Mentre sono in pieno svolgimento le manovre di posizionamento politico elettorale per Venezia 2020 una cosa appare finora sicura. L’accelerazione impressa su Marghera per l’approdo alternativo delle Grandi Navi dopo i due disastri sfiorati nell’arco di trenta giorni lungo il percorso per San Marco. Il tema assume valore emblematico e discriminante perché evidenzia, meglio di qualunque altro argomento, il punto di convergenza su Venezia tra interessi esterni e interessi locali che con la giunta Brugnaro hanno spostato il baricentro della politica veneziana sull’economia turistica come mai in precedenza accaduto.
Si tratta del circuito “multinazionali del turismo – infrastrutturazione locale – crescita illimitata degli arrivi”, una tendenza internazionale che a Venezia tocca punte estreme.
Il tema è: usare il vantaggio amministrativo corrente per spingere il fenomeno turistico ad un punto di non ritorno consolidando il blocco sociale degli interessi generati che garantisce la riproduzione del consenso per il tempo necessario ad assecondare il compimento del disegno.
Un raid ispirato al breve periodo da un sindaco che rifiuta di considerare le conseguenze che altri saranno invece chiamati ad affrontare.
Turismo a oltranza
Ma non si tratta di un disegno isolato, su questo il Veneto di Zaia fa da consapevole sponda da quando ha metabolizzato il fatto che le crescenti difficoltà della tradizionale economia manifatturiera regionale, orfana di una vera politica industriale, possano essere compensate dalla crescita dell’economia turistica – prima regione in Italia – che si posiziona sul mercato mondiale come “The land of Venice” proiettando sull’intera regione un marchio gratuito di successo garantito.
Di qui il lavoro di rinnovo dell’immagine di un Veneto che punta a congiungere i due siti Unesco di Venezia e Dolomiti con l’inserzione del sito intermedio del Prosecco, accolto nello stesso giorno in cui a Baku l’Unesco toglieva, dopo oltre trent’anni, la sua protezione sulla laguna di Venezia proprio sotto la pressione della lobby delle Grandi navi in laguna.
Si tratta di una mutazione genetica dell’Unesco che opera ormai su impulso politico per concedere il proprio marchio ai siti che si candidano a sostegno di un prodotto locale.
Di qui l’interesse di Zaia, da sempre estraneo alle vicende lagunari, per l’home port crocieristico in gronda da cui prelevare future quote di “naviganti” da inoltrare verso le terre del prosecco e le cime dolomitiche.
Da anni il mercato del turismo montano sognava di agganciare l’overturismo veneziano proponendo una variante di percorso verso quelle Dolomiti che, con le Olimpiadi 2026 ottenute grazie alla alleanza con Milano, postulano ora lo scenario di una nuova infrastrutturazione in direzione dello sbocco transalpino verso Nord.

Laguna e infrastrutture
Infrastrutture e turismo, un binomio decisivo per il sostegno dei flussi internazionali in funzione di quantità crescenti di visitatori.
Ma le due grandi infrastrutture veneziane e venete, il porto e l’aeroporto, in quanto porte di accesso del turismo internazionale, interagiscono direttamente con gli equilibri del sistema ambientale della laguna veneziana che, a tutt’oggi, non dispone ancora di un piano generale di gestione dell’ecosistema lagunare – acque, suoli e aria – un requisito obbligatorio che l’Unesco, dopo anni, a Baku ha deciso di ignorare smentendo se stesso e con ciò la propria credibilità di soggetto che opera super partes in nome di interessi generali.
Da un lato il PRG del porto commerciale industriale che data 1965, epoca dell’espansione industriale e del relativo canale dei petroli, oggi necessita di elaborare il riposizionamento nei circuiti della logistica intercontinentale scontando quei limiti di accessibilità nautica a dodici metri che gravano sull’invaso lagunare, e con quelli posti dal Mose, di cui non è noto né quando, né come, né se funzionerà, nella prospettiva di crescita dei livelli marini entro pochi decenni.
Dall’altro la crocieristica che si candida a insidiare il ruolo commerciale delle banchine di Marghera dando il proprio contributo allo scenario di deindustrializzazione dell’economia veneziana col sostegno della locale Confindustria che eredita un mandato e una denominazione di cui non si ha riscontro nell’azione industriale.
Ma la suggestione di un passaggio epocale con la conversione a passeggeri del porto industriale veneziano solleva molte più incognite di quante pensi di risolverne sotto la pressione della lobby crocieristica e dei suoi rappresentanti locali.
Nel breve periodo la coesistenza di passeggeri e merci lungo uno stretto canale percorribile a senso unico per accedere a porto Marghera penalizza in modo inaccettabile l’economia industriale e commerciale del porto. Nel lungo periodo il progetto di raddoppio del Canale dei petroli comprometterebbe invece in modo irreversibile l’equilibrio idraulico della laguna centrale e con essa dell’intero ecosistema lagunare. Qualcosa che molti fingono di ignorare interessatamente assieme a tutta la legislazione ambientale che dal 1973 impone la tutela dela laguna.
All’opposto, l’aeroporto, l’altra grande infrastruttura, appare bene inserito nel circuito di forte espansione internazionale dei voli, con una particolare vocazione ad attrarre i flussi del mercato asiatico, e proprio in virtù del suo business di successo tende ormai a proporsi come un’entità autonoma e autoreferenziale, una sorta di cittadella a sé stante sulla gronda veneziana, decisa a giocare una propria partita.
Due gli interventi rilevanti: la connessione ferroviaria alla rete regionale e lo sviluppo di una seconda pista ai margini della laguna a sostegno di un raddoppio di capacità turistica nel lungo periodo.
La prima è una vera opportunità nella prospettiva di connettersi su ferro con le piste di Treviso e di Ronchi dei Legionari creando un sistema integrato aeroporti Nordest. Ma sull’arrivo della ferrovia al Marco Polo aleggia la suggestione di un percorso in sotterranea – il cosiddetto cappio – perseguito da Save ancorché gravido di forti incognite geologiche e di costi elevati che parrebbe propedeutico ad un successivo braccio in sub lagunare per Venezia, quella mai sopita suggestione di modernità subaquea, dopo che la recente proposta di una funicolare translagunare ha destato sincera incredulità e sostanziale ironia.

