Argentina, Macri verso l’uscita di scena

Il presidente argentino è stato sonoramente sconfitto alle elezioni primarie dall’opposizione guidata da Alberto Fernández e dall’ex presidente Cristina Kirchner. Un campanello d’allarme per le elezioni presidenziali di ottobre.
GRISELDA CLERICI
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Domenica 11 agosto il popolo argentino si è espresso con una percentuale del 75 per cento di votanti in maniera netta per un rinnovamento della politica. Il duo Fernández-Fernández (l’ex presidente Cristina Kirchner oggi candidata da vice) ha surclassato di ben quindici punti l’attuale presidente Mauricio Macri ed il suo vice Miguel Angel Pichetto, arrivando a conquistare nelle primarie (aperte a tutti i partiti) il 47,65 per cento del totale dei voti. Alberto Fernández, già capo di gabinetto del governo di Nestor Kirchner, ottiene così un successo oltre ogni aspettativa. Un’ipoteca pressoché definitiva sulle presidenziali calendarizzate per il prossimo 27 ottobre.

La reazione dei mercati non si è fatta attendere. All’indomani di un voto così chiaro la Borsa ha perso il 37 per cento ed il dollaro è schizzato alla cifra record di 58 pesos nel cambio, il 20 per cento in più in un breve lasso di tempo. Sull’Argentina è ripiombato, cupo, lo spettro del default. Stime hanno evidenziato la possibilità che il dollaro potrebbe avere picchi fino a 70 pesos, mentre la Borsa il giorno dopo il tonfo registrava un lieve rimbalzo di qualche punto.

Cristina Fernández de Kirchner

La situazione del paese sudamericano, ovviamente, ha avuto una larga eco su tutti i media del mondo e l’Argentina è tornata ad essere il “cigno nero” in uno scenario internazionale già di per sé turbolento per la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina e per le frenate delle più grandi economie mondiali. È evidente che i mercati hanno reagito in maniera drastica per il timore che gli accordi stipulati tra l’attuale presidente Macri e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) sulle modalità di restituzione del prestito di 59 miliardi di dollari (il più “generoso” nella storia del Fmi) non risultassero più esigibili dai potenziali nuovi governanti.

Ma i quattro anni di gestione neoliberista dell’economia del governo in carica avevano già compromesso la tenuta finanziaria del paese ed esasperato la condizione sociale del mondo del lavoro. La vittoria a queste primarie del Frente de Todos (l’alleanza kirchnerista) non nasce all’improvviso. È stata lungamente preparata dalla fallimentare esperienza delle ricette neoliberiste che hanno suggellato le credenziali del prestito ottenuto dal Fmi anche grazie ai decisivi “interessamenti” di Donald Trump.

Il Sole 24 Ore già nel maggio scorso faceva rilevare che gli investitori erano preoccupati dei fondamentali economici dell’Argentina. I credit default swap erano passati da un rischio di 900 punti a 1400. Nell’ultimo anno il debito è passato dal 57,1 all’86,3 per cento del Pil. Ma quel che più conta negativamente per le sorti del bilancio economico è che i due terzi del debito è oggi in valuta estera, prevalentemente dollari, mentre fino al 2014 (governo di Cristina Fernández Kirchner) solo il 10 per cento del debito era nelle mani di investitori fuori confine.

Macri si è sempre vantato di aver attratto investitori esteri, ma il risvolto della medaglia è stato il crescente tasso di interesse che, da sempre, insieme all’iperinflazione vengono temuti come causa di un possibile default. Negli anni di questa presidenza il peso argentino si è già svalutato del 20 per cento. Sono anni in cui si è ridotto drasticamente il potere d’acquisto, le tariffe sono schizzate a livelli insostenibili, i consumi contratti, ridotto ai minimi termini lo stato sociale e si è impegnato il paese a pagare un debito, dal 2021, di 6 miliardi di dollari per la restituzione del prestito.

