Durante la 41° Conferenza Generale della Fao, che si terrà a Roma dal 22 al 29 giugno 2019, sarà nominato il nuovo direttore generale della Fao, che sarà in carica per quattro anni, dal 1° agosto 2019 al 31 luglio 2023. La Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations), è l’istituzione delle Nazioni Unite, con sede a Roma, preposta ad occuparsi di agricoltura, alimentazione e sicurezza alimentare, con particolare riguardo alla soluzione dei problemi della fame nel mondo. La Fao svolge un ruolo di primaria importanza nel sostegno alle politiche agroalimentari dei paesi in via di sviluppo. Ma non solo. La Fao è una istituzione di riferimento su questioni di sicurezza alimentare e politiche agricole per tutti i Paesi, il suo parere può essere richiesto nell’ambito di politiche sanitarie o commerciali.
Una nomina prestigiosa per la rilevanza che ha l’istituzione. Tuttavia, le differenti posizioni in merito alle strategie di gestione dell’istituzione dei due candidati di punta, il cinese Qu Dongyu, e la francese (o meglio europea) Catherine Geslain-Lanéelle, fanno si che questa nomina rivesta un’importanza speciale, perché potrebbe determinare una svolta decisiva per il sistema agroalimentare mondiale.
Se fosse il candidato europeo, la francese Catherine Geslain-Lanéelle, a ricoprire la carica, la Fao adotterebbe una politica agricola mirante a promuovere le biotecnologie e la coltivazione di colture geneticamente modificate (gm). Di conseguenza, aumenterebbe ulteriormente anche il ruolo del complesso industriale agrochimico-biotecnologico nel controllo del sistema agroalimentare globale.
Che l’Europa candidi a ricoprire tale importate ruolo una persona ben nota per le sue posizioni apertamente favorevoli alle biotecnologie (e che in passato ha anche lavorato per una associazione delle industrie del comportato agrochimico e agroalimentare), sorprende, dal momento che la maggior parte degli europei sembra dimostrare poco entusiasmo verso tali tecnologie in ambito agroalimentare (il settore biomedico è altra questione).
Diciannove sui ventotto paesi dell’Unione hanno addirittura totalmente o parzialmente bandito la coltivazione delle culture gm (in Italia non si possono coltivare varietà gm). L’unica coltura gm attualmente presente in Europa è una varietà di mais Bt, coltivata solo in Spagna (circa il venti per centro del mais spagnolo) e in pochi ettari in Portogallo.

Il doppio gioco della politica europea
Considerando le scelte della politica europea in merito alla nomina alla direzione della Fao, e ad altre nomine chiave, come la direzione dell’Esfa (European Food Safety Authority, l’autorità per la sicurezza alimentare, con sede a Parma), e le recenti dichiarazioni di alcuni commissari europei in merito alla regolamentazione degli ogm e sui problemi legati all’agrochimica, sembra di scorgere un nemmeno tanto velato intento di portare Europa entro il modello agroalimentare e normativo statunitense.
Probabilmente questo in funzione dell’armonizzazione dei regolamenti tra Europa e Usa (adottando i più permissivi limiti statunitensi) per un futuro accordo di libero scambio dei prodotti agroalimentari. Accordo al centro famoso Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, Ttip).
Un accordo come il Ttip, implicherebbe il riconoscimento delle rispettive normative sui prodotti agroalimentari, e in questo ambito pare deciso che sia l’Europa ad adeguarsi alle molto meno stringenti normative statunitensi, dal momento che sarà l’Europa ad importare il surplus agricolo statunitense (con possibili pesanti ripercussioni sul comparto agroalimentare europeo), e l’Europa è il partner politicamente più debole. L’accordo, fallito nel 2016, è stato recentemente ripreso in mano dalle delegazioni, dopo il via libera del Consiglio europeo.
Un trattato che molte organizzazioni indipendenti considerano pericoloso, perché porrebbe i governi alla mercé delle multinazionali, con queste ultime che potrebbero intentare cause ai paesi se questi legiferassero contro le aspettative di profitto delle stesse imprese. Per esempio, un governo che legiferasse per la restrizione sull’uso di un prodotto chimico, per questioni di salute pubblica, potrebbe essere citato in giudizio da una industria che si ritenesse danneggiata nei suoi profitti, e il paese sarebbe costretto a pagare i danni all’industria.
Nel perseguire tale strategia, ravvisiamo nelle istituzioni europee una sorta di doppio gioco. Da una parte proclami rivolti alle masse per una politica partecipata, per un’Europa dei cittadini, del bene comune, per una agricoltura e un ambiente più salutari. Dall’altra una serie di decisioni politiche dal significato inequivocabile, che vanno in direzione diversa da quelle che sono le aspettative dei cittadini europei.
