Eravamo in molti a giocare in Campo Santa Margherita in quell’inizio degli anni Sessanta. Venivamo un po’ da tutte le parrocchie vicine: chi, come me, dall’Angelo Raffaele; chi dai Carmini (ed erano i più fortunati perché più vicini); chi dai Tolentini, da San Trovaso o dai Gesuati. È vero: potevamo anche giocare nei rispettivi patronati, ma Campo Santa Margherita rappresentava la libertà di correre, di volare, di giocare in un grande spazio aperto, così raro a Venezia.

All’inizio m’accompagnava mia mamma poi, col tempo, avevo ottenuto il permesso di andarci da solo, quando ero in vacanza: percorrevo subito dopo pranzo le assolate fondamente e mi ritrovavo con altri bambini a giocare i giochi di campo, senza il rischio di perdere le nostre cose in acqua, evenienza che a Venezia è all’ordine del giorno (potrei scrivere un romanzo sui palloni e sui vari giochi che ho pianto nei rii…).
Allora andava di moda il “tacco”. Era un gioco semplice: si trattava di lanciare un tacco di scarpa lontano, mentre gli avversari dovevano, con altrettanti lanci, avvicinarsi al primo tacco, che aveva la funzione di una sorta di boccino. Chi più si avvicinava, vinceva. E se il tacco dell’avversario sormontava anche di poco il tuo, perdevi gioco e giocattolo, che passava in proprietà al vincitore. In Campo dei Carmini c’era un ciabattino che riforniva di tacchi noi bambini. I più fortunati, quelli che potevano permettersi di pagare quale lira in più, si compravano il prezioso tacco “vibram”, che aveva la caratteristica di essere più pesante e bilanciato: un’arma letale che terrorizzava chiunque e che era sinonimo, con un po’ di pratica, di vittorie certe.

Passavamo i pomeriggi al sole, e quando avevamo voglia di un po’ di ombra e di qualche gioco un po’ più statico, ci appostavamo lungo i muri della vecchia sede della Democrazia Cristiana, l’unico palazzo costruito in mezzo al campo. Ci sedevamo sui “masegni” condividendo, qualche volta, il fresco anche con alcuni notabili o simpatizzanti del partito allora di maggioranza, che solevano uscire dall’austera sede per godersi un po’ di refrigerio dalla calura estiva. Chissà quante e quali decisioni politiche cittadine sono state prese su quelle sedie mentre noi giocavamo a figurine (quelle del calcio, dei ciclisti, degli animali)…
Il Campo era per noi bambini stadio, pista, arena. Anche aeroporto, perché qui gli spazi erano davvero grandi e permettevano di far volare piccoli aeroplani di carta o di balsa, che in altri luoghi di Venezia avrebbero trovato rapida fine, o in acqua o sopra qualche tetto.

Fu proprio qui che ebbi una delle più grandi delusioni della mia infanzia. Perché dopo varie insistenze, mia zia Gigia, che era la finanziatrice dei miei sogni, acconsentì ad acquistarmi un aeroplanino di balsa. Ricordo che andammo a prenderlo in un negozio in centro, a Rialto. Arrivato a casa lo montai facilmente, pregustando i magnifici voli che avrei fatto il pomeriggio successivo. Perché l’aereo in questione, a differenza di altri modellini, aveva tanto di elica che si muoveva grazie ad un elastico che veniva torto molte volte; una volta lanciato l’aereo, l’elica avrebbe girato grazie all’elastico e portato in quota il velivolo, librandolo per il campo. Il pomeriggio del primo lancio non stavo in me, anche perché il nuovo giocattolo aveva destato l’interesse di tutti i bambini presenti, e anche di qualche adulto curioso. Girai e rigirai l’elica per caricare l’elastico, finché sentii che la resistenza si faceva tanta. A quel punto, con un rapido gesto lanciai in aria l’aereo, che prese il volo librandosi a cerchio nel cielo. Lo seguimmo tutti con occhi increduli, sognando di esserci anche noi bambini dentro a quell’aereo di balsa. Pochi secondi che per me parvero minuti, e poi il modellino atterro, bruscamente ma atterrò, tra l’ammirazione dei presenti. Era il giocattolo più bello che mai avessi avuto e ne ero fiero. Ricaricai l’elastico per la seconda volta e rilanciai l’aereo, che tornò a volare in cerchio nel cielo del Campo. Atterrò, questa volta, a notevole distanza e mi affrettai quindi ad andare a recuperarlo, anche perché avevo timore che potesse essere preso da qualche altro bambino. Corsi pertanto verso il mio aereo, ma proprio quando ero nei pressi, inciampai e ci caddi sopra, distruggendolo e procurandomi anche qualche bella escoriazione. Tornai a casa piangendo, disperato…

