Il colore che racconta le navi veneziane

Un viaggio nel tempo della navigazione veneziana, attraverso i colori e l’iconografia delle navi e delle barche. Il bel libro illustrato di Gianfranco Munerotto, “I colori della marineria veneziana”.
CRISTINA GIUSSANI
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L’Italia è il paese d’Europa dove si legge meno, solo quattro italiani su dieci leggono almeno un libro all’anno. Eppure è uno dei paesi con la massima produzione letteraria in termini di titoli pubblicati ogni anno. L’Italia è anche il paese dei grandi gruppi editoriali, i due principali detengono il settanta per cento del mercato, fra case editrici, distribuzione e catene di librerie. Eppure è un paese molto vitale dal punto di vista delle case editrici medio piccole, indipendenti e sparse in tutto il territorio.
Fra queste merita attenzione Cierre edizioni di Verona, che da trent’anni pubblica volumi di qualità riferiti al territorio veneto e alla storia di Venezia e della sua laguna. Fra le collane spicca “Mariégole”, che propone una serie di titoli su aspetti specifici, tutti riguardanti le barche e le navi veneziane, tutti molti curati anche in termini iconografici.

In questa collana è appena stato pubblicato I colori della marineria veneziana. Dalla Repubblica alle soglie del XX secolo. Ne è autore Gianfranco Munerotto, artista, illustratore, restauratore di dipinti e studioso della marineria veneziana, che mette in atto tutte le sue competenze facendoci compiere un viaggio nel tempo della navigazione veneziana, attraverso i colori e l’iconografia delle navi e delle barche.

Da sempre l’uomo ha sentito l’esigenza di colorare le imbarcazioni su cui navigava, per farsi riconoscere, per ragioni scaramantiche o identitarie e di rappresentanza. Questo è avvenuto sempre e in tutto il mondo, sia per quanto riguarda gli scafi che le vele. I veneziani non furono da meno e ancora oggi i proprietari di barche tradizionali hanno mantenuto l’abitudine di colorare scafi e vele di topi e sanpierote con cui veleggiano o regatano in laguna.

Parlare di colori e di aspetto estetico può essere declinato in molti modi, ma prima di tutto ci dobbiamo affidare ai pittori del passato le cui opere vanno suddivise in dipinti di veduta, celebrativi e commemorativi. I primi, che potremmo quasi definire le fotografie dell’epoca, riportano scrupolosamente tutti i dettagli, sono popolati di tanti personaggi in azione nel porto e intorno alle navi e sono ricchi di dettagli acuto. Fra i grandi maestri il Canaletto, che riportò un vero campionario di navi e imbarcazioni.

Vi sono poi dipinti celebrativi, meno attendibili proprio per la loro enfasi, ma al tempo stesso utili allo studio, che decorano i palazzi veneziani, Palazzo Ducale per primo dove troneggiano le grandi battaglie e le conquiste venenziane. 

E infine i dipinti commemorativi, spesso di qualità più scadente, nella maggior parte dei casi opera di pittori minori, ma spesso professionisti del settore, che ritraevano la nave su cui navigavano o un evento che la vedeva protagonista, rendendoli dunque molto interessanti dal punto di vista della ricerca storica.

Va detto che fino all’età moderna uno dei colori dominanti fu il nero, conseguenza del prodotto principale utilizzato per impermeabilizzare il legno, la pece. Mentre per le sovrastrutture si utilizzava impregnare il legno con olio di lino, lasciando dunque la colorazione del legno stesso. In questo senso si riscontra che le navi tonde erano simili a Venezia, come in altre zone. Si deve arrivare alle “navi lunghe” ovvero le galee a vela latina per avere davanti agli occhi colori vistosi con preponderanza di rosso. 

Anche il naviglio minore, composto da imbarcazioni di vario genere e misura, rimase per molti secoli nel solco delle navi commerciali e da carico: il colore era il nero della pece e al massimo compariva una linea colorata. Solo le barche da pesca si distinsero come eccezioni: colorazioni vivaci, velature colorate, figure religiose con immagini spesso scaramantiche nei confronti dei pericoli del mare che venivano affrontati.

E non potevano mancare le bandiere, il vessillo della Repubblica di Venezia, tuttora molto conosciuto per la presenza del leone alato, ancora oggi simbolo di forte coesione per i veneziani. Munerotto ci offre una trattazione davvero esaustiva dei vari vessilli, gagliardi, pennelli e altre varianti.

Il volume si chiude con le vele e le loro colorazioni, che sono andate ben al di là della semplice colorazione monocromatica, ma si è sviluppata una vera e propria araldica. Nell’Ottocento la pratica di colorare le vele, soprattutto in ambito di marineria peschereccia, divenne connotazione tipica e immagine folcloristica fino ai giorni nostri, andando al di là dello dopo primario di facile riconoscimento dalla costa.

La storia della marineria veneziana vista da un punto di vista nuovo, molto affascinante. In un libro che si legge, ma al tempo stesso di osserva, per la grande ricchezza iconografica e ci si perde nei dettagli di artisti come il già citato Canaletto, o come Carpaccio o gli ottocenteschi Ciardi o Sargent. Senza contare le illustrazioni di Gianfranco Munerotto stesso [alcune delle quali sono qui riproposte].

E per non dimenticare mai che la storia di Venezia è una storia di acqua, di laguna, di mare e soprattutto di navigazione. Una storia che non finirà mai, perché, Venezia è quella che conosciamo oggi perchè è sempre stata circondata dall’acqua e i veneziani per secoli hanno avuto cura di preservare la laguna e le sue acque, che l’hanno protetta e le hanno permesso di diventare quella potenza marittima che ancora oggi ammiriamo.

DIDASCALIE DELLE ILLUSTRAZIONI

Illustrazione 1 Ricostruzione di Galera da Provveditor tratta da un disegno settecentesco. Si tratta di una grossa bastarda generalizia a tre alberi, che porta anche il fanò e le vele a bande rosso-bianche con i “San Marchi”.
Illustrazione 2 Ricostruzione di una normale galera sotìl (anche detta zàcala) del XVIII secolo, sulla base di alcuni disegni e schizzi di Luca Carlevarijs.
Illustrazione 3 Ricostruzione di come doveva presentarsi una galea generalizia all’epoca della battaglia di Lepanto (quindi a cavallo tra il XVI e il XVII secolo) in base a varia iconografia.
Illustrazione 4 Ricostruzione della galia de sesto de Fiandra proposta nel manoscritto di Michele da Rodi del 1436
Illustrazione 5 Ricostruzione di galeazza Capitana del XVIII secolo.
Illustrazione 6 Ricostruzione ipotetica di uno dei galióni grandi veneziani, attorno alla metà del XVII secolo, sulla base della scarna iconografia disponibile.
Illustrazione 7 Ricostruzione della nave di I rango Vittoria, costruita nel 1784 e ritratta dal Maffioletti negli ultimi giorni di vita della Repubblica.
Illustrazione 8 Bastimento paradigmatico per il cabotaggio di tutto l’Adriatico nel periodo ottocentesco, il trabàcolo è inconfondibile coi suoi arcaici oci prodieri (tipici anche nelle varie versioni minori, come i barchèt romagnoli).

Nell’immagine di apertura Antonio Nadale (?), Nave San Michele (particolare); Padova, Biblioteca universitaria


Il colore che racconta le navi veneziane ultima modifica: 2019-06-10T16:21:11+02:00 da CRISTINA GIUSSANI
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