Forse l’esempio più eclatante di tale doppiogiochismo, che si fa beffa dei cittadini, ce lo fornisce il presidente francese Macron (colui che ha indicato Catherine Geslain-Lanéelle, come candidato europeo alla guida della Fao). Nel novembre 2017, sotto elezioni presidenziali, Macron dichiarava ai francesi la necessità di mettere al bando il glifosato come azione urgente per proteggere la salute dei cittadini, e di voler optare per una agricoltura alternativa alla chimica. A gennaio 2019, con la Francia nel comitato che valuterà la prologa del glifosato fino al 2022 (del quale fa parte anche l’Italia), Macron dà il contrordine, il glifosato è assolutamente necessario all’agricoltura francese.
Direzione Fao: candidati e programmi
Tre sono i candidati alla direzione generale della Fao (giorni fa l’India ha ritirato la candidatura di Ramesh Chand, economista e politico indiano):
- Catherine Geslain-Lanéelle, dirigente del settore politiche agricole ed alimentari del ministero dell’agricoltura francese, sotto il ministro Stephane Travert. Geslain-Lanéelle, ingegnere agronomo, dal 2006 fino al luglio 2013 ha ricoperto la carica di amministratore delegato dell’Efsa. Geslain-Lanéelle rappresenta il candidato unico espresso dall’Unione Europea. Un candidato indicato dalla Francia (che in Europa è il paese più rilevante nel comparto agroalimentare), o meglio da Emmanuel Macron, il presidente della Repubblica francese;
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- Qu Dongyu, il viceministro dell’agricoltura della Repubblica popolare cinese, laureato in agraria, dottorato in agraria conseguito in Olanda, trentennale esperienza in innovazione tecnologica, pianificazione di politiche per lo sviluppo rurale, e di cooperazione agricola internazionale (è stato responsabile per la cooperazione agro alimentare tra la Cina e i Paesi asiatici, africani e latinoamericani);

- Davit Kirvalidze, è un agronomo, ex accademico poi passato alla politica. Oggi consigliere del primo ministro della Georgia per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, è stato ministro dell’agricoltura per due mandati. Dal 2006 al 2012 ha collaborato con l’ong statunitense Cultivating New Frontiers in Agriculture (Cnfa), che opera con finanziamenti del governo statunitense (come l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale) e altre istituzioni internazionali.

La partita sembra giocarsi tra la candidata franco-europea, e il candidato cinese, anche se non è escluso che il candidato georgiano non possa emergere, nel caso di un impasse politico.
Il candidato cinese, Qu Dongyu, nel presentare il suo programma, ha sottolineato l’importanza di coinvolgere la società civile nelle decisioni che riguardano l’uso delle nuove tecnologie nel settore agroalimentare, in particolare con riferimento agli ogm e all’agrochimica. Qu Dongyu ha assicurato che sotto la sua guida questioni come la biosicurezza e l’impatto ambientale dell’agrochimica saranno considerate di primaria importanza.
La candidata franco-europea, Catherine Geslain-Lanéelle, è invece apertamente a favore degli ogm, punto di riferimento del suo programma per l’agricoltura e l’alimentazione del futuro (e quindi per un ruolo ancora più determinante delle multinazionali dell’agrochimica nel governare il sistema agroalimentare planetario). Catherine Geslain-Lanéelle, di fronte a una rappresentanza statunitense, ha dichiarato di non condividere le posizioni dell’Europa in merito agli ogm, e che la sua politica in ambito Fao sarebbe diretta all’apertura alle colture gm e alle nuove tecniche di editing genetico.
La posizione di Catherine Geslain-Lanéelle in merito agli ogm non è nuova. Geslain-Lanéelle è sempre stata apertamente favorevole all’uso delle biotecnologie in ambito agroalimentare, e critica sulle restrizioni imposte dall’Europa al loro impiego. La sua designazione da parte dell’Unione Europea è quindi indicativa di quali siano le strategie in materia agroalimentare che la politica europea vuole implementare nel prossimo futuro.
La candidatura di Geslain-Lanéelle ha destato forti preoccupazioni da parte delle associazioni ambientaliste e di piccoli agricoltori. In un suo comunicato, La Via Campesina si chiede se una Fao gestita da Geslain-Lanéelle, e focalizzata sulle colture ogm come modello agricolo, possa veramente lavorare per debellare la fame nel mondo, o se piuttosto non si trasformi in un’istituzione che incentiva la produzione di materie prime da vendere nel mercato globale. Una liberalizzazione degli ogm, inoltre, potrebbe accentuare ulteriormente il controllo del settore agroalimentare. Un settore già oggi controllato da poche multinazionali, con tre gruppi del comparto agrochimico che controllano il 60-70 per cento delle sementi e dell’agrochimica (secondo i dettami dell’economia già tecnicamente un regime di monopolio), e una decina di gruppi col controllo del 70 percento del comparto alimentare del pianeta.