Era un mondo completo, per noi bambini degli anni Sessanta, il Campo Santa Margherita: giocavamo a “campanon” (il classico gioco della campana), segnando col gesso sui masegni il percorso che poi doveva essere seguito dalle varie squadre, guardati a vista e ben sopportati dagli anziani, che erano seduti fuori dai pochi bar, mentre bevevano qualcosa e chiacchieravano del più e del meno; e dai molti negozianti, perché, nel Campo, ci trovavi tutto: il panettiere, il macellaio (tradizionale ed equino), la pescheria più grande di Venezia dopo quella di Rialto, la merceria, il pasticcere, il famoso “Pettenello, negozio di giocattoli tra i più amati da tutti noi bambini, il ferramenta, la torrefazione del caffè, la gelateria, il fruttivendolo, la fioraia, la cartoleria.

E due cinema: il “Moderno” e il “Santa Margherita”, popolarmente conosciuti come “Cine Novo” e “Cine Vecio”. La domenica pomeriggio, infatti, il Campo si trasformava, in attesa che verso le 15 aprissero i due cinema: non più giochi ma una coda vociante in attesa. Cinema che, probabilmente per un tacito accordo, davano, a turno, l’uno un film per bambini e l’altro un film più adatto ad un pubblico adulto. E’ qui che ho visto film come “Ercole alla conquista di Atlantide” o i mitici western con John Wayne, o il classico “Ultimatum alla terra” (quello di Robert Wise). Allora il Campo, all’uscita dagli spettacoli, diventava di volta in volta l’arena dove Ercole lottava con i giganti, oppure le praterie sconfinate dove combattere, rigorosamente a cavallo, eserciti di pellerossa, o il suolo di un pianeta abitato da alieni ostili…
Era quello il nostro Campo Santa Margherita: un mondo piccolo, ma per noi sconfinato e magico, dove passavamo i nostri migliori momenti di gioco; dove apprendevamo la vita.

Ora tutto questo non c’è più. Ora, neppure i bambini potranno giocare su quel campo, che conserva ancora, quali uniche vestigia, i suoi ampi spazi. Anche i piccoli, come tutti i negozi di vicinato, sono stati allontanati: troppi plateatici, troppi turisti, troppa gente, troppo rumore. Il campo risulta tra quelli vietati ai giochi dal nuovo Regolamento di Polizia e sicurezza urbana del Comune di Venezia, e se il Consiglio comunale approverà questa scelta, i pochi bambini veneziani rimasti perderanno quella possibilità di sognare, su quei masegni, arene, stadi, piste, aeroporti e nuovi pianeti. Perderanno, loro, quello che invece avevamo noi bambini degli anni Sessanta, che vivevamo in una città che ora, purtroppo, spesso non sentiamo più nostra.
Le illustrazioni sono di Paolo Bertuzzo e sono tratte da Giochi a Venezia, a cura di Leopoldo Pietragnoli, Marsilio, 2003

