuno sa davvero in che direzione ci si stia muovendo.
MARIO GIRO
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Algeria in sospeso. Se in Sudan i militari alla fine hanno deciso per la repressione, ad Algeri c’è una situazione di stallo. Il capo di stato transitorio Bensalah ha ribadito l’invito al dialogo per organizzare le elezioni ma è ormai certo che le scadenze previste dalla costituzione non saranno rispettate. D’altronde solo due semisconosciuti personaggi di secondo piano hanno provato a inviare la loro richiesta di candidatura e sono stati respinti dal consiglio costituzionale che ha così ratificato l’impossibilità di rispettare la data del 4 luglio.

L’Algeria entra così in un terreno sconosciuto, fuori da ogni regola istituzionale, giusta o sbagliata che sia. Siamo nella terra di nessuno a cui la piazza ha voluto spingere il “potere” a cui non riconosce nessuna legittimità. Retoricamente i giornali algerini titolano “Un solo eroe: il popolo” ma nessuno sa davvero in che direzione ci si stia muovendo. 

La piazza resiste pacifica ma resiliente con le sue rivendicazioni: nessun voto presidenziale ma piuttosto una riforma complessiva che porti all’elezione di un’assemblea costituente che possa riscrivere la costituzione. Il dilemma per l’esercito è grave: non vuole utilizzare la forza dimostrando che nulla è cambiato davvero; allo stesso tempo sa che una costituente cambierebbe per sempre il suo ruolo di garante della lotta di liberazione che ne ha fatto una delle architravi dell’Algeria indipendente. 

Il problema è che non esiste più alcun ammortizzatore tra militari e cittadini: i partiti sono spariti, il fronte di liberazione nazionale non ha più autorevolezza e anche la sinistra ha perso terreno. Louisa Hanoune, la leader dei trozkisti, minoritaria ma considerata da sempre una voce libera, è accusata di aver tramato con gli uomini di Bouteflika ormai agli arresti. I partiti laici (RCD e FFS) sono sulla via del tramonto dopo innumerevoli giravolte. Gli islamisti (moderati e non) tacciono nell’ombra. Quindi soldati e civili si fronteggiano fermi sulle loro posizioni e non sanno cosa fare. 

Riunione preparatoria delle conferenza nazionale della società civile

I manifestanti sanno di avere il tempo dalla loro: ogni decisione affrettata andrebbe a loro discapito. Giocano quindi di rimessa reagendo negativamente ad ogni proposta di dialogo e ad ogni mediazione. Intanto non emerge nessun leader nuovo, ma ormai qualcuno pensa che sia una tattica per non “bruciare” nessun potenziale candidato del popolo. La classe intellettuale algerina è in realtà ricca di possibili alternative extra serraglio del vacillante regime. “Né dialogo, né elezioni: solo una costituente” brandiscono i manifestanti che ogni venerdì (siamo al diciassettesimo) inondano le strade.

I fatti di Khartoum hanno avuto l’effetto opposto da quello sperato dai militari: invece di impaurire hanno incoraggiato la pacifica opposizione algerina che sfida ormai i militari sul loro terreno: rientrare nelle caserme e lasciare il campo politico ai civili. Una vecchia questione in Algeria, che ormai deve essere definitivamente dipanata. 

Algeria. Nella terra di nessuno ultima modifica: 2019-06-08T15:36:50+02:00 da MARIO GIRO
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