L’Italia non si è ancora espressa sul candidato che intende appoggiare. Forse, in questi giorni, Salvini, in visita negli Stati Uniti, avrà modo di trattare sul voto dell’Italia. Ovviamente, gli italiani saranno gli ultimi a sapere a chi avranno dato il loro appoggio, magari rischiando di vedere il loro paese appoggiare la liberalizzazione delle colture gm, anche se contrari. Per la cronaca la Lega è sempre stata critica verso gli ogm (molte le prese di posizione in questo senso da parte dell’ex ministro dell’agricoltura leghista Luca Zaia, come anche di altri esponenti politici del partito). Lo stesso dicasi per il M5S, fermamente contrario per statuto.
Per coerenza, ci si dovrebbe aspettare che il governo italiano opti per il candidato cinese, che oltre alla grande esperienza, stando alle dichiarazioni, sarà molto attento alle questioni sociali e all’implementazione di politiche partecipative, e alla adozione del principio di precauzione. In Cina è bandita la coltivazione delle colture gm, tranne il cotone e poche altre, e le colture gm importate, quali soia e mais, sono usate solo per l’alimentazione animale.
Il rischio di una corsa verso soluzioni semplicistiche e irrealistiche
La Fao stima che a livello mondiale, circa 820 milioni di persone siano cronicamente sotto nutrite, in termini di calorie disponibili per capita (il 40 percento di queste in India e Cina, il restante per la maggior parte in Africa). Si stima che almeno due miliardi di persone soffra di carenza di alcuni elementi nutritivi nella dieta, come vitamine (si stima che ogni anno 250.000-500.000 bambini subiscano danni alla vista per mancanza di un sufficiente apporto di vitamina A e minerali (la Fao stima che, a livello globale, una donna su tre sia affetta da anemia per mancanza di un sufficiente apporto di ferro). Tali condizioni, oltre che debilitanti e dolorose per chi le vive, rappresentano un enorme danno economico per i paesi, ne limitano lo sviluppo, e contribuiscono a fomentare i conflitti interni.
Cercare di risolvere questi problemi è un impegno che hanno preso la Fao e molte altre organizzazioni internazionali, un obiettivo che deve stare a cuore a tutti noi. Pensare che tali complessi problemi si possano ridurre alla genetica, o ancor più a un singolo gene, significa semplificare eccessivamente la complessità del mondo reale. Secondo la ong Save the Children, il 75 percento dei bambini affetti da malnutrizione cronica (122 milioni) vive in aree colpite da guerre e conflitti, causa della condizione di malnutrizione.
Non credo che una personalità navigata come Catherine Geslain-Lanéelle non conosca la complessità del mondo reale (anzi, sicuramente molto più del sottoscritto). Tuttavia, un messaggio che ripone le speranze nello sviluppo di colture gm, lanciato dall’apice di una istituzione come la Fao, può avere importanti effetti sulle politiche agroalimentari globali e comportare dei rischi.
Come ho avuto modo di dire in altri interventi, come tutte le tecnologie, anche le biotecnologie possono offrire delle opportunità per risolvere alcuni problemi. Tuttavia, queste manipolazioni genetiche vanno innanzitutto analizzate caso per caso, e soprattutto nel complesso ambito dei possibili impatti ambientali e socio-economici, sia nel breve che nel lungo termine. Alcuni esempi di casi concreti per capire la possibile portata dei problemi in cui rischiamo di cadere.

Il cotone Gm del Burkina Faso.
Il Burkina Faso è un paese africano dell’Africa occidentale di 17 milioni di persone, dove la coltivazione del cotone, rinomato per la sua qualità (fibre lunghe rispetto alla media), rappresenta una delle più importanti attività economiche del paese (il Burkina Faso è uno dei maggiori produttori africani di cotone). Nel 2003 la Monsanto propose al governo di migliorare le rese del cotone locale grazie alle biotecnologie, ovvero la coltivazione di cotone gm, ingegnerizzato per produrre la tossina Bt per prevenire l’attacco di insetti parassiti.
Nel 2008 nel paese si passò quindi a coltivare il nuovo cotone gm della Monsanto. Nonostante i maggiori costi dei semi gm, gli agricoltori all’inizio videro aumentare i profitti con la riduzione dell’impiego dei pesticidi. Tuttavia l’affare durò poco. Gli acquirenti si accorsero presto che la qualità del cotone non era più la stessa, e il valore del cotone precipitò, lasciando i produttori sul lastrico.