Sul suo profilo Facebook il Comandante della Polizia Locale del Comune di Venezia, Marco Agostini, replica all’articolo di Enzo Bon. Per completezza e correttezza d’informazione pubblichiamo qui di seguito il testo di Agostini, a cui segue la risposta di Bon.
Caro Enzo,
Credo che ogni cittadino sia libero di avere il proprio pregiudizio politico ma ritengo che un giornalista professionista come sei tu abbia il dovere di raccontare la verità è di non alimentare leggende metropolitane.
Il tuo articolo su Ytali invece è demagogico ed è nella logica della peggiore “disinformazione” stile guerra fredda da anni 60 e 70 del secolo storico.
Tutti i giochi che citi nel tuo articolo non sono vietati in nessuna parte della città, sia di quella storica che di quella di terraferma, per il semplice motivo che in nuovo regolamento di polizia e sicurezza urbana non gli contempera esattamente come quello approvato nel 1986.
Il nuovo regolamento invece disciplina due tipologie di giochi: all’art. 40 disciplina l’uso delle biciclette e dei monopattini e all’art. 41 i giochi con la palla e ogni altro gioco, individuale o di gruppo, anche mediante il lancio di oggetti ed attrezzi, che possa arrecare pericolo o molestia alle persone.
Nel previgente regolamento del 1986 la materia era disciplinata dall’art. 28 che testualmente prevedeva:
1. Con provvedimento dirigenziale, su proposta dei quartieri e delle municipalità, sono individuate le zone del territorio comunale in cui non sono consentiti i giochi con la palla, individuali o di gruppo.
2. Il provvedimento determina altresì limiti e modalità dei giochi nel territorio comunale, prevedendo in ogni caso che detti giochi sono limitati ai ragazzi di età eguale o inferiore agli anni 12 e limitatamente ai seguenti orari: dal 1 ottobre al 30 aprile dalle 09.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00; dal 1 maggio al 30 settembre dalle 09.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 20.00.;
3. Detti giochi sono comunque vietati nelle seguenti aree: area marciana, area del mercato di Rialto, Campo S. Bortolomio, Campo S. Salvador, Campo S. Rocco, Campo dell’Accademia, Campo Manin, Campo S. Angelo, Campo S. Fantin, Campo S. Luca, Campo S. Moisè.
4. Con provvedimento dirigenziale, su proposta dei quartieri e delle municipalità, sono individuate le zone del territorio comunale in cui non è consentita la circolazione dei velocipedi a due ruote.
5. Il provvedimento determina altresì limiti e modalità della circolazione dei velocipedi, prevedendo in ogni caso che la circolazione nei campi di Venezia è consentita esclusivamente ai bambini di età uguale o inferiore agli anni 8 e limitatamente si seguenti orari: dal 1 ottobre al 30 aprile dalle 09.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00; dal 1 maggio al 30 settembre dalle 09.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 20.00.
6. L’uso di velocipedi è comunque vietato nelle zone del centro storico indicate dal comma 3.
7. Sono in ogni caso vietati i giochi, collettivi od individuali, anche mediante il lancio di attrezzi od oggetti, nonché l’uso di pattini a rotelle, di ogni acceleratore di velocità, nonché di ogni altro attrezzo di gioco o sportivo che possa recare molestia o pericolo alle persone, danni alle strade, alla proprietà pubblica o privata, o disturbo alla quiete pubblica.
In allora i consigli di quartiere del centro storico segnalarono numerose zone al mio illustre predecessore, il dott. Rienzi, che emanò una disposizione assai restrittiva che consentiva i giochi solo in numero limitato di aree.
Il nuovo regolamento all’art. 40 consente di circolare liberamente in tutto il territorio comunale alle biciclette (velocipedi) e monopattini condotti da bambini di età pari o inferiore ad anni 11, ad esclusione dell’Area Marciana, dell’Area Realtina, di campo San Bortolomio, di campo San Salvador, di campo San Luca, di campo San Fantin, di campo San Moisè, delle Mercerie, di calle larga XXII marzo, di calle larga San Marco, della Frezzeria, di campo San Filippo e Giacomo, di campo San Rocco.
L’art. 41 vieta nelle aree pubbliche o aperte al pubblico i giochi con la palla e ogni altro gioco, individuale o di gruppo, anche mediante il lancio di oggetti ed attrezzi, che possa arrecare pericolo o molestia alle persone ma esonera dal divieto i ragazzi di età pari o inferiore agli anni 11 nelle aree individuate con provvedimento del Comandante della Polizia Locale su conforme indirizzo della Giunta Comunale ed a esclusione in ogni caso dell’Area Marciana, dell’Area Realtina, di campo San Bortolomio, di campo San Salvador, di campo San Luca, di campo San Fantin, di campo San Moisè, delle Mercerie, di calle larga XXII marzo, di calle larga San Marco, della Frezzeria, di campo San Filippo e Giacomo, di campo San Rocco, di piazza Ferretto, di piazzale Candiani e di piazzetta Coin.
E la Giunta Comunale mi ha impartito di individuare 37 aree nel centro storico, 10 nelle isole e 19 aree in terraferma dove sperimentalmente iniziare a consentire i giochi con la palla. Per altre aree (ad esempio Santa Margherita o le Zattere) è necessario un maggiore approfondimento sulla compatibilità tra le funzioni insediate e i giochi con la palla o molesti o pericolosi.
Riassumendo:
– È stata elevata l’età (da 8 a 11 anni) e sono stati tolti i limiti orari per la libera circolazione di biciclette e monopattini per i ragazzi;
– Per i giochi con la palla è stata abbassata l’età di un anno (da 12 a 11) ma sono state notevolmente ampliate le aree ove sono consentiti tali giochi e sono stati tolti i limiti orari.
Perdonami Enzo ma cosa sarebbe stato cancellato della memoria collettiva per aver “vietato” di giocare a pallone in campo Santa Margherita?!?!?!
Tuo
Marco Agostini
E la risposta a Marco Agostini, sempre su fb, di Enzo Bon
Caro Marco,
posto che, come sai, i titoli degli articoli non competono al giornalista professionista freelance ma alla direzione della testata, nel mio pezzo racconto una storia, un ricordo del passato che non è più. E ciò credo sia incontrovertibile! Perché ora non si può più giocare a palla, ma non si può nemmeno far volare aerei di balsa, o giocare al “tacco” se ciò comporta pericolo per la pubblica incolumità, in quanto il tacco, come sai, è oggetto che si lancia, come la palla; e l’aereo di balsa è un oggetto volante (come un drone) che può cadere in testa alle persone. E i giochi che cito sono collettivi e possono quindi causare disturbo o pericolo alle persone (in caso di lanci, corse all’impazzata, ecc…), e certamente disturbo alla quiete pubblica. Non so dalle tue parti, ma in Campo Santa Margherita quando si giocava si gridava anche, e molto.
Ora, quei giochi che racconto sono ricordi, visto che anche per campo Santa Margherita, che è l’unico luogo citato, come tu affermi “è necessario un maggiore approfondimento sulla compatibilità tra le funzioni insediate e i giochi con la palla o molesti o pericolosi”. Che significa che non potranno, per ora, più essere giocati, come ho scritto. Posto che ci siano ancora bambini a Venezia che possano davvero giocarli. Ma questa è un’altra storia…
Con immutata stima ed affetto.
Enzo

