Anche il magnate Adelson lo molla. Bibi in caduta libera

Il miliardario americano, proprietario di catene d’alberghi e casinò, ha definitivamente rotto con il primo ministro israeliano, di cui è stato finora il principale sostenitore e sponsor.
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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Bibi perde i pezzi. E pezzi da novanta, quelli che non esitavano a staccare assegni milionari per finanziare le sue costose campagne elettorali. Ora, però, in diversi scendono dal carro del non più certo vincitore delle nuove elezioni anticipate del 17 settembre. Un esempio? Il magnate del gioco d’azzardo, l’ottuagenario americano Sheldon Adelson. La sua famiglia, che possiede il giornale israeliano Israel Hayom, ha fato sapere agli investigatori della polizia che non accetterà mai più di incontrarsi con Benjamin Netanyahu dopo aver “letto i giornali” sui presunti tentativi del primo ministro di minare il quotidiano gratuito di cui Adelson è proprietario.

A darne notizia è il canale televisivo israeliano Channel 13. Secondo quanto riferito dall’emittente, Adelson ha fatto queste dichiarazioni nell’ottobre 2018 sotto interrogatorio, in relazione all’indagine sulle conversazioni tra Netanyahu e Arnon Mozes, editore e proprietario del quotidiano concorrente Yedioth Ahronoth. Il primo ministro avrebbe promesso a Mozes l’approvazione di un disegno di legge  che avrebbe indebolito Israel Hayom in cambio di una copertura favorevole del primo ministro da parte di  Yedioth.

Netanyahu  ministro sta affrontando una possibile incriminazione per frode e violazione della fiducia nel caso, soggetta a un’audizione cautelare. Sotto interrogatorio, Adelson, chiese a chi lo teneva sotto torchio, chi fosse la donna che “dirigeva le danze”. Quando gli fu risposto che la donna in questione era Ayelet Shaked, astro nascente della destra radicale israeliana, e ministra della giustizia,  il magnate  avrebbe riferito che Netanyahu gli aveva detto che avrebbe dovuto odiare Shaked e che era lei a sostenere la legislazione per limitare le operazioni di Israel Hayom. Shaked ora guida la United Right, un’alleanza di partiti di destra tra cui Habayit Hayehudi e Hayamin Hehadash, il partito rivale che lei e l’ex ministro Naftali Bennett hanno fondato a dicembre.

La presunta testimonianza di Adelson, citata da Channel 13, sembra indicare anche il coinvolgimento di Netanyahu e della sua famiglia dietro le quinte di Israel Hayom, nonostante l’insistenza del premier al contrario. Secondo quanto riferito, Adelson avrebbe rivelato che Sara Netanyahu, la moglie del primo ministro, ha chiesto al magnate dei casinò che Miriam Adelson, sua moglie e l’editore di Israel Hayom, licenziassero il direttore di Israel Hayom., Amos Regev. Sheldon Adelson ha anche affermato che Sara Netanyahu ha sollevato la possibilità che sua moglie avesse una relazione con l’editore, e per questo non voleva licenziarlo.

Sara si è lasciata andare a commenti molto scortesi su come [mia moglie] Miri avesse  una relazione con Amos,

ha ricordato Adelson negli interrogatori di cui Channel 13 è venuto in possesso.

È stato davvero un commento molto scortese. Avevo intenzione di alzarmi e andare via in quell’istante, ma Miri non voleva.

Regev ha lasciato l’incarico  a metà 2017, circa due anni e mezzo anni dopo che erano state fatte queste osservazioni velenose. L’anno scorso il primo ministro non ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione della scuola di medicina che prende il nome dagli Adelson all’Università Ariel. È stato riferito che Netanyahu non è stato invitato. Nel suo servizio di domenica sera, Channel 13 ha trasmesso una risposta per conto del primo ministro, nella quale si definiva la trasmissione “l’ennesima fuga criminale di pettegolezzi, degna di un giallo di infimo ordine”.

Netanyahu, ha aggiunto la nota, aveva

guidato l’opposizione al disegno di legge su Israel Hayom, ha votato contro di essa e persino sciolto la Knesset e ha messo a rischio il suo futuro politico nel bloccare il passaggio del disegno di legge.

Una prima pagine di Yedioth Ahronoth

Le inchieste per cui l’avvocato generale dello stato Avichai Mandelblit ha deciso l’incriminazione sono tre. La prima, “Caso 1000”, riguarda il sospetto di aver accettato regali da imprenditori in cambio di favori. La seconda è il “Caso 2000” su contatti con l’editore del quotidiano Yediot Ahronot per una copertura informativa di favore in cambio di una riduzione della tiratura di un giornale rivale. La terza è il “Caso 4000” su rapporti tra la compagnia di telecomunicazioni Bezeq, proprietaria del sito di informazione Walla per una copertura giornalistica favorevole.

L’incriminazione era stata chiesta dalla polizia Nei primi due casi il premier è sospettato di frode e abuso di ufficio, mentre nell’ultimo anche di corruzione. Netanyahu ha sempre respinto le accuse. La decisione di Mandelblit è arrivata dopo mesi di indagini da parte della polizia che, al termine, aveva chiesto all’Avvocatura l’incriminazione di Netanyahu. Bibi ha sempre negato le accuse e ha ripetuto anche nella campagna elettorale che ha portato al voto anticipato il 9 aprile scorso, che gli inquirenti stanno cercando di far cadere il suo governo:

Non verrà fuori niente perché non c’è niente. È la solita caccia alle streghe per far cadere la mia coalizione.

