Roberto Fernández Retamar, il letterato organico della rivoluzione cubana

È morto a 89 anni il grande poeta e saggista. La Casa de las Américas, di cui è stato presidente, ha avuto un ruolo fondamentale nel mondo culturale dell’isola e dell’America latina. Il Premio Casa ha segnato un’epoca nella narrativa, poesia e saggistica latinoamericana.
FRANCO AVICOLLI
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È morto Roberto Fernández Retamar, ottantanovenne poeta e saggista cubano di rilievo internazionale. Presidente di Casa de las Américas dal 1986, aveva diretto la rivista omonima fin dal 1965. L’istituzione, fondata in aprile del 1959, ha avuto un ruolo fondamentale nel mondo culturale cubano e latinoamericano di cui è stata luogo di riconoscimento, di riflessione e di incontri. Il Premio Casa ha segnato un’epoca nella narrativa, poesia e saggistica latinoamericana.

Negli anni Sessanta del secolo scorso la lotta al colonialismo registra un’impennata con punti focali in Algeria, Congo e Vietnam. La crisi cubana di ottobre (1960) e il tentativo di invasione americano alla Baia dei Porci, spingono Cuba ad occupare una posizione sempre più radicale nel panorama internazionale e a dichiarare il carattere socialista della rivoluzione. Promosso da Tito, nasce nel 1961 il Movimento dei paesi non allineati e Cuba e Fidel Castro ne diventeranno protagonisti.

In questo quadro internazionale, Casa de las Américas svolgerà un’azione significativa per la formazione di una coscienza unitaria latinoamericana in chiave anticolonialista e antimperialista.

Per comprendere il ruolo culturale di Roberto Fernández Retamar – paradigmatico nel rapporto tra rivoluzione e azione culturale – e la sua portata, credo che non si possa ovviare a tale contesto di riferimento.

Il poeta aveva fatto parte di Orígenes (1944-1956), una rivista fondata da José Lezama Lima, autore di Paradiso e tra i più grandi scrittori e poeti di lingua spagnola. La pubblicazione era divenuta un vero e proprio baluardo della lingua spagnola a Cuba dove tutto si muoveva con il dollaro, sul turismo collegato al gioco, allo spettacolo, al clima, allo zucchero e alla libertà di costumi in… lingua inglese. Orígenes aveva collaboratori come Cernuda, Octavio Paz, Paul Valéry e aveva riunito un gruppo significativo dell’intelligencija cubana fra cui i pittori Wilfredo Lam e René Portocarrero, i poeti Cintio Vitier, Eliseo Diego e Fina Garcìa Marruz, figure, queste ultime, di fede cattolica che, come Lezama Lima, verranno considerate con diffidenza nel clima radicale del primo decennio della rivoluzione. In un discorso agli intellettuali del 1961, Fidel Castro aveva indicato un percorso inclusivo concentrandolo con la frase “nella rivoluzione tutto, contro la rivoluzione nulla” che finirà per assumere carattere dottrinale con conseguenze e problematiche che comporteranno provvedimenti restrittivi culminati con il caso del poeta Padilla.

Franco Avicolli e Roberto Fernández Retamar

Retamar fa suo il progetto della Rivoluzione cubana e ne diventa una delle espressioni culturali di più alta qualità con un grande lavoro per la definizione di una identità cubana e latinoamericana al cui centro pone la figura di José Martí e della sua opera. Promuove allo scopo la fondazione del Centro de Estudios Martianos che dirige dal 1977 al 1986. José Martí è con Bolívar e San Martín, una delle figure che partecipa alla questio dell’identità latinoamericana, oggetto, nell’Ottocento, del dibattito politico e culturale della regione che si conclude con Ariel, dell’uruguayano José Enrique Rodó. L’opera di Martí, di cui Nuestra America è la visione più compiuta, è basata fondamentalmente sulla telluricità e il meticciato; questi devono trovare un loro cammino originale che non deve tuttavia rifuggire dai contributi dell’eredità storica del continente con scelte compatibili con quella che Martí chiama la “America nostra” e allontanano dalla Conquista. Retamar accoglie questo messaggio e lo aggiorna sulle istanze programmatiche della rivoluzione castrista. Allo spiritualismo di Rodó, egli risponde con Calibán (1971), un saggio di grande forza polemica in cui opta per l’altra figura della tragedia di Shakespeare di cui rivendica la materialità in nome del semplice diritto all’esistenza.

