Una strategia per Venezia esiste già e si sta dispiegando pienamente davanti ai nostri occhi da qualche anno. Questa strategia, che gode di forti condivisioni e che ha molte probabilità di essere confermata alle prossime elezioni amministrative, consiste molto semplicemente nella completa mercificazione della città. La città è tutta in vendita e tutta ridotta a merce.
Il fenomeno più vistoso è quello della trasformazione in albergo di ogni area di Mestre e di ogni edificio di una qualche consistenza di Venezia. Negli ultimi tre-quattro anni sono state realizzate o sono state licenziate nel Comune di Venezia più stanze di albergo che nei precedenti cinquant’anni. Ormai non si contano: a partire dal compound di alberghi per turisti pendolari low cost alla stazione di Mestre, per arrivare all’albergo da cinquecento (!!) stanze all’isola del Tronchetto, nata come area di interscambio e di localizzazione delle attività di servizio al centro storico e che mi è sfuggito come e quando possa avere avuto un così clamoroso cambio di destinazione d’uso.
Ogni atto che viene realizzato in città è caratterizzato dalla quantità di denaro che si pensa possa produrre: dai miserabili tre euro di accesso (che segnano il valore che s’intende dare alla merce Venezia), alla volontà di tassare attraverso canoni di affitto gli spazi comunali nei quali le espressioni democratiche della città esercitavano le proprie attività.
Che tutto ciò contrasti con le dichiarazioni politiche sulla volontà di contenere il turismo o di rendere più vivibile la città o con le ridicole affermazioni che sarebbero stati bloccati i cambi d’uso in alberghi, è del tutto irrilevante. Con la sistematica trasformazione delle abitazioni in strutture turistiche, che sta infettando anche la città di terraferma, e degli spazi artigianali e commerciali in luoghi di somministrazione di cibi e bevande o di vendita di paccottiglie, senza che siano messe in atto politiche di contenimento come quelle ormai diffuse in ogni città europea con analoghi problemi, la stessa possibilità di vivere a lavorare nel Comune di Venezia è venuta meno.
Ad ogni metro quadro della città è ormai stato dato un valore inavvicinabile per chi vi risiede; ogni canale, ogni calle, ogni pezzo dell’inestimabile patrimonio culturale e naturale veneziano, è soggetto ad uno sfruttamento mercantile che soffoca e involgarisce la vita cittadina.
È possibile mettere in campo un’altra strategia per il futuro di Venezia che abbia qualche probabilità di affermarsi e di sottrarre la città al destino a cui sembra oggi votata?
Evidentemente è possibile: purché si creino le condizioni culturali, vale a dire purché vengano fatte analisi e proposte approfondite sulle potenzialità di Venezia e sugli obiettivi che s’intendono raggiungere, e purché emergano le forze politiche e sociali che trasformino tali analisi in azione politica.

Innanzi tutto, quale può essere l’obiettivo generale condiviso da tutta la comunità cittadina? L’obiettivo è che Venezia possa tornare ad essere una città dove sia possibile vivere e lavorare secondo standard che il rango della città impone e dunque dove sia possibile trovare una casa a prezzi sostenibili, dove sia possibile trovare lavori di buona o alta qualità, dove sia possibile studiare, muoversi, curarsi, in un contesto di elevata qualità ambientale.
Ciò può essere realizzato non attraverso qualche più o meno meritevole iniziativa o progetto, ma solo attraverso un insieme sistematico e coordinato di azioni che rispondano ad una visione strategica complessiva sostenuta dalla capacità e intelligenza delle migliori forze politiche, sociali, culturali, economiche, istituzionali che operano in città. Quand’ancora Venezia era una comunità coesa e pensante governata in modo consapevole, si parlava di piani strategici; e mi si consenta di dire che da quando il Piano Strategico elaborato con il concorso e la successiva adesione di oltre settanta soggetti diversi è stato disatteso e poi abbandonato, nessuno sforzo in questa direzione è più stato fatto. E siamo arrivati all’oggi.
Va tuttavia preso atto che quel prodotto sarebbe oggi inservibile in quanto la realtà segnata dalla crisi strutturale non ancora superata, dell’ultimo decennio, ha profondamente modificato il quadro di riferimento entro cui collocare le strategie di una città che ha come unico destino storicamente determinato quello di dovere competere a livello internazionale con le gradi realtà urbane.
Dalla crisi e trasformazione di tutti gli assetti produttivi e perfino istituzionali che si sono generati, sono emerse a livello internazionale delle linee di tendenza inequivocabili, relative alle prospettive di sviluppo economico delle società contemporanee. I settori produttivi tradizionali, che hanno visto Venezia eccellere non solo con Porto Marghera, sono stati e sono quelli più soggetti ai contraccolpi della crisi, mentre altri settori si sono imposti prepotentemente o hanno rafforzato il proprio ruolo come motori dell’economica mondiale.
Cito i titoli: tutte le attività legate alla conservazione dell’ambiente o meglio, alla conservazione del pianeta; tutte le attività legate alla conservazione e promozione del patrimonio culturale; tutte le attività legate al turismo; e naturalmente tutto ciò che attiene alla produzione immateriale e alle nuove frontiere informatiche.
Su ciascuno di questi settori Venezia possiede delle realtà, delle potenzialità o delle capacità che potrebbero collocarla ai primi posti in un’ideale classifica mondiale.
Fare diventare Venezia la capitale del Green New Deal praticando una politica volta alla completa sostenibilità della città ad una data fissata (2030?) comporta azioni sul piano culturale e educativo, sul piano produttivo (Marghera come grande polo delle industrie volte alla sostenibilità), sul piano della ricerca, sul piano delle trasformazioni urbane (politiche premianti per la sostenibilità energetica degli edifici), sul piano del traffico (pedonalizzazioni spinte, mobilità elettrica o all’idrogeno, riconversione dei tetti industriali in tetti fotovoltaici, e così via). Una politica di questo genere, produrrebbe rapidamente lavori a vasto spettro e di alta qualità destinati a competere con i lavori a bassa qualifica della monocoltura turistica e innalzerebbe complessivamente tutta l’economia veneziana.
La storia della città, l’accumulo delle sue competenze, il suo ruolo simbolico nell’immaginario mondiale, dovrebbero rendere politiche di questo genere, facilmente praticabili, l’asse portante di un programma per i prossimi anni.