A complicare però la situazione di Netanyahu, la decisione del suo ex capo di gabinetto Ari Harow di collaborare con la procura su diverse delle indagini che erano in corso. Harow è coinvolto in un’altra inchiesta ancora – legata alla vendita di una società – e sembra che abbia patteggiato, garantendo la sua testimonianza nei casi 1000 e 2000 in cambio di una riduzione di pena.

La vicenda tra Mozes e Netanyahu è emersa proprio a causa dell’inchiesta a carico di Harow: la polizia, sequestrando il suo cellulare, ha scoperto delle registrazioni in cui il premier e il proprietario di Yedioth Arhonot parlano di questo presunto scambio di favori. Netanyahu, nell’occasione, avrebbe offerto a Mozes di ridurre l’influenza del giornale gratuito Israel Hayom, oramai il più diffuso quotidiano d’Israele e descritto tempo fa dall’ex  ministro della Difesa Avigdor Lieberman come la “Pravda di Netanyahu”. Oggi più che mai per Bibi controllare gli organi d’informazione è questione di vita o di morte politica.

La passione, chiamiamola così, di Netanyahu per i media, non data l’oggi. Scriveva Bernard Avishai, sul prestigioso The New Yorker nel giugno 2015:

Benjamin Netanyahu ha sciolto il suo governo lo scorso novembre per rimuovere due ostacoli. Il primo, molto sottolineato all’estero, era l’opposizione dei centristi all’interno del suo governo, tra cui Yair Lapid e Tzipi Livni, al disegno di legge della“nazione ebraica”, che avrebbe limitato la capacità della Corte suprema di proteggere i diritti dei cittadini arabi. Il secondo – meno notato ma forse più importante ancora  – era un disegno di legge avanzato nella Knesset per vietare la distribuzione gratuita di tutti i principali quotidiani. L’obiettivo ovvio della legislazione era Israel Hayom di Sheldon Adelson, un tabloid gratuito che è diventato il giornale israeliano più diffuso. Secondo quanto riferito, Adelson aveva pagato fino a tre milioni di dollari al mese, semplicemente per dare una spinta a Netanyahu e al suo partito Likud. Il giorno in cui divenne chiaro che la legge sui giornali, sostenuta da Lapid e Livni, avrebbe ottenuto la maggioranza della Knesset, Netanyahu licenziò i suoi ministri dissidenti e convocò nuove elezioni. Netanyahu ha vinto la rielezione e gli sponsor della legislazione hanno perso la loro influenza. Ma le manovre del primo ministro per il controllo dei media non si sono concluse con l’affondamento del disegno di legge contrario agli interessi del suo munifico sponsor. Mentre formava il suo nuovo governo, ha strappato impegni scritti da potenziali partner della coalizione per non votare contro qualsiasi iniziativa legislativa o decisione normativa da parte del ministro delle comunicazioni, affermando che altrimenti avrebbe potuto aggiungere l’incarico alle sue responsabilità di primo ministro, cosa che ha fatto. Questo ruolo e questi impegni impongono a Netanyahu di regolare il servizio di telefonia cellulare e i provider di servizi Internet, autorizzare i canali di trasmissione privati ​​e influenzare la gestione della televisione e della radio pubblica. La sua difesa della supremazia di Israele sulla stampa di Hayom è insignificante rispetto al suo crescente potere di controllare le maggiori onde radio israeliane. “Netanyahu è come un pianista che ha raccolto tutti i tasti per una tastiera”, mi ha detto Yaron Ezrahi, uno scienziato politico dell’Università ebraica che ha fondato The Seventh Eye, una rivista israeliana di critica della stampa. “Come aspettarsi che non suoni?”.

The Venetian, Las Vegas, uno degli alberghi-casino di Shel Adelson

Se il premier venisse effettivamente condannato per corruzione, rischierebbe fino a dieci anni di carcere, anche se è improbabile che gli verrebbe comminata la pena massima. Sarebbe la prima volta nella storia di Israele che un capo di governo in carica verrebbe incriminato. Ma quei verbali pubblicati danno conto del clima intossicato nel quale si svolge la campagna elettorale in vista del 17 settembre: una campagna alimentata da rancori personali, combattuta a colpi di dossier, con accuse velenose che tutti i contendenti si scambiano senza soluzione di continuità.

È la palude israeliana.

Non dipende dai media o dagli analisti, ma solo da te,

aveva scandito Bibi,  facendo appello agli elettori chiamati alle urne il 9 aprile per le elezioni anticipate.

Ogni cittadino – spiegò allora  – deve capire che l’intento è di abbattere la destra e portare su la sinistra con la diffusione pubblica di accuse ridicole. State tranquilli, supererò tutto.

Quindile accuse alla sinistra di “esercitare pressioni sul Procuratore generale Avichai Mandelblit per prendere la decisione di incriminarmi” e di una “caccia alle streghe” contro di lui e la sua famiglia. “Abbiamo trascorso tre anni infernali”, ha denunciato, ribadendo che confuterà tutte le accuse contro di lui. “Questo castello di carte crollerà. Non ci sarà nulla, perché non c’è nulla”. Una narrazione che Netanyahu riproporrà nella campagna elettorale che si sta avviando, se possibile con ancora maggiore veemenza. Aspettiamoci nuovi colpi bassi e una guerra di dossier che non farà prigionieri.

Anche il magnate Adelson lo molla. Bibi in caduta libera ultima modifica: 2019-08-05T19:51:53+02:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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