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!
5 commenti
Piú un nostro ricordo che un divieto effettivo, i bambini ora nei campi, al massimo seduti su di una panchina, giocano col telefonino, magari volessero giocare al campanon o col “tacco” o a ” piera alta”. Sic transit !
Enzo ho letto con attenzione il tuo “racconto”. Mi hai fatto rivivere il passato. Benche la “mia piazza” dei giochi era distante dalla tua circa 800 km, posso assicurarti che le emozioni erano le stesse. Nel mio piccolo paese natio “Serracapriola” in provincia di Foggia, la piazza dei miei ricordi e dei miei giochi è ancora la stessa, l’unica variante che ai bimbi bianchi si sono uniti quelli di colore. Mi auguro di cuore che “la tua piazza” possa ancora essere a portata di mano dei bimbi di oggi. Cordialmente Donato
È un ricordo splendido di una città ancora ricca di bambini, che giocavano al campanon, al tacco, ai cimbani, a darsena e torsela, ae sconte, alla cavallina, al balón. Che idea idiota proibire i giochi dei bambini, la sola cosa che dava un senso a dove vivevamo, in un mondo solidale in cui tra anziani e bimbi c’era una perfetta continuità.
Non è un ricordo, i bambini giocano ancora a palla, colorano con i gessi e corrono all’impazzata per il campo. Forse qualcuno starà a giocare con il cellulare, ma non la maggior parte e sicuramente non per tutto il tempo. Il campo è un luogo di incontro di una comunità di bambini e di genitori, vietarlo vuol dire farla morire.
Sono d’accordo Francesca. Spero sia proprio così e che il Comune di Venezia riveda questa decisione. Venezia è l’unica città dove i bambini possono giocare davvero senza pericoli. Lasciamo che si divertano!!!!