“Fragola e cioccolato”. Il film che rivoluzionò la rivoluzione

Venticinque anni fa fece scalpore, nell'isola di Fidel e nel mondo, la pellicola cubana che affrontava un tema scomodo per il paese socialista: l’omosessualità come fonte di incomprensioni sociali e individuali
ALDO GARZIA
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A Roma, lunedì scorso, all’Isola tiberina si è proiettato un film cubano che ha fatto epoca. Nel 1994, il ciclone “Fragola e cioccolato” arriva infatti al Festival del cinema latinoamericano dell’Avana. Al Teatro Karl Marx c’era grande emozione, quando assistemmo alla “prima”. S’affrontava un tema scomodo: l’omosessualità come fonte di incomprensioni sociali e individuali. Tomas Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabio, i due registi (il primo chiamato popolarmente Titòn e ritenuto il più prestigioso regista cubano), mettevano a fuoco non solo il tema della “tolleranza”, ma pure quello – più politicamente sensibile – dell’accettazione della “differenza” in una società socialista. Alla fine, ci furono applausi e commozione liberatori. Finalmente si era rotto il velo su un argomento su cui fino ad allora aveva prevalso un ottuso “machismo” di tradizione cubana che riteneva poco “rivoluzionario” avere atteggiamenti indulgenti verso l’omosessualità ritenuta semplicisticamente da condannare. 

Ricordo che scrissi la sera stessa della “prima” una recensione entusiasta per il manifesto. Il mattino dopo me ne chiese copia lo stesso Alea, mentre facevamo colazione all’Hotel Nacional:

Sono curioso, sai che ho studiato al Centro di cinematografia di Roma? La critica di un giornale italiano mi interessa. Abbiamo posto il problema del rinnovamento della rivoluzione.

Il film vinse quell’edizione del Festival e poi fu candidato all’Oscar come miglior film straniero. Quando fummo ricevuti da Fidel Castro come delegazione italiana alla fine del Festival (con me tra gli altri Piero Vivarelli, Patrizia Rosso, Gianni Minà), c’erano gli attori e i registi del film. Fidel tenne a dirci che era finalmente caduto un tabù e che di questa pellicola avremmo sentito parlare a lungo:

Ora devono farla finita con le accuse che Cuba perseguita gli omossessuali. 

La trama del film è facile: un intellettuale omosessuale e un giovane militante comunista si scontrano nell’arco dei 108 minuti del lungometraggio. All’inizio, sembra impossibile che tra loro possa scaturire il sentimento dell’amicizia: prevalgono i pregiudizi e i dogmi ideologici. Alla fine, invece, sarà proprio l’amicizia a vincere, nonostante l’omosessuale decida di lasciare L’Avana con un addio melanconico alla sua città e alla sua cultura. Il film ripercorre inoltre alcuni personaggi di riferimento dell’immaginario cubano (José Lezama Lima, Rita Montaner, Ernesto Lecuona).

Si tocca così il tema spinoso dei troppi addii all’isola. In “Fragola e cioccolato” (che ha rivelato due attori di talento come Jorge Pegugorria e Vladimir Cruz, oltre a confermare le doti di sceneggiatore di Senel Paz), come in un’alchimia ben riuscita, tutto è al posto giusto e funziona: è perfetto cinematograficamente. A decretarne il clamoroso successo è però il momento storico in cui il film è uscito. All’inizio degli anni novanta, Cuba era avvolta nella spirale della crisi economica e della dissoluzione del “socialismo reale”: aveva necessità di interrogare la propria storia e le sue intolleranze. Il film aiuta a fare questa introspezione critica collettiva e individuale.

Sull’onda del successo internazionale di “Fragola e cioccolato” e già malato, Alea girerà in fretta sempre con Tabio il suo ultimo film, “Guantanamera” (1995). E’ una commedia agrodolce che si occupa dei mali della burocrazia cubana. Quando il film partecipa al Festival dell’Avana, Gutiérrez Alea è in fin di vita e non può assistere alle proiezioni. Gli viene assegnato, in quell’occasione, il Premio alla carriera che viene ritirato dalla moglie Mirta Ibarra, attrice di molti suoi film. Mirta, quella sera, non seppe trattenere le lacrime mentre il silenzio commosso e glaciale conquistava la sala del teatro. Eravamo tutti in piedi. A consegnarle il Premio ci pensarono Gillo Pontecorvo ed Ettore Scola, ospiti d’onore a L’Avana. Eravamo tristi e contenti allo stesso tempo.

“Fragola e cioccolato”. Il film che rivoluzionò la rivoluzione ultima modifica: 2019-08-20T20:27:48+02:00 da ALDO GARZIA
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1 commento

Silvana Telaro 16 Gennaio 2020 a 15:31

Vidi il film quando uscì, ero reduce da un viaggio a Cuba. e ne rimasi affascinata. Riflettendo, oggi mi sembra che sia stato l’inizio di quel lontano discorso sulla costruzione sull’uomo nuovo, progettato dal CHE, nei primi anni della rivoluzione. E, nonostante le tante tantissimi difficoltà, su quella strada si dovrebbe continuare per non perdere ciò che finora è stato, con tanta fatica, tentato di far nascere- Come raccomandava il CHE, “è l’uomo del XXI secolo, quello che dobbiamo creare”

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