La manipolazione genetica aveva indotto nelle piante una modificazione inattesa che aveva compromesso la qualità della fibra. Alcune relazioni scientifiche riportarono un aumento delle rese in campo, tuttavia la quantità di cotone che realmente si poteva estrarre dalla bambagia (il fiore grezzo) per la vendita era, in realtà, diminuita. Il danno economico fu tale che il Burkina Faso fece causa alla Monsanto chiedendo il compenso dei danni.
Nel 2016 il paese tornò a coltivare il cotone tradizionale, con un amento del 20 percento del cotone vendibile rispetto al precedente cotone gm.
Il riso dorato
Si stima che più di cento milioni di persone, per la maggior parte bambini e donne, siano affetti da carenza di vitamina A. Questa carenza genera una gran numero problemi dalla riduzione delle difese immunitarie a problemi di apprendimento. La vitamina A è fondamentale per lo sviluppo della visione. Il protrarsi della carenza porta alla cecità e può portare alla morte (la vitamina A si accumula dei tessuti adiposi ed è tossica se assunta in alta quantità). La vitamina A si trova nei prodotti animali e può essere prodotta dal metabolismo umano partendo dal beta-carotene (e con minor efficienza da altri carotenoidi provitaminici). Questo si trova nei vegetali colorati e nelle verdure a foglia larga.
Nel riso il beta-carotene si trova nelle glumelle che rivestono i chicchi, ma il riso bianco ne è completamente privo. In alcune regioni povere, dove l’alimentazione è caratterizzata da una forte dipendenza dal riso, vi sono gravi problemi nutrizionali, oltre a carenze di vitamina A, anche di altre vitamine, ferro e altri minerali. Nel 2000, e quindi in una nuova versione nel 2005, fu prodotta una varietà di riso Gm che produce beta-carotene nel chicco di riso.
Già a partire dal 2000, con una varietà di riso dorato che produceva una quantità di beta-carotene quasi insignificante (e senza aver effettuato alcun test di alcun tipo, sia in ambito tossicologico-nutrizionale, o agro-ecologico in campo), i promotori degli ogm iniziarono una battaglia mediatica perché tale riso gm venisse distribuito agli agricoltori poveri di tutto il mondo per la coltivazione.
Coloro che esprimevano delle perplessità circa l’efficacia di questa iniziativa sono stati sistematicamente attaccati dal mondo biotech, e accusati perfino di crimini contro l’umanità, colpevoli di voler negare a centinaio di milioni di persone malnutrite la soluzione ai loro problemi.
Nel 2014 i risultati di test di campo (finalmente svolti dopo quindici anni dall’apparizione della prima varietà di riso dorato in laboratorio) indicarono che il riso dorato era affetto da un problema piuttosto importante… la sua produttività era inferiore a quella delle varietà coltivate, e questo lo rendeva inadatto alla distruzione da parte degli agricoltori.
Se il riso dorato fosse stato commercializzato nel 2005, come richiesto a gran voce dal mondo biotech, la produzione di riso avrebbe subito una drastica riduzione, rischiando di causare una carestia di livello planetario, che avrebbe messo in pericolo la vita di centinaia di milioni di persone, e probabilmente causato enormi problemi di instabilità sociale. Non mi dilungo oltre sulla questione (qui un mio lavoro sul tema).
L’Argentina e il sogno gm
Il mondo biotech sostiene che le colture gm sono la necessaria risposta ai problemi della fame e della povertà. Se questo fosse vero gli argentini dovrebbero essere tra i popoli meglio nutriti e più ricchi e felici del mondo. In Argentina (43 milioni di persone) si coltivano 22,5 milioni di ettari di colture gm (circa il cinquanta per cento della terra arabile), tra soia, mais e cotone. Il paese produce una quantità di alimenti che potrebbe potenzialmente nutrire 400 milioni di persone. La soia gm e il mais gm rappresentano quasi il venti per cento del valore dell’export. Tuttavia, sorprendentemente, la visione miracolistica degli ogm narrataci del mondo biotech, non sembra essersi avverata, anzi.
Nonostante le colture gm e l’enorme produttività dell’agricoltura argentina, il 52 percento dei minori (sei milioni di bambini e ragazzi) vive in povertà (il quaranta per cento non possiede alcun libro in casa, e ancora un quaranta per cento non si può permettere il dentista). Il tredici per cento dei minori argentini vive in uno stato di sottonutrizione. Dal 2010, da quando si è istituito il Barometro del debito sociale dell’infanzia, che misura la povertà e i problemi sociali dei minori, la povertà infantile non è mai stata sotto al quaranta per cento.
L’Argentina, considerata uno dei granai del mondo, non è in grado di nutrire i suoi figli!