Fare della cultura la cifra che caratterizza la società e l’economia veneziana presuppone che non ci si limiti a gestire l’esistente, ma che si cambi in modo radicale l’atteggiamento verso gli assetti culturali di tutta la città volgendoli all’elevazione complessiva delle performance di ogni settore scientifico e culturale e direi quasi di ogni cittadino veneziano a partire dai più giovani. Sapendo che cultura è patrimonio artistico, ma anche paesaggio, che è conservazione, ma anche produzione, che è ricchezza spirituale, ma anche ricchezza materiale per tutti e per ciascuno.
Tutto ciò che riguarda la cultura può e deve essere il primo fattore produttivo della città.
Il turismo è una straordinaria risorsa per l’economia veneziana. È tuttavia davanti agli occhi di tutti quanto la monocoltura turistica dal punto di vista economico e sociale e la pressione turistica dal punto di vista della qualità della vita stiano distruggendo Venezia in quanto città.
Limitare i flussi turistici attraverso un contingentamento non degli arrivi, cosa praticamente impossibile, ma dei luoghi visitabili nell’arco di una giornata, a partire dal complesso marciano; organizzare i flussi e estrarne valore a vantaggio di tutti i cittadini veneziani, attraverso una carta dei servizi; qualificare e organizzare le visite attraverso la realizzazioni di hub volti a informare e orientare la massa dei visitatori; qualificare l’offerta attraverso la creazione presso le istituzioni culturali veneziane di operatori capaci di offrire proposte culturali alte e selezionate ai visitatori più attenti. Non una, ma tutte queste cose messe assieme possono trasformare davvero il turismo in risorsa.
Venezia non è stata capitale di un impero territoriale, ma è stata il centro di un rete mondiale fatta di traffici, politica, cultura: il nodo di una rete. Da questo punto di vista anche oggi è una città in cui l’economia immateriale dovrebbe trovare un incubatore particolarmente favorevole. Tuttavia sappiamo che, per molteplici ragioni che non serve richiamare, sono altri i luoghi di eccellenza e di sviluppo di tale economia. I ragionamenti fatti in precedenza comportano peraltro che Venezia si attrezzi per aumentare le proprie capacità digitali.
L’Agenda digitale italiana, che finanzia la città metropolitana con circa otto milioni di euro ha come obiettivi di rendere disponibili servizi pienamente interattivi in sette aree tematiche (assistenza e sostegno sociale; edilizia; cultura e tempo libero; lavoro e formazione; tributi locali; ambiente e territorio; lavori pubblici) al fine di integrare i processi informativi tra enti dell’area metropolitana con lo sviluppo e l’attivazione di nuove piattaforme, l’integrazione degli asset tecnologici esistenti, sugli standard fissati a livello nazionali.
È un buon inizio per mettere in questo campo Venezia a livello delle grandi aree metropolitane europee, creando le condizioni perché le strategie indicate possano svilupparsi.
Infine, perché una città sia vivibile, oltre alla possibilità di lavorare, muoversi, curarsi, studiare, potere svolgere una ricca vita di relazione, occorre principalmente che in quella città si possa abitare. Oggi a Venezia questo non è più possibile a causa della trasformazione progressiva di tutte le residenze in strutture turistiche (AirBnB, affittacamere, finti alberghi, finti bed and breakfast), che hanno innalzato gli affitti a livelli insostenibili. È indispensabile che chi intende stabilirsi in città per lunghi periodi o in una prospettiva di vita, abbia la possibilità di trovare abitazioni a costi sostenibili.

L’unica strada per raggiungere questo risultato è fare come in molte altre città del mondo: vincolare la possibilità di affittare a una licenza comunale. Sarà il comune a decidere quanti appartamenti possono avere la licenza turistica sul monte totale degli appartamenti esistenti. Per non incidere sull’economia cittadina, sarebbe sufficiente che le licenze non fossero date a chi non risiede a Venezia e si libererebbero centinaia di appartamenti per un uso residenziale, abbattendo nel contempo il valore degli affitti.
A questo va aggiunta una quota significativa di appartamenti in social housing che, come è stato dimostrato, potrebbero essere realizzati a costo zero dall’amministrazione comunale.
Dunque le strategie per la città consistono nello sviluppare azioni e progetti coordinati nei tre settori trainanti dell’economia mondiale sui quali Venezia vanta capacità e risorse, il Green New Deal, il patrimonio e la cultura, il turismo; nel creare un contesto favorevole dal punto di vista delle infrastrutture immateriali; nel riaprire la possibilità a chi vuole vivere e lavorare a Venezia di trovare una abitazione a prezzi accessibili. Tutte le altre azioni , anche di grande importanza (trasporti, salute, servizi urbani), necessarie per la vita della città non hanno bisogno di visioni e strategie, ma solo di una buona politica.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!