Il processo dell’indipendenza latinoamericana è tutt’altro che lineare perché privo di riferimenti che non riportino ad un’origine – quella europea – da cui ci si intende differenziare. Le ragioni telluriche sono quelle dei nativi però ridotti ad una funzione quasi testimoniale. La rivoluzione cubana fissa per la prima volta basi solide poi rafforzate dalla sconfitta che subiscono a Playa Girón i mercenari al soldo degli USA.

È importante considerare tali eventi e l’azione determinata di Cuba proprio per la grande forza che questa nuova realtà continentale inietta nel confronto storico tra colonialismo e imperialismo e gli Stati Uniti d’America e il territorio a sud di Rio Bravo. Ed è appunto questa novità a modificare l’atteggiamento del mondo culturale latinoamericano che diventa sempre più militante e ancor più in personaggi come Retamar, che di tale progetto diviene attivo protagonista.

Eusebio Leal, Franco Avicolli, Roberto Fernández Retamar, Cintio Vitier, Fina Garcìa Marruz, Leo Brouwer, Venezia, maggio 1984, in occasione di “Cuba a Venezia”

La rivoluzione cubana dà voce al mondo dei diseredati che racconta Fanon, ad una società che non ha lo specchio in cui guardarsi, conoscersi e sentirsi. In questo percorso Retamar pubblica Martí en su (tercer) mundo” (1965), Nuestra América y occidente (1976); Para una teoría de la literatura hispanoamericana (1977), Del anticolonialismo al antiimperialismo (1992), Pensamiento de nuestra América. Autoreflexiones y propuestas (1996) e altri lavori in cui non mancano forzature ideologiche che comunque non indeboliscono la solidità del pensiero che le accompagna e fanno di Retamar un grande intellettuale militante con qualche venatura di ufficialità. La quale è appartenenza, poi lealtà che può diventare fedeltà, soprattutto quando coincide con un ruolo istituzionale. È un passaggio che crea uno status e, insieme, una modalità di esercizio che finisce per trasformare la riflessione, il pensiero astratto in atto finalizzato. Può essere diversamente? Di fatto il metodo critico, la riflessione senza obiettivo e con molti dubbi, diventa atto funzionale e convergente. E ciò finisce per avere effetti sull’atteggiamento strutturalmente divergente proprio della vita intellettuale e creativa che mal si adatta ai percorsi finalizzati.

Ognuno si porta addosso una qualche appartenenza spesso problematica. Roberto Fernández Retamar si portava addosso Cuba, ossia quello che egli era come poeta e saggista e come figura di un’ufficialità; si tratta di un complesso di caratteristiche in cui ognuno può vedere quello che pensa di Cuba e del suo ruolo, cioè del suo rapporto con il potere, con le spiagge di Varadero, con Fidel Castro e con Heberto Padilla o anche con José Lezama Lima, suo compagno di viaggio emarginato dalla rivoluzione e poi recuperato anche grazie al suo lavoro di intellettuale. Si portava addosso quella Cuba che gli ha permesso di dare voce a molti personaggi della letteratura e del mondo culturale latinoamericano che forse non avrebbero poi avuto la storia che hanno avuto senza gli strumenti creati dalla Rivoluzione cubana. È ciò lo colloca in una dimensione più grande di lui, ma che ha funzionato anche grazie a lui e alla sua qualità di poeta e saggista. 

Ciò lascia aperta la questione del rapporto tra conoscenza, arte, vita intellettuale e processi rivoluzionari che conquistano il potere grazie alla loro forza divergente che poi trova soddisfazione e, infine, si annulla. E forse questo riporta i processi rivoluzionari alle modalità fenomenologiche di ogni vita biologica e della sua durata.

Nell’immagine d’apertura Roberto Fernández Retamar (da El Telégrafo)

Roberto Fernández Retamar, il letterato organico della rivoluzione cubana ultima modifica: 2019-07-29T12:28:24+02:00 da FRANCO AVICOLLI
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