Ma non solo non li nutre. In Argentina si usano più di trecento milioni di litri di pesticidi all’anno (3,5 litri per capita), con un trend di aumento del dieci per cento all’anno. Il governo argentino ha sempre considerato il Roundup® innocuo per la salute umana, per cui non vi sono limiti al suo uso. L’enorme uso di erbicidi, dovuto alle colture gm, ha contaminato il suolo e l’acqua, e sta condannando alla malattia la popolazione rurale.
Nel 2010, col suo gruppo di lavoro, il tossicologo argentino, professor Andrés E. Carrasco, pubblicò un importante lavoro scientifico in cui dimostrava che il glifosato interferiva nel meccanismo di sviluppo dell’embrione dei vertebrati. Il lavoro concludeva che gli erbicidi a base di glifosato hanno effetti teratogeni (che inducono malformazioni nell’embrione) nei vertebrati, e che questo poteva spiegare i casi di malformazione riscontrati nei nuovi nati, nelle aree rurali dove si fa largo uso di tali erbicidi. Dopo la pubblicazione del lavoro, il professor Carrasco ricevette minacce personali, e il suo lavoro fu ridicolizzato dallo stesso ministro della ricerca scientifica argentino.
La monocoltura intensiva di colture resistenti agli erbicidi sta degradando e uccidendo i suoli, e si sta espandendo con la deforestazione di quanto rimane del patrimonio naturale del paese. Chi ha beneficiato degli ogm in Argentina? Pochi grandi latifondisti e i rivenditori di ogm e di agrochimica.
È questo il modello che i nostri leader europei vogliono anche per l’Europa?
Marcel Mazoyer e Laurence Roundart, tra i massimi esperti francesi di agricoltura e sviluppo rurale, nel loro libro A history of world agricolture, uno dei migliori testi sul tema scritti ad oggi, in merito agli ogm come panacea per i problemi dell’agricoltura e della fame, scrivono che questo emblema della nuova rivoluzione agricola si fonda su assunzioni errate (per esempio, che tutto dipenda dai geni, che non vi sia alcun rischio) e su presupposti irrealistici (per esempio, che tutte le problematiche agroecologiche siano gestibili attraverso la pura manipolazione genetica e che le varietà locali non siano in grado di supplire alle necessità degli agricoltori).
Mazoyer e Roundart scrivono che per liberare le centinaia di milioni di persone che ancora soffrono la fame, o vivono in povertà nonostante siano degli agricoltori, è necessario sostenere la ricerca pubblica, rivedere le regole del commercio internazionale e renderle più eque ed efficienti, fermare la guerra dei prezzi che si combatte sempre sulla pelle degli agricoltori, attuare delle riforme agrarie per rompere il monopolio della proprietà della terra.

L’Efsa, tra conflitti di interessi e un amministratore delegato favorevole alle colture gm che minimizza sulla questione pesticidi
Oltra alla candidatura da parte dell’Europa di Geslain-Lanéelle alla Fao, anche la nomina di Bernhard Url quale successore di Geslain-Lanéelle all’Efsa ci dice molte cose. Dal 2014, l’amministratore delegato dell’Efsa è il veterinario austriaco Bernhard Url, incarico riconfermato dal consiglio di amministrazione dell’Efsa nel dicembre 2018. Url sostiene la necessità di passare ad una agricoltura fondata sulle biotecnologie e minimizza sui possibili effetti dell’agrochimica sulla salute.
In un’intervista rilasciata lo scorso 8 giugno al quotidiano spagnolo El Mundo, Bernhard Url ha dichiarato che il timore sugli effetti dei pesticidi per la salute pubblica è infondato e che il glifosato non è un problema. Secondo Url, i timori dei cittadini verso le nuove tecnologie rischiano di farci tornare al Medioevo e alla superstizione (una narrativa che in Italia sentiamo da anni da parte della professoressa e senatrice a vita Elena Cattaneo).
Url ha spiegato che i genitori che protestano quando si rileva il glifosato nelle urine dei loro figli non hanno ragione di preoccuparsi, perché la scienza ci dice che il glifosato, a quelle concentrazioni, male non può fare. Per contro, proprio in questi giorni il governo austriaco ha dichiarato l’intenzione di mettere al bando il glifosato entro l’anno, perché vi sono sufficienti evidenze scientifiche della sua pericolosità per la salute umana, e la Bayer, dopo le sentenze miliardarie emesse negli Usa per i danni causati dal glifosato ad alcuni operatori (13.000 cause in corso), ha annunciato che investirà 5 miliardi di euro in ricerca per sviluppare erbicidi che possano rimpiazzare l’erbicida con prodotti meno dannosi per la salute pubblica, anche se conta di poter vendere il glifosato almeno fino al 2022 (entro il 2019 è attesa la decisione dell’Unione Europa in merito all’estensione del permesso d’uso in Europa).