Scelte politiche e scenari elettorali
Ancora una volta l’impatto delle infrastrutture sulla laguna finisce con orientare i posizionamenti politici rispetto alle strategie sottese tra modello di sviluppo e raccolta di consenso elettorale.
Il fatto che siano i protagonisti dell’economia turistica a dettare i temi del confronto politico rivela le storture e i gravi limiti dell’attuale vicenda amministrativa veneziana che ha instaurato con questi interlocutori il dialogo sul futuro della città ancorandolo a una visione subalterna a interessi esterni, come se Venezia non disponesse di un tradizionale patrimonio identitario di risorse ambientali e culturali che dalla monocultura turistica vengono deliberatamente banalizzate e umiliate.
Molto più mobilitante però la questione portuale rispetto a quella aeroportuale.
La prima affonda le radici nel tessuto economico e sociale della città, come è logico sia con mille anni di storia portuale alle spalle, ma con una differenza di sensibilità tra abitanti della laguna – un terzo – e abitanti di terraferma – due terzi – fondata proprio sulla questione lagunare. Per gli uni condizione di sopravvivenza degli abitati lagunari, per gli altri vincolo alla espansione dell’indotto basato sulla immagine stereotipata del turismo veneziano.
Nasce di qui la spinta alla conversione della intera economia lagunare al dominio crocieristico pur se questo rappresenta una voce minoritaria nel complesso della economia marittima veneziana, a fronte di un impatto devastante sull’ambiente lagunare.
Da un lato si pone dunque il disegno di appiattimento in tempi brevi dell’intera economia veneziana sul turismo – crocierismo in laguna, ricettività in città, rendite immobiliari concentrate e diffuse, appiattimento del mercato del lavoro – ispirata dalla idea di città spettacolo della uscente giunta Brugnaro; dall’altro una strategia civica che persegue per Venezia il modello europeo di città sostenibile, capace di coniugare ambiente, società ed economia come lascito di una storia secolare che si aggiorna e richiama forze nuove.
Meno mobilitante invece la questione aeroportuale nonostante il suo impatto ambientale.
Due le ragioni. Da un lato la sua marginalità spaziale rispetto all’intero insediamento urbano per la collocazione in fregio alla laguna che coinvolge pesantemente solo una frangia urbana. Dall’altro il fatto di attrarre lavoro da un vasto hinterland metropolitano con limitato interesse agli equilibri politici veneziani.
Oggi più che in passato la sfida della modernità di Venezia si misura dunque sul rapporto tra legittimi interessi generali che premono sulla città capoluogo con la trasversalità di interessi locali che chiedono rappresentanza e prospettive durevoli di lavoro.
A fronte di ciò la odierna politica veneziana presenta la chiara alternativa tra il vigente mercantilismo di breve periodo della giunta Brugnaro e la costruzione di una consapevole sostenibilità nel lungo periodo.

Il servizio fotografico è tratto dall’account twitter di @LuigiBrugnaro e illustra l’arrivo di una nave da crociera a Marghera, con a bordo il sindaco di Venezia nel percorso finale da Malamocco all’arrivo, nelle giornate della festa del Redentore, durante le quali le Grandi navi non potevano passare attraverso il canale della Giudecca e di fronte a San Marco.

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1 commento
Articolo lucidissimo e interessantissimo, che permette di capire quanto sta accadendo a Venezia e territorio grazie a una eccezionale capacità di identificare, nel caos del quotidiano, le linee direttrici dominanti e la direzione nella quale ci portano.