È da questo quadro economico che nascono il crollo dei consumi privati e quello delle importazioni. L’Argentina è da tempo in una grave recessione. Il Pil è stato -2,8 nel 2018 con previsioni di -1,7 nel 2019. A fronte di questi dati incontrovertibili stupiscono i crediti di affidabilità che questa presidenza ha ottenuto in Europa anche in ambienti non conservatori, come fosse una gestione moderata e responsabile e non, al contrario, l’ennesima conferma dell’impraticabilità sociale e democratica del modello spinto del neoliberismo. Peraltro questo modello si è sempre accompagnato ad una regressione culturale e ad una riduzione di spazi democratici e dei diritti umani come nel resto dell’America Latina.

Non a caso il neopresidente del Brasile Bolsonaro (oggi alle prese con una forte contestazione di massa al suo governo), espressione di una destra nazionalista e sovranista, ha commentato negativamente il risultato ottenuto dai kirchneristi alle primarie di domenica 11.

Miguel Angel Pichetto, vice-presidente dell’Argentina

La vittoria del Frente de Todos è omogenea in tutto il paese. Fanno eccezione la sola provincia di Cordoba e il centro più esclusivo di Buenos Aires, residenza prevalentemente delle classi agiate della città. La reazione di Macri all’insuccesso elettorale è stata schizofrenica e, a tratti, anche un po’ comica e paradossale. Dopo quattro anni di governo ha dato la colpa alle esperienze di governo precedenti, all’eredità del kirchnerismo, quasi inveendo contro il popolo che non ha compreso la “bontà” della sua politica.

Al suo fianco, visibilmente imbarazzato, il candidato alla vicepresidenza Pichetto. Un politico che per decenni ha svolto importanti funzioni parlamentari e di governo con i peronisti di sinistra. In questa legislatura, però, come ha affermato il ministro dell’interno Frigerio, ha “aiutato” il presidente Macri in più di duecento provvedimenti legislativi. Alcuni strategicamente rilevanti riguardanti materie finanziarie ed economiche come la riforma delle pensioni che ha ridotto la indennità del 3 per cento nel 2018 e dell’8 per cento nel 2019. Pichetto è entrato in orbita “macrista” anche per posizioni sempre più intolleranti nei confronti dell’immigrazione inseguendo il cinismo dei tempi attuali.

Il giorno dopo la sconcertante conferenza stampa il presidente Macri chiede scusa agli argentini per le estemporanee dichiarazioni “Avevo dormito male…”. E prospetta un piano per la drammatica crisi finanziaria. Un pacchetto (ancora non del tutto confezionato) di aiuti sociali per pochi mesi (periodo pre-voto) e destinati a ristorare le classi sociali che le sono venute meno in questa tormentata (per lui) tornata elettorale.

Riduzione del prelievo fiscale per lavoratori, assegni famigliari più pingui per i nuclei monoreddito, sostegno ai disoccupati e agli impiegati pubblici, aumento del salario minimo. Dilazionamento dei debiti delle piccole e medie imprese in dieci anni. Congelamento di novanta giorni del prezzo della benzina. Operativo da subito mediante un decreto il taglio dell’iva per i prodotti base del carrello della spesa.

È probabile un cambio di direzione nella gestione del ministero dell’economia, ma sembra veramente difficile trovare qualcuno che si assuma una responsabilità così onerosa e quasi sicuramente destinata all’insuccesso per così poco tempo.

Alberto Fernández

In queste ore, invece, il vincitore delle primarie Alberto Fernández in una intervista radiofonica prova a rassicurare i mercati, accetta un dialogo con Macri per stabilizzare l’economia senza recedere sulle responsabilità evidenti dell’attuale governo. Ed il dollaro dopo tre giorni di crescita scende al cambio da 58 a 55 pesos. Con una sola mossa si fa garante sullo scenario internazionale e si accredita come presidente in pectore. Non proprio un atteggiamento populista come impropriamente è stato etichettato da commentatori e politici europei ed italiani.

È anche vero che la strada fino alle elezioni del 27 ottobre (anniversario della morte di Néstor Kirchner) è ancora lunga per un paese così fragile.

Sono felice che Bolsonaro giudichi negativamente il nostro progetto politico.

Alberto Fernández liquida così l’avventata ingerenza del suo scomodo vicino.

In copertina il presidente argentino Mauricio Macri

Argentina, Macri verso l’uscita di scena ultima modifica: 2019-08-17T12:00:18+02:00 da GRISELDA CLERICI

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