Al giornalista che chiede “Lei ha una fattoria in Austria, usa il glifosato?”, Url risponde: “La fattoria la gestisce mio fratello, però non lo usa, perché è a gestione biologica”. Url prosegue affermando che il biologico non è diverso dal convenzionale, ma costa solo di più (immagino non abbia una grande stima del fratello agricolture bio, che si ostina a non usare il glifosato e a vivere nella superstizione). Nell’ultima parte dell’intervista, la poca chiarezza espositiva potrebbe far credere che il biologico sia meno sicuro del convenzionale in termini di sicurezza alimentare (presenza di tossine, contaminanti batteriche, etc.).
L’Efsa ha un ruolo chiave nel determinare le normative di sicurezza alimentare in Europa. Nel 2017, l’Efsa pubblicò una relazione sul glifosato, nella quale si negava la pericolosità del prodotto, contraddicendo quanto rilevato dal una precedente valutazione della International Agency for Research on Cancer (Iarc), pubblicata nel marzo 2015, e che aveva riclassificato il glifosato come probabile carcinogeno per l’uomo (inserito quindi nella classe 2A). La Iarc valuta la possibilità che una sostanza possa avere effetti cancerogeni, non il rischio di sviluppare il cancro in relazione a diversi livelli di esposizione.
La relazione, commissionata dall’Efsa all’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (German Federal Institute for risk assessment – BfR), nel periodo in cui la multinazionale tedesca Bayer stava trattando l’acquisizione della multinazionale statunitense Monsanto (che lega la vendita dei suoi ogm all’acquisto del suo erbicida Roundup®, a base di glifosato) è stata al centro di uno scandalo. Si è infatti scoperto che un centinaio di pagine sulla genotosiccità del glifosato risultavano copiate da una relazione della Monsanto.
Destò perplessità anche la scelta dei lavori scientifici considerati dalla relazione. Alcuni lavori critici verso il glifosato non furono citati, mentre altri di dubbia qualità (lavori pubblicati come studi indipendenti ma alla cui redazione si è scoperto aver partecipato personale della Monsanto) furono inclusi nella letteratura scientifica usata per il rapporto. Ma non solo. Dai risultati di un’indagine di una commissione del Parlamento europeo in merito alla qualità del lavoro presentato dall’Efsa, è emerso che il 63 percento dei lavori citati nella relazioni sono relazioni mai pubblicate su riviste scientifiche, svolti dalle industrie.
Il rapporto prodotto dallo Iarc si basa invece su quanto disponibile nella letteratura scientifica. Il rapporto includeva anche la valutazione del Roundup®, il prodotto che è applicato alle colture (di cui il glifosato è il principio attivo), che gli studi hanno dimostrato essere molto più tossico del glifosato. Per cui parlare solo di glifosato significa sottovalutare la pericolosità del Roundup®.
È sconcertante come alcuni importanti giornali italiani, come Il Sole 24 Ore -a gennaio 2019! – a scandalo oramai noto in tutto il mondo, con dettagli pubblicati nei maggiori media internazionali, pubblichino articoli che stravolgono la storia, senza fornire alcuna referenza al lettore. Nell’articolo, che si basa sulle “rivelazioni” di Kate Kelland pubblicate nel 2017, dall’agenzia di informazioni Reuters, si afferma addirittura che il glifosato farebbe aumentare la produttività delle colture. Per la cronaca, la produttività della soia non-gm prodotta in Italia e in altri paesi europei è sempre stata maggiore della soia gm prodotta negli Usa o in Sud America.
In merito alle “rivelazioni”, una serie di incongruenze in merito ai documenti ed esperti citati a sostegno dalla Kelland, fa ritenere che la storia possa essere stata creata dalla Monsanto. Un esperto che la Kelland cita per aver scoperto errori nelle analisi della Iarc, risulta essere un consulente della Monsanto. Alcuni fatti e dichiarazioni riportati dalla Kelland sono riportati in modo errato, alterando la percezione degli eventi. La bufala prodotta dalla Kelland fu smascherata già nel 2017. Un documento con i dettagli in merito è disponibile al sito usrtk.org, un sunto in italiano è disponibile su Il Salvagente.
È inoltre interessante sapere che l’Epa (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente statunitense), negli anni Ottanta, classificò il glifosato come probabile cancerogeno per l’uomo. Fu all’inizio degli anni Novanta che il glifosato fu riclassificato come innocuo, poco prima che la Monsanto iniziasse a commercializzare le sue varietà gm resistenti al glifosato. Per una dettagliata storia del glifosato consiglio il libro della giornalista Carey Gillam, Whitewash, che spero qualche editore italiano possa pubblicare.
L’Efsa sotto la direzione Geslain-Lanéelle
Sotto la direzione Geslain-Lanéelle (2006-2013), l’Efsa è stata più volte al centro di aspre critiche e accusata di includere tra i suoi dirigenti, in maniera sistematica, persone che avevano legami con l’International Life Sciences Institute. Ilsi è una struttura privata, ideata e finanziata dall’industria agrochimica (tra cui Monsanto, il maggior produttore del famoso erbicida glifosato) e agroalimentare, spesso al centro di scandali per la sua aggressiva azione lobbistica mirata a condizionare la legislazione dei paesi, in materia agroalimentare, a favore dell’industria.
Nel 2010, José Bové, un agricoltore francese membro del partito ecologista europeo, in una seduta del Parlamento europeo accusò l’Efsa di non aver chiarito la posizione di alcuni suoi dirigenti, membri dell’Ilsi. L’Efsa si difese sostenendo che il mancato riferimento alle collaborazioni con l’Ilsi fu dovuto a sviste nella redazione dei curricula pubblicati sul sito Efsa. Il caso portò il Parlamento europeo a sospendere i finanziamenti all’Efsa per sei mesi, e alla rimozione delle figure in conflitto di interesse.
Nel 2012, PAN-Europe rivelò che nel 2008 un gruppo di lavoro dell’Esfa preposto alla revisione dei limiti di tossicità fosse stato organizzato e gestito da associati all’Ilsi. Nel gruppo di lavoro, dieci dei dodici membri avevano forti relazioni con l’industria agrochimica e agroalimentare (una dettagliata relazione sulla questione prodotta da PAN-Europa è disponibile a questo link).
Il rapporto dell’Efsa, suggeriva di optare per una valutazione dei rischi in stile statunitense (quindi con limiti meno stringenti), fondata sul principio del rischio accettabile: un certo rischio che è conosciuto e tollerato generalmente perché i costi o le difficoltà per implementare una contromisura efficace risulterebbero eccessivi se confrontati con l’aspettativa della perdita.

Nel 2013, critiche da parte di associazioni ambientaliste sono state mosse all’Efsa per la nomina di Juliane Kleiner(che lavora all’Esfa dal 2004) a posizioni chiave in ambito della valutazione del rischio e della regolamentazione. Le critiche fanno presente che Juliane Kleiner ha lavorato per l’Ilse, dal 1996 al 2002, curando gli interessi di alcune industrie affiliate, e che altre persone avrebbero potuto essere chiamate a ricoprire tali posizioni, anche alla luce del fatto che non sembra che Kleiner abbia un curriculum particolarmente brillante nel campo della ricerca. I critici fanno notare come Kleiner, nei sui ruoli alla Efsa, abbia, spesso fatto proprie le posizioni dell’industria.
Come sia stato possibile che, con migliaia di valenti ricercatori disponibili in Europa, molti ruoli chiave in seno all’Efsa siano stati, e siano, ricoperti da persone provenienti dall’Ilsi, e quindi in potenziale conflitti di interessi, è una domanda che è lecito porsi.
Nella nuova (2019) relazione prodotta dall’Efsa, sui limiti dei residui agrochimici negli alimenti, non sembrano essere stati fatti passi avanti rispetto alle richieste di medici e associazioni rispetto, per esempio, alla regolamentazione degli interferenti endocrini (sostanze chimiche che compromettono il funzionamento del sistema ormonale, e di cui si parla da un ventennio). Una questione che sembra rimane un tabù. Forse perché molte di questi composti si trovano in prodotti di largo consumo. La giornalista Stephane Horel, nel suo libro-inchiesta, Intossicazione (2017, Nuova Ipsa Editore), analizza il lavoro delle lobby e degli “eurocrati” per bloccare le decisioni in merito a questa classe di composti (e molto altro di quello che succede all’Efsa).
Nel 2016 l’Ilsi (alcuni dei suoi associati) ha avuto un ruolo anche nella redazione della relazione congiunta Fao e Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla sicurezza dei prodotti agrochimici a base di glifosato. La relazione concludeva, contradicendo il rapporto dello Iarc, nel quale si identificava la possibile cancerogenicità del glifosato, affermando che con le modalità d’uso correnti, il glifosato non comporta rischi per la salute umana. Tale relazione ha suscitato molte perplessità dal momento che il presidente del gruppo di lavoro (Fao/Oms), il professor Alan Boobis, lavora anche come vice-presidente della International Life Science Institute Europa, che nel 2012 ha ricevuto una donazione di 500.000 dollari dalla Monsanto.
I Commissari europei a favore della liberalizzazione degli Ogm e minimalisti sui pesticidi
Che la politica europea (contrariamente ai suoi cittadini) sia orientata ad una apertura agli ogm e a una revisione delle normative legate all’agrochimica, ce lo suggeriscono i commenti di alcuni commissari europei alla delibera della Corte di Giustizia Europea, del 25 luglio 2018, in merito alle nuove tecniche di mutagenesi (che possono includere l’editing genetico). La delibera ha stabilito che le varietà prodotte mediante tali nuove tecniche (incluso l’editing genetico) siano da considerare come ogm.
Il commissario per la ricerca, la scienza e l’innovazione, l’ingegnere civile ed economista portoghese Carlos Moedas, ha espresso il suo sconcerto sostenendo che l’editing genetico è una tecnologia con un enorme potenziale per il miglioramento della salute umana e la preservazione dell’ambiente. Merita una riflessione il fatto che Moedas praticamente si sia sempre occupato di finanza, prima per grossi gruppi finanziari, come la Goldman Sachs, poi per governo portoghese e quindi per la “troika” (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale), come sovraintendente di Esame, l’agenzia creata per controllare l’attuazione delle riforme strutturali in Portogallo, concordate con la “troika”. Non è chiaro quali siano i meriti di Moedas nel campo della scienza e della ricerca che lo hanno portato alla carica di commissario per la ricerca, la scienza e l’innovazione.
Il commissario per la salute e la sicurezza alimentare, il cardiologo lituano Vytenis Andriukaitis, ha criticato l’operato della corte (come hanno fatto i rappresentanti dell’industria agrochimica), dichiarando che la direttiva europea sugli ogm è superata, sostenendo che gli ogm si sono sempre dimostrati sicuri, e accusando coloro che criticano gli ogm di manipolare l’opinione pubblica e di essere soggetti pericolosi (incredibile ma dice proprio così… secondo il nostro Commissario per la salute, chi è critico sugli Ogm e mette in dubbio l’innocuità del glifosato, è un soggetto pericoloso per la società!).
Andriukaitis si è quindi espresso a favore di una nuova regolamentazione delle nuove tecniche di ingegneria genetica (l’editing genetico) alla luce delle loro (supposta) innocuità. Andriukaitis è un acerrimo sostenitore della necessità dei pesticidi, che ritiene necessari per preservarci da future carestie, e sostiene l’innocuità del glifosato. Credo che con il nostro commissario per la salute, a poco valgano gli appelli della società civile per fermare il processo di apertura agli ogm in Europa che oramai (passate le elezioni), sembrano destinati ad essere sdoganati del nostro governo europeo, a beneficio dei suoi cittadini, ovviamente.
Il commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, l’irlandese Phil Hogan, laurea triennale in letteratura, una carriera politica non proprio brillante (ma nella quale è riuscito a rimanere in qualche modo a galla), e che non si è mai occupato di agricoltura (nel 2011 è arrivato a ricoprire il ruolo di ministro dell’ambiente), ha preparato un’offensiva alle disposizioni della Corte di Giustizia Europea in merito all’editing, invocandone la liberalizzazione nel campo agroalimentare (temi sui quali il nostro è certamente ferratissimo). Hogan ha sostenuto che le nuove biotecnologie avranno un ruolo di primo piano per l’agricoltura europea e ha invitato i paesi europei ad un’azione comune in tal senso.
Una carrellata di opinioni dei nostri Commissari è raccolta in una relazione speciale di Euroactiv del maggio 2019. Euroactiv è un’agenzia di stampa, fondata nel 1999, che tratta informazioni di politica europea. La piattaforma è stata oggetto di critiche per essere co-finanziata da grossi gruppi industriali, dell’agrochimica, del tabacco, dei biocarburanti e dell’energia, del digitale (come Huawei), e da società che curano l’immagine delle multinazionali. Euroactiv riceve finanziamenti anche attraverso la sua fondazione che ha ricevuto più di due milioni di dollari dalla Bill & Melinda Gates foundation, nota per le sue posizioni pro biotech.
Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole
Tra pochi giorni sapremo chi sarà a guidare la Fao e questo ci darà indicazioni sui rapporti di forza tra i titani dello scacchiere globale, e su quale sarà il futuro del sistema agroalimentare mondiale ed europeo (che gli europei questo futuro lo vogliano o meno). Sapremo anche, e finalmente, con chi si è schierato il nostro governo.
Purtroppo quello che emerge da questa carrellata di eventi e personaggi lascia l’amaro in bocca. Torna alla mente il monito di Virgilio a Dante “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”, come cupa metafora dello stato dell’Europa odierna, dove la democrazia sembra più che altro una messa in scena per il volgo. Un parlamento privo di un vero controllo su una Commissione europea composta di personaggi ambigui, sui quali ci si chiede di quali interessi si facciano portavoce.

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